Politica del lavoro, è solo qui il destino della sinistra

L’esito delle elezioni regionali hanno confermato che la sinistra è in minoranza nel nostro paese. Manca il consenso perché non riusciamo a rappresentare le istanze della gente, non riusciamo ad intercettarne il bisogno perché manca una rappresentazione, un racconto vivo e un disegno complessivo di società.

Prima di tutto, l’uguaglianza

Foto di Oleksandr Pidvalnyi da Pixabay

C’è uno scollamento tra la politica e i problemi reali, gli elettori si sentono smarriti ed abbandonati, c’è bisogno di sicurezza e certezze e soprattutto di risposte: dobbiamo essere chiari e propositivi, visibili e concreti. Dobbiamo proporre un’idea di uguaglianza dentro l’attuale fase di sviluppo, coraggiosa, includente ed efficace.
La rivoluzione informatica ha decostruito l’abitare dell’uomo, ha mutato gli stili e le abitudini di vita di tutto noi, l’onda lunga ha investito il tessuto sociale, cambiando il volto del mercato. L’innovazione tecnologica è stata da sempre segno di progresso, per le nuove opportunità che essa ha sapeva dare in termini di occupazione, nell’attuale frangente storico non è più così.

Il modello attuale di sviluppo riduce il numero degli occupati. L’attuale mercato del lavoro richiede figure professionale ad alta specializzazione, ma gli altri, quelli che non hanno le possibilità di acquisire competenze, a chi devono rivolgersi? Altro che merito o talenti da riconoscere. Questo grumo d’umanità è discriminato proprio da quel modello che pensa che la giustizia è quel principio che dà la possibilità a tutti di esprimere i propri talenti.

L’ingiustizia che vivono i licenziati e i precari

Ma qui sta il problema, ci sono storie umane che sono vittime di un‘ingiustizia di fondo, perché non hanno avuto la possibilità di coltivare talenti e né ad ambire di essere eccellenze. Per queste persone gareggiare significa riproporre la scena tra Achille e la tartaruga al rovescio e in modo radicale. Perché prima che la gara inizi la tartaruga si è già mossa, ma il suo movimento è uno scivolare indietro o peggio uno sprofondare. Questa è l’umanità che vive su un piano inclinato la propria esistenza; è la moltitudine di lavoratori espulsi dal mercato, o i tanti precari senza tutele, ma anche quelle persone che non trovano nulla e vengono lasciate sole.
Non è un’accusa al progresso, tutt’altro; anzi il vero progresso è per tutti. Non si tratta nemmeno di proporre la decrescita felice o limitare i consumi, ma di recuperare un’idea grande di politica, una visione sociale imperniata sull’idea di uguaglianza.

Una giusta politica del lavoro

Un grande filosofo, Salvatore Veca, scriveva che la giustizia contempla due principi, il primo prescrive l’uguaglianza di possibilità, il secondo, il principio della differenza: è qui che la politica nel suo agire determina le uniche diseguaglianze giustificabili, ovvero quelle che vanno a vantaggio dei gruppi meno avvantaggiati.

La politica opera la giustizia giusta quando non solo riesce a vedere ma a anche cambiare i destini di una moltitudine. Tutto questo si chiama politica del lavoro. Qui si gioca la scommessa e il destino della sinistra.