Sinistra, ripartire
dalla democrazia

Bisogna cercare di capire cosa è successo nel nostro paese con le elezioni del 4 marzo e poi con la costituzione di questo governo, presieduto da un Carneade, affiancato ai due lati dal capo della Lega e dal capo dei Cinque stelle, oltre ad essere assistito nel lavoro quotidiano da un politico esperto che sarà, penso, il vero punto di equilibrio di questa alleanza.
Un cambiamento era certo necessario in Italia, ma quello che si sta producendo con questo governo è il peggiore che si potesse immaginare. E dicendo questo non faccio un ragionamento di parte. Mi sono formato in una cultura politica dalla quale ho imparato che bisogna intrecciare il proprio interesse con quello del paese, se si vuole diventare una funzione della nazione. Ma questo governo, al di là delle chiacchiere demagogiche, non è in grado di fare l’interesse generale dell’Italia e degli italiani. È un governo nettamente di parte: di destra, ma non di quella berlusconiana, che abbiamo conosciuto nei decenni passati . Certo ci sono anche i 5 stelle, ma come si è visto in questi giorni, anche se fanno e faranno molto schiamazzo,  sono come le palline colorate sull’albero di Natale. Rappresentano  l’interludio ludico di un noir abbastanza inquietante. Basta pensare al proclama che hanno lanciato nella loro ultima manifestazione: “siamo noi lo Stato”. Eppure, salvo errore, sono il 33% dei votanti…
Bisogna andare ai momenti più cupi della nostra storia per trovare qualcosa di simile. L’altro come un nemico da buttare in mare, il diverso come uno sbaglio di natura, le armi come uno strumento ordinario di difesa, la diminuzione delle tasse come la via regia per rimettere in moto l’economia, la regolamentazione dei vaccini per far star bene i bambini…
Sperare  che questo ircocervo – un animale che non esiste in natura – possa durare poco è una pura illusione: non perché non sia possibile ma perché faranno di tutto – loro e i “trombettieri”, cioè i giornalisti che li appoggiano – per durare e sottomettere lo stato italiano, al quale essi sono fondamentalmente estranei. La Lega per codice genetico,  i grillini per mancanza di cultura  politica e istituzionale perché non si sono mai misurati  con la dimensione statale se non per demonizzarla  alla luce del sovversivismo che è la loro “ratio essendi”, cioè il principio della loro esistenza. Salvo, s’intende, le dichiarazioni sopra citate  che ribadiscono  le loro pulsioni sovversive….
Oggi in Italia si sta facendo un curioso esperimento, che  può essere disastroso per tutti noi: due forze estranee al vincolo nazionale e statale, e all’ideale europeo, stanno assumendo la guida dell’Italia. Un paradosso che sarebbe grottesco, se non fosse tragico. Ci vorrebbero caricaturisti come Daumier o Scalarini o  un grande disegnatore come Magnus per illustrare i protagonisti della commedia che si sta rappresentando.
Ma per quanto grottesca questa situazione  spinge a  precisare alcuni punti, da tener presenti se si vuole ridare credibilità a un forza riformatrice, in grado di promuovere il cambiamento di cui la nazione ha in effetti bisogno.
Con l’avvento di queste due forze al governo del paese, un’intera epoca della storia italiana, e di quella repubblicana in particolare, si è compiuta. Meglio: ne è stata certificata la morte. La Repubblica nata dalla lotta al fascismo, imperniata sulla democrazia rappresentativa, sui partiti e sulle organizzazioni di massa è decaduta, finita, morta. Non c’è più : sta nascendo un’altra cosa, con gesti a volte violenti a volte  ridicoli, ma a loro modo significativi. È stato addirittura costituito un Ministero per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta: un vero e proprio ossimoro perché se c’è l’uno non c’è l’altra.  Nessuna meraviglia: é una forma di primitivismo politico e istituzionale destinato, è una facile previsione, a dare ben altre prove di sé.
Cosa nascerà è difficile prevedere, ma una cosa è certa. Se le forze del centrosinistra vogliono rimettersi in cammino devono capire questo: il passato, quel passato,  è finito in modo definitivo e non tornerà più.  E questo riguarda tutte le forze attualmente in campo. Il Pd è un partito che ha esaurito la sua funzione fin da quando se ne è impadronito Renzi, facendone una cosa altra rispetto al progetto originario. LeU non è riuscita ad affermarsi e a trovare consenso. Da queste forze esauste, e senza energia vitale, non poteva nascere niente, e niente è nato.
Girare pagina quindi. Ma che fare ? Bisogna anzitutto capire che la strada è lunga e che ricostituire un senso comune diffuso di centrosinistra è un’opera faticosa. Oggi occorre essere pazienti, non lasciarsi travolgere dal disgusto e pensare che ci siano scorciatoie: la strada è lunga. E il primo lavoro da fare è ristabilire un nesso fra cose e parole, tra parole e concetti, distruggendo  quelli che Bacone chiamava gli “idola fori” legati al linguaggio e agli equivoci che esso produce.
Ma questo vuol dire che oggi è necessaria in primo luogo una seria, rigorosa battaglia delle idee, che si proponga in primo luogo di distruggere i miti, le favole recitate, giorno dopo giorno, nel teatro di cui siamo, volenti o nolenti, spettatori. Oggi si è rovesciato il rapporto tra apparenza e realtà: si può dire tutto, o il contrario di quello che si è detto poco prima, senza suscitare riprovazione, o scandalo . E questo a tutti i livelli : si può chiedere l’impeachment  del presidente della Repubblica, e un minuto dopo dire il contrario ed andare a giurare nelle sue mani fedeltà alla Repubblica. Anche qui, la situazione sarebbe  drammatica, se non fosse ridicola, grottesca.
Ma questa sceneggiata ha successo perché la capacità di reagire oggi è nulla, le pelli umane si sono trasformate in corazze di coccodrillo. Si è assuefatti a tutto, anche a Carneade che diventa Presidente del Consiglio, fra il silenzio di tutti… L’adesione ai partiti populisti è, oggi, un vero e proprio atto di fede; sono partiti che si configurano come nuove Chiese, compresa la presenza degli Inquisitori. Oggi, ed è uno dei problemi più seri, è venuta meno una concezione laica della politica.
Se potessi esprimermi con una battuta, direi che ora il primo problema è  riattivare la sensibilità che si è spenta, la capacità di reagire che è venuta meno. E per ottenere questo,  le forze del cambiamento devono  in primo luogo riaffermare il principio di realtà, uscire dal teatro in cui si sono rinchiuse, rincontrare gli uomini in carne ed ossa con i loro problemi e le loro sofferenze . Questo si può fare solo distruggendo il mondo dei fantasmi in cui viviamo e che produce mostri, come il governo che sta assumendo  la guida del paese. Perciò é indispensabile una grande battaglia ideale, culturale, che rimetta il mondo sui piedi: é la mente che agita la mole, non il contrario.
Tutto questo ovviamente non basta per rimettersi in cammino.  Bisogna assumere come un dato di fatto acquisito  la fine di un lunga fase della storia italiana, misurarsi  con i tempi nuovi con proposte nette, radicali – oggi non si governa dal “centro”-  mettere  sulle nostre  bandiere il principio dell’unità delle forze interessate al cambiamento. Solo a questo patto una nuova forza riformatrice può avere un futuro: se sarà capace di essere al tempo stesso radicale e unitaria, ed estranea a logiche e dinamiche “centriste”.
Ma essa non avrà alcun successo se non metterà  al centro del suo programma, e della sua funzione nazionale, il problema della democrazia. Questo è in effetti il cuore del problema oggi. Le forze populiste è su questo terreno che si sono imposte, agendo sugli spazi immensi lasciati vuoti dalle forze tradizionali di sinistra , che si sono illuse di  risolvere il problema ricorrendo alle primarie – uno strumento che non ha intaccato il potere dei vecchi gruppi dirigenti e che è diventato  un cavallo di Troia utilizzato da alieni, estranei alla storia della vecchia sinistra, per impadronirsi, disfacendolo, del Pd. Ma questo è oggi, lo ribadisco, il problema: la democrazia, e riguarda anche la vita interna dei partiti. Occorre rimettere in comunicazione dirigenti e diretti, classi dirigenti e nazione, elites e popolo con nuovi strumenti culturali, politici e istituzionali. È questo nesso che in Italia si è spezzato a cominciare dalla seconda metà degli anni ’70 , ed è questa la radice, da un lato  della crisi del patto costituzionale fondato sull’antifascismo, dall’altro del successo dei populisti. Una nuova forza riformatrice o affronta questo nodo, a cominciare dalla sua organizzazione interna, o non ha alcun futuro.