Noi e le facce degli assenti
in questo mare di poveri
Siamo sicuri che tutto il disamore a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi – ingigantito nelle ultime settimane dalla nuova esplosione del Covid, con le nuove restrizioni, con le certo lecite preoccupazioni collettive – non abbia in realtà origini più antiche ?
Si sta dicendo anche in altri ambiti che occuparsi della pandemia non può parallelamente fare dimenticare chi oggi è impegnato su altri fronti: soffermiamoci ad esempio sul folto numero di malati di tumore, o altre patologie con mortalità ben superiore alle cifre che tanto oggi ci preoccupano. Così vale per il tema sociale che ha origini antiche anche nella scrittura, pensiamo alla solitudine di cui racconta Giovanni Giudici ne “La vita in versi”, pensiamo alla depressione di Ottiero Ottieri ne “L’infermiera di Pisa”.
Un recente articolo di Alessio Paiano uscito su “Poesia del nostro tempo” pone un poco gli stessi spunti ed è utile anche come monito perché sia nella lettura che nella scrittura non si consideri il “qui ed ora” come l’unico ambito di cui raccontare.
Senza forzature polemiche credo sia invece doveroso ricordare chi, in tempi decisamente non sospetti, ha saputo porre in un libro, in maniera centrale, queste tematiche complessive, partendo (questo sì) dai propri luoghi e dai propri percorsi.
E’ Stelvio di Spigno, autore solido e tra i più impegnati della sua generazione, quella nata negli anni Settanta, autore spesso appartato ma stimato da molti, che nel 2015 è uscito con “Fermata del tempo” che raccoglie testi per lo più scritti tra il 2010 e il 2013.
[… ] Dal mare vengono le facce degli assenti, nascoste / tra le giunchiglie e gli steccati dei lidi / e pagine secche si dividono il mare / come il mio petto che si è fatto inferiore, / falcidiato di dolore e di labbra immolate / che pregano l’orizzonte di non morire del tutto. // Questo mare dei poveri ricorda casa mia […]
Solitudini dovute all’allontanamento dai luoghi familiari raccontano altresì meccanismi differenti: il tema dello sradicamento, il tema di una società diffidente ed esclusiva che non accetta le differenze, non accetta altro che il già noto. Queste sono diventate oggi materia di infinita quotidianità. Ci si affida a mondi virtuali perché si ha paura di quelli reali, si ipotizzano realtà plausibili perché fare i conti con la verità e la brutalità diventa troppo doloroso. Come in questa poesia profeticamente intitolata “Contagio” che affronta il tema della fine di un sentimento attraverso l’abbandono contemporaneo di uno specifico paesaggio:
Grotte, spelonche, antri oscuri dove nascondersi / non è peccato né fa rumore. La città impetuosa, / la Napoli delle mille ore felici è lontana, perduta, / senza più sesso né bisogno. Nel luogo dove ora sono, / ancora serpeggia il vespro, il millantato / arpeggio di un’età senza angoscia. Ere geologiche / accelerano, l’uomo-anima non regge più e potrebbe / scoppiare, baccaneggiare, divampare, / con la dinamite dei pensieri e della felicità / facilmente consumata. […]
E’ la crisi di un modello di felicità privata oggi così collettivo a scricchiolare nella poesia di Stelvio Di Spigno, è la mancanza di uno slancio, di un orizzonte a disumanizzare. Una società tesa a nutrire gli istinti primari è destinata inevitabilmente a soccombere, orizzonti esclusivamente privati rischiano di comportare solo complessive solitudini. E allora la spinta a rinchiuderci ben oltre le necessità contingenti: è un modello contemporaneo che dovrebbe essere abbattuto per fare spazio a nuove idee, nuove prospettive.
L’alternativa è essere società del consumo, società che sopra ogni altra cosa mastica, divora se stessa in un “gioco” al massacro dove a rimanere sconfitti saranno innanzitutto le categorie più fragili per realtà geografica, per quotidianità sociale, per condizione umana. Sciatteria e banalità dovrebbero essere lontane dai nostri modelli di vita, eppure una realtà disumanizzante e forse un approccio equivoco alla formazione intellettuale stanno facendo gioco a chi di queste fragilità non solo si rallegra ma con esse trae profitto ingannando anche chi – fragile – ci si avvicina per cercare conforto. Anche così, e lo vediamo bene, le persone si possono tradire.
Stelvio Di Spigno
Fermata del tempo
Marcos y Marcos, 2015
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