Pd, Elly Schlein incalza Bonaccini: “Alle primarie vinco io”

Elly Schlein affida i suoi appunti da aspirante segretaria del Pd ad un quadernino rosso che riesce a maneggiare con la stessa mano insieme al microfono. Lì dentro c’è il suo pensiero “in progress” che aggiorna ed amplia ad ogni iniziativa.

Il giro in Emilia-Romagna, e prima quello in Piemonte, le hanno offerto molti spunti, rivela a Rimini. Ma soprattutto le hanno fatto incontrare così tante persone da farle dire che “vinciamo le primarie e la prossima volta ci incontriamo allo stadio”. La sala scoppia in un boato. Lei ci crede, i suoi sostenitori iniziano a capire che il “fenomeno Schlein” ha poco di passeggero ed incrocia i desideri e le aspirazioni di chi in politica ha accumulato così tante delusioni da essere lì, in una certa misura, con la convinzione che questa è l’ultima chiamata.

Elly Schlein
Elli Schlein a Rimini domenica 29 febbraio

A Reggio Emilia, da dove arriva, all’ultima chiamata ha risposto Adelmo Cervi, figlio di Aldo, uno dei sette martiri dell’eccidio fascista al poligono di tiro di Reggio Emilia del 28 dicembre 1943 e dunque nipote di Alcide, il patriarca della grande famiglia comunista di Campegine. Allontanatosi ai tempi della nascita del Pds, Adelmo ora ha preso la tessera del Pd per sostenere Elly.

Intanto gli organizzatori si inventano in fretta e furia un “piano B” per permettere a tutti di seguire la candidata e aprono una seconda sala con maxischermi di fianco a quella affittata al primo piano nella sede di SGR, storica società riminese di gas e luce. Di sotto il grande parcheggio è quasi pieno e il traffico bloccato. Le due sale contengono 390 persone, circa 200 seguono in piedi o sedute a terra, parecchie rinunciano per mancanza di spazio. Portare 600 persone ad una iniziativa politica, di questi tempi, è un risultato ineguagliabile anche dal suo competitore Stefano Bonaccini: l’altra settimana, sempre a Rimini, l’hanno seguito in cento in un bar (qui l’articolo).

Bonaccini ha il favore del pronostico, secondo i commentatori politici, ed è effettivamente probabile che nella selezione a quattro interna al partito (oltre a Schlein ci sono Gianni Cuperlo e Paola De Micheli) arrivi primo. Ma la finale a due di questa partita dalle regole bizzarre è da giocare. Prevedere oggi il risultato delle primarie Pd del 26 febbraio, quando voteranno anche i non iscritti nei seggi sparsi per l’Italia, è impossibile.

A Rimini la risposta degli “schneilliani” ai “bonacciniani” ha seguito lo schema tipico del Pd: giovani all’inizio – Eleonora, Emanuele e Chiara – poi una forte presenza istituzionale di sindaci e assessori. E se con Bonaccini c’era il sindaco di Rimini Sadegholvaad, a Schlein hanno portato sostegno la vice sindaca Chiara Bellini e la sindaca di San Clemente Mirna Cecchini.

Schierata con Schlein, Emma Petitti la votatissima consigliera regionale che presiede l’Assemblea legislativa e che ha bene sintetizzato le aspirazioni della platea: “Cresce un’onda attorno a te Elly, ed è un’onda identitaria”.

Ecco, l’identità. Il motto “da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo” contiene le certezze perdute del Pd: troppo lontane la lotta antifascista e la Resistenza, un presente da partito “liquido” che è quello che è, un futuro da inventare. Elly Schlein coi sui 38 anni e una famiglia cosmopolita, sa di avere scarsi argomenti per il passato, sa che ha cercato di modellare il presente con azioni tipo “Occupy Pd” accolte con qualche alzata di ciglio dal partito e nulla più. Dunque per lei è essenziale indicare il “dove andiamo”. E non delude le attese.

Il suo è un orizzonte ecologista come collante per lotte su più fronti elencate divise in blocchi omogenei: quello dell’energia e della crisi climatica “che è crisi sociale”, quello del lavoro, quello della solidarietà, quello dell’istruzione, quello della sanità. Dal suo quadernino estrae varie proposte: leggi per evitare ulteriore consumo di suolo, per promuove le comunità energetiche; chiede di restituire al lavoro la dignità cancellata dal jobs act, di bloccare la delocalizzazione delle imprese all’estero, di limitare i contratti a termine, di introdurre il salario minimo, di offrire ad ogni categoria (anche le nuove, come i rider) rappresentanza vera cercando nella palude di oltre 800 contratti di lavoro nazionali speso stipulati con organizzazioni inesistenti, di abolire gli stages gratuiti; investire sul welfare, assicurare il diritto alla casa, cancellare la Bossi-Fini e introdurre lo ius soli “come avremmo potuto e dovuto fare quando eravamo al governo” e finirla con l’iniettare risorse alla guardia costiera libica; ridare centralità alla scuola e togliere subito “merito” dalla denominazione del ministero; investire nella sanità pubblica, assicurare medici non obiettori in tutti gli ospedali per difendere la legge sull’aborto…

Titoli che indicano una linea, grosso programma da grossa coalizione.

Mentre Schlein parla, nel silenzio della sala suona un telefonino e lei pronta: “È Bonaccini che chiede di sapere come va?…”. Risate e la gag le consente di rientrare nel confronto a distanza col suo avversario al quale dice: “Non ci serve un partito degli eletti. Quando sarò segretaria nessuno mi dovrà nulla, lavorerò con le persone più competenti e non con le più fedeli, si parlerà con me e non di me. E chi aspira ad andare in parlamento, prima di essere inserito nelle liste bloccate di una brutta legge elettorale che abbiamo fatto noi, passerà per le primarie”.

Il quadernino rosso viene chiuso, lei sa che chi l’ascolta in gran parte non è iscritto al Pd e così da ultimo invita a tesserarsi per partecipare alla selezione interna in modo da consentirle di andare al ballottaggio con una forte spinta.