Non solo Tav: sindacati
in piazza per l’emergenza
senza fine dell’edilizia
I numeri sono una sentenza senza appello. Dal 2008 ad oggi la crisi dell’edilizia in Italia ha provocato la scomparsa di 800mila posti di lavoro e la chiusura di 120mila aziende. Dieci anni fa il settore rappresentava oltre l’11% del Pil nazionale, oggi poco più dell’8%. Ma dietro le cifre ci sono sempre le storie. E nel settore delle costruzioni se ne trovano tante, tutte molto simili e tutte molto dure. Come quella di Franco, 68 primavere sulle spalle. Per lui il tempo di appendere spatola e badile al chiodo e dedicarsi ai nipoti ancora non è arrivato. “Prendo 890 euro al mese e ne pago 550 di affitto: come faccio?”. E allora, caschetto giallo in testa e su e giù dalle impalcature, anche otto ore al giorno. La pensione resta un sogno, appesa come la fune attaccata alla carrucola usata in cantiere. “Saremo una decina della mia età, c’è pure un collega che di anni ne ha 72 e lo scorso anno sarà mancato un paio di giorni. Anche per lui saltare la giornata significa rischiare di non ritrovarsi il piatto a cena”. Storie al limite e, spesso, pericolose. In edilizia, infatti, si muore più che in qualsiasi altro ambito lavorativo. “Pensi che se precipito da dieci metri, questo (il caschetto, ndr) mi salva la vita?”.
E anche maggiore sicurezza chiederanno, a gran voce, domani, venerdì 15 marzo, i sindacati confederali di categoria. Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil si sono dati appuntamento in piazza del Popolo, a Roma, per uno sciopero generale di otto ore. Al centro della mobilitazione la totale assenza, da parte del governo, di risposte ai continui allarmi lanciati in questi anni. Le richieste sono scolpite sulla pietra: serve una politica industriale per far ripartire l’edilizia, la filiera dei materiali e dell’arredo. E soprattutto servono strumenti finanziari ad hoc, anche con il protagonismo di Cassa Depositi e Prestiti, che favoriscano investimenti immediati e a medio termine, per rilanciare le grandi aziende e quindi tutto un indotto di piccole e medie imprese, anche artigiane.
“Una cabina di regia a Palazzo Chigi per riaprire i cantieri”, ripetono come un mantra i sindacati. E il pensiero va subito all’alta velocità, croce e delizia di questo governo gialloverde. “La posizione sulla Tav è ridicola e di troppa ambiguità. Rischiamo, come Paese, di lasciarci le penne”. Ne è convinto Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea, gli edili della Cgil. “Se non riparte l’intera filiera delle costruzioni, se non riparte la domanda e quindi la produzione, se non si rende strutturale una politica mirata per incentivare qualità e innovazione, dal cemento al legno, dai laterizi ai lapidei, non riparte il Paese”. Non bisogna mettere solo in sicurezza le aziende che sono sopravvissute alla crisi, sottolinea Genovesi, “ma è necessario dare una risposta a tutti quei lavoratori che nei nostri settori hanno perso l’impiego. E per farlo servono scelte nette e politiche che creino ricchezza, aggredendo i veri motivi della bassa competitività del nostro paese: costi energetici eccessivamente alti, sistemi infrastrutturali vecchi e poco efficienti che fanno viaggiare ancora tutte le merci su gomma, scarsa propensione all’innovazione, basso livello di investimenti”.
Quella di domani è solo una delle tappe della lunga vertenza che Cgil, Cisl e Uil hanno aperto con il governo. L’esordio c’è stato il 9 febbraio in piazza San Giovanni a Roma, con la grande manifestazione unitaria, ed è proseguito con il corteo contro le discriminazioni razziste e per l’accoglienza e i diritti del 2 marzo a Milano. Dopo gli edili, altri appuntamenti sono già in agenda: Il 25 marzo lo sciopero del trasporto aereo; il 10 aprile gli esecutivi unitari di Cgil, Cisl e Uil; il 13 e 14 maggio sarà organizzata a Matera una riunione dei quadri e dei delegati dedicata all’Europa; a giugno è prevista una grande manifestazione in una città del Sud per chiedere il rilancio del Mezzogiorno. E la lista potrebbe continuare ancora, fino a quando l’esecutivo non decide di aprire una porta e cominciare realmente a discutere con le parti sociali. Nel merito, senza pregiudizi.
Stefano Milani (Radio Art. 1)
Un’intervista ad Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea, sulle ragioni dello sciopero: http://www.radioarticolo1.it/audio/2019/03/13/39756/atestaalta-verso-il-15-marzo
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