Presidente Meloni, sulle pene da scontare in galera si ricordi di Mambro e Fioravanti
“Se hai una pena te la devi scontare tutta, vale per tutti”, urla Giorgia Meloni durante una manifestazione per sostenere il candidato della destra alle Regionali del Lazio. Lo slogan è tagliato su misura per il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico “informale” condannato a 21 anni e posto al regime del 41bis (carcere duro senza possibilità di comunicare con alcuno).
E tuttavia è uno slogan impreciso nella formulazione giuridica perché sulla pena decidono gli organi giurisdizionali e non è la presidente del Consiglio che fa entrare in cella il condannato e butta la chiave. Ma non sottilizziamo, a uso e consumo elettorale se ne sentono di tutti i colori e l’affermazione di Meloni rientra nel già detto e sentito.
Caso Cospito, mancate prudenza e misura

Ciò non toglie che sarebbe meglio, nella patria di Cesare Beccaria e Mario Gozzini, se si maneggiasse con meno disinvoltura la materia “dei delitti e delle pene”, magari partendo dall’articolo 27 della Costituzione (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”).
In effetti le eccezioni al “se hai una pena te la devi scontare tutta” sono numerose e spesso hanno premiato coloro che, ad ogni effetto, fanno parte dell’album di famiglia della destra.
Prendete la coppia Francesca Mambro e Valerio Fioravanti: hanno militato entrambi nelle organizzazioni giovanili del Msi e hanno collezionato nel complesso diciassette ergastoli, nove lei e otto lui. Nella loro carriera terroristica ed eversiva coi Nar hanno assassinato giudici, poliziotti, carabinieri, camerati traditori, hanno ucciso nel mucchio alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980 (85 morti, 200 feriti). Sono entrambi liberi: lei dopo 16 anni di reclusione trasformata nel 1998 in regime di semi-libertà e poi nel nel 2002 in detenzione domiciliare speciale fino al 2008 quando è stata messa in libertà condizionale terminata nel 2013; lui, invece, è uscito dal carcere dopo 26 anni a cui sono seguiti 5 anni di libertà vigilata.
Giusto? Ingiusto? Così stabilisce la legge. Durante l’espiazione delle pene Mambro e Fioravanti hanno concepito una figlia. Meloni poteva citare i due camerati militanti del Msi almeno come esempio, secondo il suo paradigma, di giustizia ingiusta. Invece non ne ha mai fatto parola ed è da dubitare che lo farà in futuro.
La disinvoltura sospetta di Delmastro e Donzelli

Dopo la frase di cui sopra Meloni ha aggiunto che “Lo Stato non deve trattare con la mafia e nemmeno con chi lo minaccia”. Riferimento, è ovvio, al caso Cospito. Il concetto è lapalissiano, quasi naif. Lo Stato ha infatti i suoi capisaldi giuridici stabiliti dal Parlamento, le pene le decide la magistratura, sulla sicurezza vigilano le forze dell’ordine, sulla situazione complessiva dell’eversione mafiosa e politica operano i servizi segreti. Non può, o meglio non dovrebbe succedere, che lo Stato tratti con la mafia e nemmeno con chi lo minaccia. Ma è quando la politica si intromette con iniziative improvvide, come hanno fatto i Fratelli d’Italia Delmastro e Donzelli, rispettivamente sottosegretario e vice presidente del Copasir, che salta il tappo della logica e della misura e tutto diventa indistinto.
E su questo si apre un grosso problema: può un partito come FdI, che oggi esprime la presidente del Consiglio, erede di un partito, il Movimento sociale italiano del repubblichino Giorgio Almirante, che ha avuto più di un legame con l’eversione combattere l’eversione stessa? Che il Msi, da cui deriva FdI, sia stato un partito eversivo non vi sono dubbi. Si legga il documentatissimo articolo di Gigi Marcucci su Strisciarossa (qui il link); si osservi la fiamma che sorge dalla bara del Duce divenuto l’elemento grafico centrale del simbolo di FdI; si consideri il nome che rimanda con provocatoria assonanza a Repubblica Sociale Italiana, l’ultimo tragico e sanguinario sussulto del fascismo dopo la destituzione di Mussolini il 25 luglio 1943; si presti attenzione al fatto che fior di dirigenti di FdI vengono dal Msi e con quel passato eversivo mai hanno fatto i conti, neanche dopo il tentativo di Gianfranco Fini di voltare pagina con il congresso di Fiuggi (1995, con un percorso iniziato nel 1992).
Cosa si muove nella galassia anarchica

Ma oggi l’eversione che inopinatamente è salita agli onori delle cronache è quella cosiddetta anarchica il cui esponente di spicco, o forse sarebbe meglio dire più rappresentativo, in questo momento è Alfredo Cospito.
La galassia anarchica è un micro universo dai contorni complessi. In Italia è sintetizzato in una sigla che rimanda a due mondi opposti: Fai. Fai può stare per Federazione anarchica italiana e per Federazione anarchica informale. La Fai italiana è un mondo politico e culturale antagonista e trasparente, che ripudia la violenza come metodo di lotta ed è dotato di strutture, biblioteche, luoghi di aggregazione.
La Fai che sta per Federazione anarchica informale è tutt’altra cosa. L’aggettivo “informale” descrive un mondo che ogni anarchico, o supposto tale, interpreta a modo suo. Nessun dubbio che la matrice sia eversiva e che la sigla sia comparsa in moltissimi attentati in Italia, in Europa e negli Stati Uniti. Gli obiettivi sono mirati. A differenza del terrorismo rosso degli anni Settanta e Ottanta non esiste una struttura di vertice ma per lo più gli “informali” si muovono in modo orizzontale in cellule che interpretano a modo loro la lotta politica con poche azioni mirate.
Secondo l’intelligence la Fai informale disporrebbe di 150 attivisti in Italia.
Il garantismo a fasi alterne dell’ineffabile ministro Nordio

Può, una forza di questa consistenza, impensierire lo Stato fino a portarlo dentro la sceneggiata messa in piedi da Meloni e camerati e assecondata dall’ineffabile ministro “garantista” Nordio? Evidentemente no. Evidentemente c’è un peccato di origine che riguarda la premier e ha fatto partire per la tangente il suo partito. Siamo così entrati in un corto circuito logico premessa di una tempesta istituzionale perfetta (nella tempesta politica ci siamo già da alcuni giorni dopo la divulgazione di documenti riservati ad opera di Delmastro e Donzelli).
Alfredo Cospito e gli anarchici “informali” rappresentano la miccia di una bomba – metaforica ma non meno pericolosa – che FdI e Meloni sono pronti a fare esplodere per il loro tornaconto: zittire un’opposizione debole e divisa, segnalare al paese che il conflitto si può, anzi si deve, arginare con la forza. Con tanti saluti al senso dello Stato e all’equilibrio che si esige da chi governa un grande paese.
Il caso Cospito mai sarebbe dovuto approdare a questi estremi simbolici. Lo Stato aveva mille e più modi, umanitari e regolamentari, per risolverlo, per evitare i ragazzi mascherati nelle piazze e i numerosi attentati realizzati in mezzo mondo in nome di un antagonista di cui fino a qualche mese fa nessuno conosceva l’esistenza.
Cospito è uno dei pochissimi non ergastolani al 41 bis, ha una storia criminale chiara nella sua gravità contrapposta ad una storia giudiziaria controversa (i giudici di primo e secondo grado che non avevano ravvisato la necessità dell’applicazione del 41bis) sulla quale il ministro Nordio, fuori dai riflettori, avrebbe potuto ricavare mille e più motivi di riflessione.
Sostieni strisciarossa.it
Strisciarossa.it è un blog di informazione e di approfondimento indipendente e gratuito. Il tuo contributo ci aiuterà a mantenerlo libero sempre dalla parte dei nostri lettori.
Puoi fare una donazione tramite Paypal:
Puoi fare una donazione con bonifico: usa questo IBAN:
IT54 N030 6909 6061 0000 0190 716 Intesa Sanpaolo Filiale Terzo Settore – Causale: io sostengo strisciarossa
Articoli correlati