Nilde Iotti, il coraggio di una comunista
che credeva nella forza delle donne

Livia Turco si è commossa nell’intervento che ha concluso il convegno su Nilde Iotti, per i 100 anni dalla nascita, organizzato dalla Fondazione che porta il nome della Presidente della Camera insieme alla Fondazione Gramsci.

È una commozione che ha a che fare con il ricordo di uno sguardo, forte e materno, che Nilde riservava alle giovani compagne, con le quali ha sempre “ricercato il rapporto”. “La invitavamo alla Commissione femminile e lei, presidente della Camera, veniva, prendeva appunti”. Ma se è la fisicità del ricordo a far tremare la voce, la nostalgia è riservata ad un modo di essere, “alla grande civiltà delle relazioni nel PCI”. Lei, Livia, e Massimo D’Alema, nel rievocarne la figura hanno ricordato, fra l’altro, che Nilde Iotti era molto forte e ferma nelle sue convinzioni di riformista, sul rinnovamento delle istituzioni, sul rapporto con i socialisti di Craxi, sulla strategia del PCI. D’Alema: “Non era d’accordo sulla elezione di Natta a segretario del PCI, pur avendone stima. Avrebbe preferito Luciano Lama”. Né Livia Turco né D’Alema, allora giovani e legati alla segreteria di Enrico Berlinguer, erano d’accordo con lei, eppure ricordano l’affabilità di quei rapporti che non erano guastati dalle divisioni anche strategiche, dalla tranquillità con cui la Presidente si esprimeva in “evidente contrasto con le posizioni prevalenti nel partito”.

Fenomenologia di una leadership

In più, per Livia Turco, c’è la sottolineatura di quella che lei chiama una questione di “leadership”. “Non c’è leadership – dice – se non c’è autonomia e libertà”. “E non c’è leadership femminile se non si riconosce la genealogia femminile. Abbiamo avuto grandi madri nelle 21 madri costituenti, che fecero come e con Nilde gioco di squadra. Abbiamo avuto grandi madri partigiane e grandi madri nel partito, Adriana Seroni, Giglia Tedesco, Lina Fibbi, Marisa Rodano, le compagne dell’Udi”. La ricostruzione della storia femminile è, per la ex ministra al welfare e alla salute, un compito politico. Parafrasando il tragico slogan afro-americano: “Women’s lives matter”.

Livia Turco sottolinea l’attualità di Nilde Iotti in particolare su due punti: l’elaborazione sulla famiglia che è servita nella battaglia a contrastare il decreto Pillon, l’orrore che avrebbe provato, lei che lo ha riformato, di fronte al populismo che riduce il Parlamento a poltrone. E raccoglie l’eredità della Presidente intorno a tre nuclei: 1) Lo sforzo di innovare la cultura politica del PCI sul tema cruciale della famiglia, superando l’economicismo per proporre una visione fondata sui sentimenti (cita in particolare l’intervento ad un Comitato centrale del PCI nel 1970. 2) La pratica popolare della politica, intesa come formazione, cultura, competenza che le classi popolari devono conquistare e ottenere. Intesa anche come vicinanza delle istituzioni alla vita reale delle persone. 3) Il legame costante con le donne, dalle prime battaglie con le mondine, le tabacchine, nella riforma dei Patti agrari fino a quelle degli anni novanta.

Non sono formali gli interventi di Valto Spini (che cita i ricordi di Giorgio Frasca Polara), sul lavoro alla bicamerale: riduzione dei parlamentari, differenziazione dei compiti di Senato e Camera (Senato delle regioni), né quello di Pierferdinando Casini, né tanto meno quello inviato da Rosa Russo Iervolino.

La storia d’amore con Togliatti

Cecilia D’Elia affronta, attraverso il citatissimo libro di Luisa Lama, “Nilde Iotti, una storia politica al femminile”, i politicamente durissimi primi anni dell’amore con Togliatti, quando in una lettera del 1948 confessa “la barriera di imbarazzo fra i miei compagni e me”, quando deve fronteggiare resistenze, ostilità, maldicenze. “La sua biografia – dice D’Elia – è un programma politico. Difende il suo amore, difende il suo lavoro, lavora agli articoli della Costituzione e poi, trenta anni dopo, alle leggi che inverano l’uguaglianza e la solidarietà proclamati alla costituente”.

D’Elia ricorda una intervista rilasciata dopo la vittoria del referendum sul divorzio nel 1974: “Io non sono femminista, però è vero che nel rapporto uomo-donna, all’interno della famiglia ci sono tante cose che la donna deve subire, perché altrimenti pagherà un prezzo troppo alto … Quando la moglie è stata solo moglie e madre, quando alla fine della vita si accorge di avere rinunciato a sé stessa, l’amarezza si fa cruda”. Si deve riconoscere, sottolinea D’Elia, che il ruolo politico di Nilde Iotti prese slancio dopo la morte di Togliatti.

Anche Massimo D’Alema sottolinea “l’anticonformismo coraggioso e la sofferenza personale causata dal perbenismo che pervadeva anche il Partito comunista”. La ricorda ricoverata negli ultimi mesi di vita quando, andando lui a trovarla, lo faceva attendere, per truccarsi, per mettere un foulard e presentarsi dopo aver curato “il fascino femminile che ha sempre coltivato”.