Non basta un Cdm a Cutro per coprire lo scandalo di quel naufragio

Giovedì 9 marzo. Il consiglio dei ministri si riunirà probabilmente in quella data a Cutro, sul luogo del gravissimo naufragio di migranti, nell’ipocrita tentativo di far dimenticare la ridda di dichiarazioni disumane e auto assolutorie di ministri e responsabili politici di maggioranza. E la presidente del consiglio butterà sul tavolo, lo ha già annunciato, una certa quota di ingressi regolari, perché le imprese (la Confindustria) richiedono manodopera. Funzionerà?

Purché non si voglia evitare i salvataggi

Forse no, come tante iniziative annunciate e basta. Intanto perché Mattarella vigila. Anche oggi ha ricordato che dopo il cordoglio servono azioni concrete per evitare tragedie come queste. Poi perché l’istituzione delle quote – se non sarà, almeno, un pannicello caldo per lavarsi le mani dall’obbligo del salvataggio in mare – prevede accordi complessi, a volte impossibili, con i paesi di origine, tra cui Afghanistan o l’Iran.

Soltanto pochi giorni fa trepidavamo per i danni del terremoto in Siria e Turchia. E da dove viene una buona parte di migranti, restati senza tetto, affetti, mezzi per vivere? Dopo aver inviato una efficiente spedizione di salvataggio abbiamo decido di archiviare la pratica?

E ancora: una cosa è il doveroso salvataggio di naufraghi, e l’accoglienza di profughi, un’altra il bisogno di manodopera. O si vuole magicamente trasformare i disperati irresponsabili in servitori indispensabili?
Infine, la questione del diritto alla mobilità è una questione globale: sarebbe considerato una grave violazione dei nostri diritti di italiani se i nostri ragazzi non potessero andare a vivere studiare o lavorare, che so, negli Stati uniti o in Argentina, come molti fanno. E l’accoglienza – a meno che non si vogliano importare uomini, ma schiavi – è doverosa per chi fugge da un paese in cui non c’è futuro: non solo a causa di guerre e persecuzioni, ma anche per fame e miseria. I filosofi ci ricordano quanto è forte l’istinto di vita e  il potere del desiderio, i confini non li devono deprimere.
A proposito di noi italiani. Chi studia la storia sa quanto siano elastici i ricordi, quanto sia facile che il flusso delle informazioni ricopra vecchi fatti ben conosciuti ma ormai dimenticati.

L’impressionante elenco di Johannes Buckler

Ce lo ricorda Johannes Buckler su Twitter, con un’impressionante serie di tweet sui viaggi della speranza di milioni di italiani. Tutti avevano paura di salire su quei “vascelli della morte” che pure partivano pieni zeppi. Tutti irresponsabili?
Ecco l’elenco, impressionante, dei morti italiani in mare.
Anno 1884 – Sul “Matteo Brazzo” c’erano 1.333 passeggeri in condizioni igieniche precarie. Ci fu un’epidemia di colera, il Brasile rifiutò l’approdo, poi fu respinta a cannonate a Montevideo. Argentina e Uruguay per un certo tempo vietarono l’approdo a tutte le navi italiane.
Anno 1888 – Sul “Carlo Raggio”, nave da carico trasformata per il trasporto umano, al primo viaggio ci furono 18 morti di fame.
Anno 1894 – Sulla stessa nave che aveva imbarcato 1.400 emigranti a Napoli scoppiò un’epidemia di colera. 206 morti furono gettati in mare. La nave fu rispedita in Italia.
Anno 1889 – Sul “Caciar” morirono 34 italiani per fame e asfissia. Sul “Parà” 34 italiani morti di morbillo.
Anno 1893 – Sul “Remo” 96 morti italiani per colera e difterite.
Anno 1894 – Sul “Vincenzo Florio” 20 morti italiani.
Anno 1891 – Il piroscafo inglese “Utopia”, partito da Trieste, scalo a Napoli, aveva a bordo 817 migranti. Davanti al porto di Gibilterra un errore di manovra, scontro con una corazzata, in pochi minuti cola a picco. I morti, quasi tutti italiani, furono 576.
Anno 1898 – La “Bourgogne” affonda dopo una collisione, 549 morti, moltissimi gli italiani.
Anno 1905 – Sulla “Città di Torino” morirono 45 italiani su 600 imbarcati.
Anno 1906 – Naufragio della “Sirio” in Spagna, centinaia i morti italiani.
Anno 1927 – La “Principessa Mafalda” naufraga al largo del Brasile, 314 morti ufficiali, ma le vittime furono almeno il doppio.

I diritti delle merci

E’ un elenco triste e doloroso, in quegli anni si respingevano le barche a cannonate, come qualcuno ha dichiarato di voler fare qui, e oggi; oggi che abbiamo tutti i mezzi – sonar, droni, satellitari –  per evitare naufragi. Gli italiani che emigravano, allora, erano poveri, quelli che migrano ora sono invece abbienti; chi sale sulle barche guardando oltre il Mediterraneo viene da un sud massacrato da noi occidentali. Intanto il mondo si è globalizzato, ed è una beffa il fatto che le merci hanno più diritto di viaggiare degli uomini.