“Pandemic fiction”: i bestseller
ai tempi del coronavirus

Pandemic fiction, vendite boom: i libri sul tema del contagio sono titoli molto richiesti dal pubblico, secondo il World Best seller Books e altri siti di classifiche letterarie. Cosa accada alle persone e quali storie, individuali e sociali, si sviluppino di fronte a un morbo potente e inatteso è un tema che interessa da sempre. In questo momento più che mai.

Libri per pensare o per distarsi da pensieri impellenti, libri che tengono compagnia alla nostra paura trasponendola altrove e in altri tempi, opere che sono un grande apologo su come l’uomo può provocare disastri e, nello stesso tempo, trovare la forza di vincere il male e alleviare il dolore. Ecco i più letti sull’argomento da febbraio ad oggi.

Diario dell’anno della peste o La peste di Londra di Daniel Defoe, Edizioni Elliot. Pubblicato per la prima volta nel 1722, titolo originale è A Journal of the Plague Year. Dal 1665 al 1666 la peste bubbonica ritornò in Gran Bretagna e devastò la città di Londra, uccidendo circa un quarto della popolazione nell’arco di diciotto mesi. Più di cinquant’anni dopo, Daniel Defoe, sulla base di documenti storici, scrisse un romanzo fedele agli eventi, impressionante nella sua fedeltà alla cronaca. “Le famiglie con un membro infetto erano in quarantena. Dalle loro case si udivano le urla strazianti delle persone che vedevano le condizioni di un loro caro, ed erano terrorizzate dall’essere rinchiuse per sempre dove si trovavano”.

Cavallo bianco, bianco cavaliere, scritto nel 1939 dalla statunitense Katherine Anne Porter, edizioni La Tartaruga, traduzione di Lidia Storoni Mazzolani, che curò la versione italiana de Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar. E’ un racconto, l’ultimo di un trittico, in cui la protagonista è Miranda, ragazza del Sud, come l’autrice. Il romanzo è ambientato negli anni dell’influenza spagnola. Il centro della storia è l’amore di una ragazza per un soldato, morte e speranza combattono in una storia che regge al tempo nella scrittura e nei temi.

Andromeda, techno thriller di Michel Crichton, l’autore di Jurassic Park, dal quale Stevan Spielberg trasse il suo film. Andromeda è un romanzo del 1969. Lo pubblica Garzanti. Siamo in Arizona, fine anni Sessanta. Un satellite militare, terminata la sua missione nello spazio, fa ritorno sulla terra. Subito dopo, a pochi chilometri di distanza, un’inspiegabile epidemia decima gli abitanti di una città, lasciando solo due sopravvissuti: un anziano e un neonato. Il governo degli Stati Uniti è costretto ad attivare «Project Wildfire», un protocollo top secret di risposta alle emergenze. Quattro dei biofisici più capaci della nazione vengono mobilitati per cercare di comprendere e contenere la crisi. La scoperta del ceppo virale Andromeda può causare un’immane catastrofe. In gioco c’è la sopravvivenza stessa dell’umanità. Crichton, laureato in medicina ad Harvard, non scrisse mai una riga noiosa: fu l’ideatore e il produttore esecutivo della serie tv E.R .- Medici in prima linea.

L’ombra dello scorpione, titolo originale The Stand, è un romanzo post-apocalittico scritto da Stephen King e pubblicato nel 1978, l’edizione italiana è di Bompiani. Fa parte di una saga, e nel 1990 King pubblicò l’edizione integrale, senza tagli. Ne L’ombra dello scorpione, la devastazione dell’umanità a causa di un virus chiamato Capitano Trips è solo l’inizio di uno scenario da incubo che i protagonisti devono affrontare.

L’amore ai tempi del colera fu pubblicato dal premio Nobel Gabriel García Márquez nel 1985. In un’intervista al New York Times del 1988 Márquez disse che “Le epidemie sono pericoli imponderabili che colgono le persone di sorpresa”. Nella stessa intervista, parlò della sua passione per il Diario dell’anno della peste di Defoe. Márquez racconta nel suo romanzo una storia d’amore impossibile, lunga cinquant’anni, tra un uomo e una donna destinati, finalmente, da anziani, a realizzare il loro profondo desiderio. Sullo sfondo di tanti eventi la morte non lascia mai la mente del lettore.

Norman Spinrand, americano a Parigi, classe 1940, è scrittore dalla personalità anarchica e in polemica con i primi libri di fantascienza che canonizzavano il potere della tecnologia, a tutto discapito della libertà. Il suo libro Il signore della svastica, del 1972, immagina un Hitler che emigra negli Stati Uniti negli anni Venti, e diventa uno scrittore di fantascienza che esalta la tecnologia e l’eugenetica. La Repubblica Federale di Germania, inorridita, ne bandì per vent’anni la pubblicazione, poi capì che era una satira e ammise il libro. Nel romanzo del 1978 Tra due fuochi, edizioni Nord, collana fantascienza, il pianeta Pacifica, dove tutti gli esseri vivono in armonia con se stessi e la natura, viene attaccato dallo spazio. Questo Eden è sconvolto dall’arrivo di due astronavi che portano con sé non armi, ma semi di distruzione. È una lettura densa di interrogativi etici, e che prende di mira anche i mass media e la loro propaganda.

Stazione Undici, di Emily St. John Mandel, edito da Bompiani. Una sera, una devastante epidemia di influenza colpisce la città, e nel giro di poche settimane, la società, così com’era, non esiste più. Vent’anni più tardi la protagonista Kirsten si sposta tra gli accampamenti sparsi in questo nuovo mondo con un piccolo gruppo di attori e musicisti. Tra loro si chiamano Orchestra Sinfonica Itinerante e si dedicano a mantenere vivo ciò che resta dell’arte e della bontà. Lottano per recuperare un’umanità ormai abbruttita e costruire un futuro degno.

Salone di bellezza, del messicano Mario Bellatin, fu scritto nel 2011, pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera ed è un romanzo breve amatissimo in tanti Paesi, meno conosciuto in Italia. Il protagonista è il proprietario di un salone di bellezza, il quale si divide tra l’attività del proprio salone en travesti e le notti alla ricerca di uomini per strade infestate da squadracce di “pestafroci” . Presto il salone di bellezza diviene rifugio di uomini malati di un’epidemia senza nome, che è facile chiamare Aids. Il narratore accoglie e si prende cura come può cura di una comunità precaria e fraterna, dove cercano aiuto quelli rifiutati da famigliari e parenti. Egli stesso diventa malato tra i malati e coglie una sorta di bellezza pietosa nelle loro morti solitarie. “Il male diventa uguale per tutti soltanto nello stadio finale. Allora diventa una sorta di letargo, e il malato non chiede e non dà più niente”.

Gli anni del riso e del sale, di Kim Stanley Robinson, edizione italiana Newton Compton, parla della terribile epidemia di peste che si abbatté sull’Europa nel XIV secolo con conseguenze devastanti. Circa un terzo della popolazione del Vecchio Continente fu annientata. Ma cosa sarebbe accaduto se il bilancio fosse stato ancora più tragico? L’umanità sopravvissuta sarebbe ripartita dall’Oriente e dalle Americhe. Da queste premesse Robinson sviluppa un romanzo sociale e filosofico che, alla fine, evidenzia il bisogno e l’augurio che nessuno manchi all’appello.

Lo scrittore e premio Nobel per la letteratura José Saramago in Cecità (Feltrinelli, 2013) immagina che, all’improvviso e senza una ragione apparente, si scateni in una città un’epidemia che fa vedere tutto bianco ai contagiati. I malati vengono rinchiusi. Ben presto ogni cosa degenera, la malattia si diffonde: iniziano le lotte per il cibo, le violenze e le razzie. La moglie del medico locale costituisce un gruppo per reagire a questa distruzione, anche morale. Il tema è l’indifferenza. Saramago, nel discorso fatto in seguito al conferimento del Nobel, sottolineò come la società di oggi sia cieca perché si è perso il senso di solidarietà tra le persone.

Concludiamo con La peste di Albert Camus, edizioni Bompiani-Giunti, nella nuova traduzione di Yasmina Mélaouah. Nella città algerina di Orono, ancora controllata dai Francesi, improvvisamente arriva la peste e la città si trova isolata dal resto del mondo. Cambia tutto. Le vite dei protagonisti, i loro rapporti sociali, la considerazione che hanno di se stessi e del loro rapporto con la morte e la sofferenza. Sperano che la peste li risparmi, e in alcuni casi si adoperano per combatterla senza cinismo. Sapendo spesso di perdere, come dice il medico Bernard Rieux,: “So soltanto che bisogna fare quello che occorre per non essere più un appestato, e che questo soltanto ci può far sperare nella pace, o, al suo posto, in una buona morte. Questo può dar sollievo agli uomini e, se non salvarli, almeno fargli il minor male possibile e persino, talvolta, un po’ di bene”.