Orchestre “sostenibili” contro i voli inquinanti
Una delle orchestre più famose in Svezia, la Helsinborg Symphony Orchestra, ha deciso di eliminare dal programma di quest’anno tutti i solisti e i direttori ospiti che sarebbero venuti in aereo. La Helsinborg si definisce la “prima orchestra sostenibile al mondo”. L’idea è nata dal senso pratico di un violoncellista, arrivato in treno: aveva proposto di incoraggiare, anche economicamente, chi sceglie di evitare un volo inquinante.
È un tema che monta nei Paesi del Nord Europa. Accademici, professionisti e imprese aderiscono a “flyingless”, petizione e gruppolanciati su change.org. Chi firma si impegna pubblicamente a volare meno ea mettere tutti i viaggi in aereo che paga direttamente, oppure tramite uno sponsor, nel proprio bilancio di impatto ambientale online. Se l’industria aerea fosse un Paese sarebbe il sesto Stato nella classifica dei più grandi inquinatori.
Stephan Gösslinginsegna ecologia umana all’università di Lund, in Svezia, e coordina in Norvegia l’istituto di ricerca per ilgeo-turismo. È autore del libro “Cambiamenti climatici e aviazione” e di altri studi che indicano come rendere meno dannosa per l’ambientel’industria del turismo, pur così importante nel bilancio degli Stati e rilevante per la cultura. A livello individuale, scrive Gössling, non esiste nessun’altra attività umana che emetta così tanti inquinanti ein modo tanto veloce. Gli aerei rilasciano non solo CO2, ma anche ossidi di azoto, particolato, vapore acqueo, scie dovute alla combustione dell’idrogeno che aumentano la temperatura, perché questo calore è trattenuto dalle nuvole. Finora i calcoli avevano preso in considerazione solo l’anidride carbonica, quantificando l’impatto dell’industria aerea al 2%. Ma anche prendendo per buona questa percentuale, se si considera che solo il 3% della popolazione mondiale ha preso un aereo, c’è un’evidente sproporzione nel consumo di risorse vitali.
I passaggi aerei sono stati l’anno scorso 4,2 miliardi e nel 2036, se la popolazione globale non metterà un limite all’ipermobilità, saranno 7,8 miliardi. L’aviazione costituisce il 3,5 per cento dell’economia globale. Il prezzo della ricchezza generata è tuttavia troppo alto. L’ industria aerea è essenzialmente basata sui combustibili fossili e ingurgita ogni giorno cinque milioni di barili di petrolio. Di questo passo si arriverà al 22 per cento di emissioni nel 2050, secondo uno studio dell’università di Cambridge e della Scuola per le risorse ambientali e naturali Rubenstein del Vermont.
Il gruppo ambientalista tedesco Germanwatch ha dimostrato come l’aviazione sia una gallina dalle uova d’oro e come si continui ad ampliare o ad aumentare il numero degli aeroporti. Il messaggio seduttivo è “se lo costruisci la gente verrà”. La prima ragione per cui la gente verrà è che il prezzo dei voli è tenuto artificialmente basso, mentre treni e automobili diventano sempre più costosi. Nel 1944 la convenzione di Chicagomise gli Stati nell’impossibilità di imporre sui voli internazionali tasse o IVA sui combustibili. Con gli anni Novanta arrivano le compagnie low cost che propongono prezzi ancora più bassi rispetto al corrispettivo servizio.L’aviazione, assieme alle spedizioni, ha finora goduto di uno status speciale ed è stata esclusadagli accordi di Kyoto e di Parigi sull’ambiente. Dopo molti tentennamenti l’ICAO, Organizzazione internazionale dell’aviazione civile, organizzazione delle Nazioni Unite, si è finalmente occupata, nel 2016, delle emissioni, proponendo un meccanismo di mercato, il CORSIA, acronimo di schema per la riduzione e compensazione delle emissioni di ossidi di carbonio per l’aviazione internazionale. In teoria le compagnie hanno un limite di emissioni. Superato questo devono “comprare” quote di emissioni da qualche altro settore. Un piano non abbastanza radicale e che non fa nulla per limitare il consumo, cosa che invece potrebbe fare una vera tassa.
Il comitato ambientale dell’ICAO si è riunito a Montreal, come sempre a porte chiuse e col vincolo del riserbo per i partecipanti, cosa che lascia interdetti trattandosi di un’agenzia dell’ONU che, almeno in questo gruppo di lavoro, deve occuparsi di emissioni (la cui quantità è già di pubblico dominio) e non certo di dati sensibili.
Protesta NadjiaKostka capo progetto per il clima di Transparency International, anche perché ora sul tavolo c’è la possibilità di usare biocombustibili come l’olio di palma, che certo non sarebbe un’idea brillante per l’ambiente.
L’unica soluzione è volare meno, soprattutto quando di sceglie una destinazione turistica per un week-end e quando si può organizzare un efficace incontro professionale in videoconferenza ad alta definizione su multipiattaforma. La pensano così due mamme svedesi, Maja Rosen e Lotta Hammar, che in poche settimane hanno già ottenuto l’impegno di 10.000 persone a non prendere un aereo per il 2019. L’obiettivo è 100.000 adesioni, ciascuna con una breve motivazione e l’indicazione dell’alternativa scelta. La campagna di chiama Flygfritt 2019 ed è ospitata anche nella piattaforma ambientalista Wedon’thave time. Perché è vero, non c’è proprio più tempo per distarsi, c’è il pianeta in gioco.
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