Per mettere in riga i capi della Dc serve Betsy, la zia di Copperfield

I giornali hanno già incominciato (e sempre più spesso vi si eserciteranno nei prossimi giorni) a pubblicare voci, indiscrezioni, supposizioni, pronostici sui nomi “nuovi” che compariranno nelle prossime liste, e sabato Alberto Sensini, sul Corriere della sera, con quel suo nuovo stile da ritardatario della frivolezza, come uno che scriva indossando insieme tight e blue jeans, in un tono che ormai gli appartiene, sempre in bilico tra l’antico cordoglio e una novella gaiezza, notava come specialmente fra i democristiani le “spinte” siano forti “perché la Dc lasci spazio a gente nuova. Qualcuno propone di mandare in Senato tutti i capi e i sottocapi storici”.

Non riusciamo a immaginare chi sia questo “qualcuno” al quale allude Sensini, ma è certo che nella Dc appare profondamente radicato il senso dello Stato. Voi vedete (e provate sulla vostra pelle) come ci hanno ridotto i “capi e sottocapi storici della Dc”.

Ebbene, lo scudocrociato non pensa neppure per un istante a mandarli a casa in soggiorno obbligato, con interdizione perpetua dai pubblici uffici, ma medita di passarli quali sono al Senato, come se questa Camera, che la Costituzione appaia in identica gerarchia e dignità all’altra, fosse una specie di Arar, l’azienda pubblica che nel dopoguerra ebbe per compito di liquidare i residuati bellici, gli scarti, i pezzi inutilizzati e inutilizzabili, i rottami.

Qualche capo storico della Dc al Senato c’è già, e c’è addirittura il più autorevole. Se palazzo Madama diventa l’Arar, il senatore Fanfani (politicamente parlando, s’intende) è un rottame a vita.

Questo ingresso al Senato, in branco, dei capi e sottocapi storici della Dc ci fa pensare alla zia di Davide Copperfield, la signorina Betsy. Era lunatica e imperiosa, ma aveva un cuor d’oro. Una sola cosa la mandava immancabilmente in furore: vedere entrare nel suo giardino gli asini, che in quel paese dovevano essere molti e indocili, non meno che nella Dc. Appena la zia Betsy scorgeva gli asini avanzare sulla piccola ma accuratissima fascia di prato, verdeggiante, davanti alle sue finestre, perdeva il lume della ragione e gridava chiamando la servetta: “Giannina, gli asini!”, quindi usciva brandendo la scopa, seguita dalla fantesca, per ricacciare gli invasori.

Proponiamo che dopo il 20 giugno sia nominata presidente del Senato la signorina Betsy. Prima di tutto cambieremmo in meglio e poi lei li vedrebbe subito, fin da piazza Toniolo, spuntare, impuniti, i capi e i sottocapi storici della Dc.

(Da l’Unità del 4 maggio 1976)