Oscar, vince “EEAAO”, un filmetto. L’Accademy strizza l’occhio ai gggiovani

La reazione istintiva spingerebbe a parole pesanti come pietre: l’Oscar non ha più alcun senso, almeno per quanto riguarda quella che molti continuano ingenuamente a ritenere la sua “mission” – premiare i film migliori. In realtà, ovviamente, non è mai stato così: l’Oscar è un premio promozionale con il quale l’industria del cinema, attraverso l’Academy of Motion Picture Arts and Science, premia se stessa. Per cui valutare gli Oscar in base al proprio gusto personale è, da parte di un critico o di un addetto ai lavori o anche di un semplice appassionato, la cosa più stupida che si possa fare.

Mettiamo quindi da parte la noia abissale che ci ha catturati vedendo il vincitore di quest’anno, “Everything Everywhere All at Once” (d’ora in poi “EEAAO”, come anche a loro piace definirsi): per altro la noia è soggettiva, non è un criterio critico. Mettiamo da parte anche le giuste riserve sull’effettiva novità di questo film, che a nostro parere non è tale: non fatevi infinocchiare da chi parla di un Oscar “al Multiverso”, perché “EEAAO” è in realtà una storia trita e ritrita, la vecchia idea degli universi paralleli che gira in vari ambiti (dall’astrofisica alla letteratura fantascientifica) dalla fine dell’Ottocento.

Posto quindi che anche quest’anno l’Oscar va a un filmetto – a nostro parere l’ultimo film davvero notevole che abbia vinto è “Non è un paese per vecchi” dei fratelli Coen, 2007 – l’unica cosa sensata da fare è tentare di capire perché l’Academy ha deciso di premiare questo filmetto. Non è facile, ma proviamoci.

Un film per la TikTok generation?

Partiamo da un luogo comune, e proviamo a demolirlo. “EEAAO” sembra a prima vista il film perfetto per la TikTok Generation: roba da adolescenti, che nel Multiverso e nelle realtà parallele ci sguazzano. Ma non è certo questo il motivo per cui ha vinto. Per l’Oscar votano quasi 10.000 persone e NESSUNO di loro appartiene alla TikTok Generation – cioè a una fascia d’età che vai dai 10 ai 15-16 anni. Al massimo, quindi, potremmo dire che alcune migliaia di “boomers” (gran parte dei votanti agli Oscar, statisticamente, è fra i 40 e i 60 anni di età) hanno CREDUTO di premiare un film adatto alla TikTok Generation, e magari ci hanno anche azzeccato, fermo restando che la frequentazione di questo baby-social – avendo una figlia di 13 anni possiamo dirlo – non spinge alla cinefilia né tanto meno alla fruizione dei film in sala.

TikTok è il regno del frammento, del video immediato e veloce, e soprattutto del fai da te: sappiamo che è difficile crederlo, ma molti utenti di TikTok sono in grado di realizzare un prodotto audiovisivo analogo a “EEAAO” (magari meno lungo e meno noioso…) senza avere la minima intenzione di mostrarlo al cinema. Il cinema inteso come spettacolo in sala, per questa generazione, è morto – o è limitato a certi super-eventi, come testimoniano gli incassi stratosferici di “Avatar – La via dell’acqua”, lui sì un film per adolescenti, ovviamente ignorato dagli Oscar.

Il cinema è vivo, ma inglobato da social e cellulari

Il cinema inteso come linguaggio, come narrazione per immagini, è invece più vivo che mai ma è ormai inglobato dai social, dai cellulari, da una fruizione privata e assolutamente interattiva. In questo contesto, “EEAAO” è roba vecchia. È il tentativo di acchiappare tematiche “da ragazzini” e farne un film per adulti. Può funzionare, gli Oscar sono lì a dimostrarlo. Ma è un’operazione una tantum, non una tendenza – e certo l’aveva già fatto in modo assai più originale il primo “Matrix”, quasi cinque lustri fa.

Tra l’altro, è curioso un dato che tutti dovremmo analizzare con cura: il film sta rastrellando premi a ritmo forsennato. Secondo il sito specializzato imdb siamo a quota 350, tra festival e premi di associazioni: pare sia già ora il film più premiato di tutti i tempi. Ebbene, rispetto a questa overdose di riconoscimenti il box-office mondiale lordo (sempre secondo imdb) è al momento di 106 milioni di dollari.

Dopo gli Oscar tale cifra è destinata a salire, ed essendo il film costato 25 milioni di dollari (quasi un budget a basso costo) è già un ottimo affare. Ma il citato secondo capitolo di “Avatar” ha incassato a oggi 2.293.707.000 dollari. Sì, avete letto bene: DUE MILIARDI E DUECENTONOVATRE MILIONI contro CENTOSEI MILIONI. Rileggete queste cifre, e quando vi sarà passato il mal di testa fatevi una domanda: qual è il vero film del 2022? In altre parole, di che diavolo stiamo parlando?

Apprezzata l’inclusività

Stiamo parlando di un premio Oscar in cui i membri dell’Academy, stregati da un film di medio budget che ricicla tematiche apparentemente moderne, hanno voluto “fare i gggiovani”. Inoltre, hanno ovviamente apprezzato quella che è la vera natura profonda di “EEAAO”: l’inclusività, parola quanto mai di moda. Il film è diretto da due registi-sceneggiatori giovani, Daniel Kwan e Daniel Scheinert (si fanno chiamare “The Daniels”): il primo è di origini cinesi, il secondo di origini tedesche, ma sono americani purosangue. I personaggi sono asiatici – non è corretto dire “cinesi”, perché Michelle Yeoh è una malese divenuta famosa a Hong Kong e Ke Huy Quan, anche lui premiato, è vietnamita.

Nel film i due hanno una figlia che è interpretata da Stephanie Hsu, lei sì, cinese. Un dato fondamentale è che la figlia è omosessuale e ha una fidanzata bianca (l’attrice, Tallie Medel, è per altro “latina”, mezza messicana). Insomma, il film è una specie di ONU ed è un supermarket della correttezza politica, anche se la vera inclusività consiste nel fatto che la protagonista Evelyn scopre di vivere in numerosi universi paralleli dove ha identità diversissime fra loro.

Così il cinema non conta più nulla

Come si poteva non premiare un film così? L’Academy non ha resistito, dimostrando per l’ennesima volta la propria permeabilità all’aria del tempo. Il cinema, in tutto questo, non conta più nulla. Si premiano i film di volta in volta più “corretti”, e quindi si premia Brendan Fraser per “The Whale” in un ruolo di obeso dal cuore d’oro (si potrà dire “obeso”? o bisognerà dire “diversamente assai poco magro”?) e ci si lava la coscienza dando un po’ di premi a un filmone pacifista come “Niente di nuovo sul fronte occidentale”. E si ignorano grandi artisti come James Cameron, Steven Spielberg, Cate Blanchett, Colin Farrell e Brendan Gleeson (questi ultimi, gli splendidi attori di “Gli spiriti dell’isola”, totalmente ignorato). Il cinema, per fortuna, vive (ancora) altrove.