Patrick Zaki va a processo.
E intanto l’Italia gioca alla guerra con l’Egitto e vende armi

Poteva continuare così, di rinvio in rinvio? L’Egitto, dopo un 584 giorni, un anno e sette mesi di detenzione preventiva a Patrick Zaki, comminata con uno stillicidio sadico per far scendere l’attenzione soprattutto italiana sul caso, alla fine ha deciso. E il tribunale ha indetto la prima udienza per questa mattina.
L’accusa allo studente dell’università di Bologna, per cui non servivano supplementi di indagini o inchieste, è quella di “diffusione di notizie false e diffusione di terrore tra la popolazione, al fine di danneggiare la sicurezza e l’interesse pubblico”. E la prova sarebbe in uno scritto del giovane studioso datato 2019.

In difesa della minoranza copta

Un articolo in cui, dice Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, “Patrick avrebbe preso le difese della minoranza copta perseguitata in Egitto”. Dunque, ha espresso un’opinione a difesa di una popolazione oppressa.
Per Noury l’avvio del processo è una cattiva notizia, cattivissima: “Purtroppo – dice – era previsto che con l’approssimarsi della fine della detenzione preventiva dei 24 mesi, da quell’enorme castello di prove segrete mai messe a disposizione della difesa se ne sarebbe presa una delle tante per mandarlo a processo”.

aquilone amnesty

Patrick rischia cinque anni di carcere per questa accusa, e nel frattempo potrebbero trovarsi altre prove, altri testi a carico.
Dunque la prima udienza sarà oggi, a Mansoura, la città dove il giovane ricercatore ha già passato il primo periodo di detenzione. Dove esattamente non si sa, Mansoura ha due sedi di tribunali, nemmeno gli avvocati difensori sanno quale sarà scelta per una seduta che può avere un interesse anche fuori dall’Egitto.
“Già nelle settimane scorse avevamo avvisato il Governo italiano che poteva esserci uno sviluppo accelerato – dicono ad Amnesty Italia – Ora ogni minuto che passa in cui da parte dell’Italia non si fa nulla è un minuto che viene perso drammaticamente e colpevolmente”.

L’iter per la cittadinanza

Già, perché mentre gli affari italiani con l’Egitto vanno a gonfie vele, in Italia una miriade di iniziative dal basso non hanno smesso di esprimere solidarietà con lo studente egiziano, disapprovazione per gli eterni e inutili rinvii, stimoli al governo perché faccia sentire la sua voce. Perché proceda l’iter della concessione a Patrick  della cittadinanza italiana, sollecitata anche dall’approvazione alla Camera nel luglio sorso di una mozione in tal senso.
E’ vero, Zaki è egiziano, ma il suo corso di studi – interrotto bruscamente dalla detenzione – si svolgeva in Italia. Dalla sua università bolognese la mobilitazione si è estesa man mano in moltissime città.
Non si contano i manifesti con il suo volto affissi sui palazzi comunali, o quelli che occhieggiano dalle finestre private, nel segno di una forte solidarietà spontanea.


Due giorni fa a Tagliata di Cervia, insieme agli aquiloni che simboleggiano la libertà del popolo afghano, ha volato lo “zaquilone”, un aquilone con il volto di Zaki disegnato da Gianluca Costantini. Circondato dai cervi volanti lanciati dai rappresentanti dei sindaci che hanno concesso a Zaki la cittadinanza italiana.
Per Elisa Marincola, portavoce di Articolo21, che ha organizzato la manifestazione insieme a Amnesty, “l’iniziativa di Cervia sottolinea ancora una volta il ruolo che la stampa libera da divieti e condizionamenti può avere: deve dare la parola a chi, come Patrick Zaki in Egitto o l’opposizione anti-taliban, è messo a tacere”.

Gli affari tra Italia e Egitto

Si sa che le regole degli affari prescindono i principi, fossero anche quelli dei diritti umani. Ma questa vicenda chiama direttamente in causa noi italiani. Anche perché le potenti aziende che fabbricano armi hanno sempre avuto nei ministeri della difesa e degli affari esteri grossi interessi in Egitto.
Non è un caso se dal 2 al 17 settembre si stiano tenendo nella base militare egiziana Mohamed Naguib (governatorato di Marsa Matruh, al confine con la Libia), grandi esercitazioni militari,  Bright Star 21.
La Stella luminosa riunisce venti paesi, tra cui brilla l’Italia.

Bright Star 21 è una delle maggiori e più importanti esercitazioni militari a livello globale, anche per la rilevanza delle forze armate partecipanti”, ha dichiarato lo Stato maggiore dell’esercito egiziano inaugurando i war games. Ricordando che l’obiettivo finale è “rafforzare i legami nel campo della sicurezza delle forze armate coinvolte, grazie allo scambio di esperienze e conoscenze sulle più moderne tecniche di combattimento e sui nuovi sistemi d’arma e per la guerra elettronica”.
La vicenda di Giulio Regeni, che ancora addolora in Italia e non è affatto cicatrizzata, sembra non aver insegnato nulla a chi governa. La sorte di Patrick Zaki, che sta a cuore a tanti italiani, non può, non deve essere asservita a qualche contratto, per milionario che sia, di vendita di armamenti a un paese dove i diritti umani non sono affatto tutelati. Il più delle volte calpestati.