Orbán ha pieni poteri
e l’Europa per ora
resta a guardare

Anche in questi giorni di camion militari carichi di bare e terapie intensive che mostrano l’imprevidenza di decenni, in questi giorni di frontiere chiuse e di passi falsi dell’Europa, ci dovrà pur essere qualcuno capace di andare oltre alla riprovazione di circostanza. Viktor Orbán ha varcato l’ultimo confine e si è messo fuori dall’Unione, usando la pandemia per attribuirsi pieni poteri a tempo indeterminato. Governerà per decreto, il parlamento dove il suo partito sovranista Fidesz è maggioranza assoluta ha dato ieri prevedibilmente il suo consenso senza indicare nessun limite temporale. La legge d’emergenza gli dà facoltà di aprire o chiudere il Parlamento, rinviare, cancellare o vietare le elezioni. Fino a quando vorrà – e vorrà, visto che lo stato d’emergenza dichiarato nel 2016 causa migranti è tuttora in vigore. Governerà fuori da ogni controllo e fuori anche dall’articolo 2 del Trattato europeo.

vicktor orbanChe il Covid-19 c’entri assai poco è di tutta evidenza: ufficialmente in Ungheria si contano 447 casi e 15 morti, meno che altrove. Il virus è solo il pretesto per chiudere quella spirale in cui si è avvitata da fin troppo tempo la democrazia ungherese, a tutti gli effetti una democratura e ormai neanche più questo.

Si stringe il bavaglio alla stampa

Con lo stesso provvedimento che gli dà mano libera e solitaria per reggere il Paese, Orbán stringe ulteriormente il bavaglio che soffoca la stampa, prevedendo fino a 5 anni di carcere per chi diffonda notizie false, categoria nella quale facilmente rientrano anche le notizie che potrebbero creare allarme a giudizio del regime: tutte quelle che stonano con le verità ufficiali. Come un quadro più veritiero di quello finora presentato sulle vittime da coronavirus e sullo stato della traballante sanità ungherese.

Tutti gli altri paesi europei che hanno dovuto adottare misure d’emergenza hanno indicato un termine, cercato di mantenere nell’eccezionalità un quadro che salvaguardasse per quanto possibile una cornice democratica, con tutti i dubbi e le domande che quotidianamente ci interrogano. Non l’Ungheria di Orbán , che d’altra parte aveva tirato fin troppo la corda anche prima del coronavirus, suscitando in Europa malumori e mugugni che non sono mai stati conseguenti. Il Partito popolare europeo, alla prova dei fatti, non è andato oltre la sospensione di Fidesz dalle sue file. Mentre gli attacchi alla stampa, al sistema giudiziario, ai diritti dei lavoratori e alle donne non hanno mai prodotto un gesto di autentica fermezza da parte europea.

La preoccupazione di chi difende il rispetto dei diritti umani

vicktor orbanNei giorni scorsi, in previsione del voto del parlamento ungherese sui pieni poteri, un gruppo di eurodeputati ha sollecitato la Commissione a valutare se l’annunciata legge d’emergenza non violasse art.2 del Trattato europeo. Ieri l’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha espresso la sua preoccupazione, mentre il Consiglio d’Europa ha messo in guardia sull’incompatibilità tra uno stato d’emergenza illimitato e “regole e valori della democrazia”. Un appello all’Unione Europea perché faccia sentire la sua voce è stato sottoscritto da diverse organizzazioni per la difesa della libertà di stampa e di informazione.

“L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze – così recita l’art.2 del Trattato europeo – . Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”
L’Ungheria è ormai lontana da tutto ciò.

Si arriverà a una sanzione per quella legge liberticida?

Ci sono gli estremi per un ricorso all’art.7 del Trattato di Lisbona che prevede un sistema di sanzioni contro i governi nazionali che violino i diritti fondamentali sanciti nell’articolo 2. Non è una procedura semplice. La denuncia delle violazioni deve essere fatta dalla Commissione, dal Parlamento europeo o da almeno un terzo degli stati membri. Deve essere poi il Consiglio a giudicare con maggioranza qualificata se le violazioni ci sono e nel caso raccomandare correzioni. In assenza, sono possibili sanzioni – da decidere all’unanimità – fino alla sospensione dello Stato sotto accusa. Orbàn ha buone probabilità di trovare una sponda in Polonia, che con il suo veto potrebbe bloccare tutto.

Ma non è ragione sufficiente per tacere. Colpisce il “silenzio assordante della Commissione e della sua presidente”, sottolinea il Consiglio italiano del Movimento Europeo, che chiede l’avvio delle procedure previste dall’articolo 7. Per tutta risposta un burocratico tweet del commissario europeo per la Giustizia e lo Stato di diritto Didier Reynders. “La Commissione europea sta valutando le misure di emergenza adottate dagli Stati membri in relazione ai diritti fondamentali. In particolare per il caso della legge votata oggi in Ungheria”.
La Commissione valuta, dunque, mentre Salvini esprime la sua solidarietà sovranista e saluta “con rispetto la libera scelta del parlamento ungherese”. Non era lui, insieme a Giorgia Meloni, ad accusare il governo italiano di procedure antidemocratiche? Non è lei, Meloni, che assolve Orbàn sostenendo che Conte si sia arrogato poteri pari a quelli del collega ungherese? Il tarlo sovranista è intatto. Quale Europa uscirà dalla catastrofe coronavirus dipenderà anche dalla risposta che saprà dare sul caso Ungheria.