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al profumo di rotativa

Stamani al solito sono andato a comprare i giornali alla mia edicola. Sono un vecchio e abitudinario lettore di quotidiani. Di quelli di carta, intendo. Ne compro due, i principali, Corsera e Repubblica, mentre gli altri, locali e sportivi, li leggo al bar. Erano tre, con l’Unità ma sappiamo la fine che le hanno fatto fare. Sono uscito, ingobbito, sotto il peso di un considerevole quantitativo di carta. Inserti su inserti. Oggi di carta da rotativa, spesso con quella patinata, ancor più pesante. Appesantito ma felice.

Per quanti anni ci hanno ripetuto che il giornale di carta era bello che defunto. Finito. Ci hanno ossessionato per anni tant’è che ogni volta venivi chiamato a dare un parere, come esperto, e ti azzardavi a suggerire la via di un rilancio dei giornali di carta, naturalmente integrato con gli altri moderni media, ti ridevano in faccia. O giù di lì.

Dieci anni fa, all’apice di questa ondata modernista, uscì un libro, L’ultima copia del New York Times, nel quale Vittorio Sabatin, riportava l’autorevole parere di Arthur Sulzberger, editore del New York Times, il quale dichiarava che il suo giornale non sarebbe più stato in edicola dal 2043. Chi vivrà, vedrà.

Pensandola un po’ diversamente , due anni fa, ho intitolato il mio ultimo libro, Dalla Carta alla rete. Andata e ritorno, azzardando un giudizio che pareva andare del tutto contro corrente. Almeno stando al peso dei giornali di stamani direi che avevo, diciamo così, azzeccato il pronostico. La profonda ristrutturazione in corso nel sistema di produzione dell’informazione, con i passaggi di proprietà di molte importanti testate giornalistiche e televisive, la nascita di nuovi assetti editoriali, la vigorosa entrata in scena dei prodotti della Rete e del grande uso del sistema mobile, sta portando a maturazione quel processo di “transmedialità” sul quale sui era lungamente soffermato, negli ultimi tempi , Umberto Eco.

Il nuovo sistema integrato ricolloca tutti i media, rendendoli tutti utili: carta stampata, radio, televisione e internet. La carta stampata ritrova una sua collocazione, un suo motivo d’essere. Per esistere, deve ritrovare, però, i tratti della sua identità originaria. Che non sta nella semplificazione e nella velocità  (a questo ci pensa la rete), nell’esaltazione dell’immagine e nella spettacolarizzazione (oggetti più televisivi) ma nella lentezza, nella profondità, nella capacità di raccontare ciò che gli altri media non possono raccontare.

Rileggere le Lezioni americane di Italo Calvino, può far capire meglio questa nuova fase.
Nasce così la competizione tra le grandi flotte mediatiche, la corsa a ripensare i giornali, rinnovando anche antiche pratiche tipografiche, come l’accurata scelta dei caratteri. Nasce la battaglia dei supplementi, degli inserti. Obbiettivo: conquistare nuovi lettori dopo anni di dura crisi e, ancor di più, macinare la gran messe pubblicitaria.