Dal Lago: “No, non è
tutta colpa del web”

INTERVISTA Ma come ci siamo ridotti? Possibile che di fronte alle sparate e alle menzogne sfacciatamente elettorali di Salvini gli italiani non abbiano anticorpi e una solida coscienza democratica? A pensarlo, in questi primi giorni del governo Salvini (no, non è un lapsus) sono in molti. Ultima tra le sparate del ministro dell’Interno, la minaccia di togliere la scorta a Roberto Saviano. Quasi che fosse un benefit, uno status, un orpello di cui poter fare a meno. Ma, appunto: come ci siamo ridotti così? Un libro uscito un anno fa aiuta a capire molte cose di questo tempo triste. E’ “Populismo digitale. La crisi, la rete, la nuova destra”, Cortina editore di Alessandro Dal Lago. Ne parliamo con lui.

Anche se il suo testo parla all’oggi, quando lo ha scritto era pensabile uno scenario che vedesse sdoganato il razzismo, il cattivismo, il fascismo come quello che stiamo vivendo?

“No, non me l’aspettavo affatto. Non lo avrei immaginato prima della vittoria elettorale di Trump e della inedita alleanza tra suprematisti americani e putiniani. Siamo in presenza di un pericoloso risveglio dei nazionalismi, qui in Italia ci sta pensando Salvini. E poi anche Grillo. Pochi lo ricordano, ma nel 2006 accusava i politici di non aver difeso i confini, i sacri confini della patria. Disse così: una volta i confini della Patria erano sacri, i politici li hanno sconsacrati”.

Era a proposito della questione dei rom. Un capro espiatorio usato spesso…

“Un popolo che ha pagato al razzismo un prezzo altissimo. Anche gli ebrei, certo, ma almeno, dopo la guerra, hanno avuto un risarcimento, lo stato di Israele. E i rom, invece? Ho recentemente tradotto un libro sulla storia dei rom, “Sinti e rom. Storia di una minoranza” di Karola Fings, Mulino editore. Stereotipi, stigma, persecuzioni, sterminio. I rom sono un po’ come gli indiani d’America, un popolo in lenta estinzione. Buffalo Bill ne aveva assoldati alcuni, come Toro seduto nel suo Wild West Show. In Italia la gente tira le molotov nei campi rom, mentre al massimo qualcuno apprezza i concertini in piazza… e tutto finisce lì”.

Qui Salvini gioca facile

“Alla grande. Gli ha risposto bene Dijana Pavlović, ricordandogli l’ovvietà che molti rom sono italiani, alcuni sono apolidi e dunque non espellibili, gli altri cittadini europei. Ma a Salvini il merito non interessa, quello che conta è lo slogan facile, è fare propaganda. E’ molto intelligente persegue in modo diretto l’intenzione di costruirsi un suo potere personale, ingoiare Forza Italia (Berlusconi tace da un po’, i suoi colonnelli non vedono l’ora di trovare un altro padrone rampante) e governare la destra: un nazista piccolo piccolo ma che potrebbe diventare grande…. Ho origine venete e so che lì la Lega è molto radicata, in alcune cittadine ha la maggioranza assoluta. D’altronde dispone di un ceto politico rodato e omogeneo, almeno al nord”.

Cosa che manca invece ai Cinque stelle

“Basta sentirli. Dilettanti allo sbaraglio, e tuttavia assatanati di potere. A sostenere Berlusconi c’erano gli imprenditori, soprattutto lombardi, dietro i Cinque stelle un mondo assai ampio e indistinto, che va da insegnanti di materie scientifiche, ingegneri, tecnici web a eterni giovanotti come Fico, che sarebbe quello di sinistra, Di Battista e Di Maio. Al sud, naturalmente hanno fatto il pieno di consensi in tutta l’area della povertà e della frustrazione sociale. Questa storia avrà fine quando chi ha votato speranzoso il Movimento Cinque stelle capirà che il reddito di cittadinanza non arriverà affatto”.

Il rischio è che non andranno più a votare, se non si trova un’alternativa

“Lo spazio a sinistra ci sarebbe. Certo non con i volti che si propongono come leader adesso. Ci vorrebbero dei dirigenti come quelli del vecchio Labour, i sindacalisti che combattevano contro la Thatcher. Propaganda Live ha proposto Aboubakar Soumahoro, leader Usb a San Ferdinando, Rosarno. Ce ne sono tanti così, sono sicuro, capaci di ricostruire un terreno sociale tra sindacato e partito. Già, ma poi quale partito? Andrebbe reinventato. Magari utilizzando la tradizione per così dire laburista in Italia. Ho sempre pensato che Renzi fosse un personaggio di destra, ma ha cannibalizzato il Pd. Un partito che non ho mai votato, eppure non sarei contento se sparisse, dentro c’è tanta gente per bene”.

Nel suo libro sostiene che il popolo non esiste. Ho capito bene?

“Quando ti dicono che il 30% degli elettori della Lega viene da sinistra, sì, è difficile non pensare che il popolo sia un’astrazione. Esistono la società, gli individui, i gruppi e oggi i luoghi comuni propalati dal web. Il popolo come entità unitaria è frutto della nostra immaginazione, è gassoso, o meglio una proiezione politica. Per fare una semplificazione: come ha scritto qualche giorno fa un giornalista di cui non ricordo il nome, la prima repubblica era governata dai partiti, alla cui testa c’erano gli intellettuali; la seconda da Berlusconi e Renzi e dalle televisioni, e ha fallito perché non interpretava i bisogni sociali; la terza, questa, da twitter e faceboock, con Lega e M5s, le cui elites governano i laboriosi piccoli produttori del nord e i ceti medi marginali del sud. E intanto promettono il reddito di cittadinanza ai giovani disoccupati, la flat tax ai ricchi; poiché le prime due promesse non sono esaudibili ecco la guerra ai migranti, più armi per tutti, la pena giudiziale come vendetta. Se ne vedono gli effetti elettorali. In qualche modo – premesso che stiamo parlando di una farsa tragica e non di una tragedia – stiamo ripercorrendo la strada della Germania prenazista, quando un piccolo partito, quello di Hitler, che nel 1928 aveva il 2,6%, nel 1932 balzò al 37,8, e nel 33 era al 43,9%”.

Tutta colpa del web? Pensa anche lei che i social abbiamo mutato il panorama politico? Credo che invece il virtuale sia un ambiente, in cui vada cercato il buono e scartato il cattivo.

“Se lei intende l’infinito proliferare di pensiero e comunicazioni, internet insomma, certo, è così, Ma il web è anche l’insieme delle grandi società che vi agiscono, di cui subiamo le pressioni. Ed è anche il palcoscenico di chi sa usare in modo spregiudicato la comunicazione commerciale e politica. E’ questione di proporzioni, di rapporti di forza. Bisogna ricordarlo, qui siamo insieme indipendenti e suggestionabili, liberi e servi”.