Nessuna scorciatoia
contro la bulimia
di potere di Salvini
Adesso che la Sardegna ha confermato la scena già vista in Abruzzo, importante è non sbagliare più l’analisi. Quanti a sinistra pensavano che la strategia migliore fosse quella di sganciare il M5S dalla Lega, devono archiviare questo sentiero, interrotto in partenza perché illusorio. E’ stata confutata dagli eventi la praticabilità di questa scorciatoia e sarebbe grave perseverare in una lettura così deviante dei processi. La sola strada che la sinistra deve percorrere è quella di costruire un polo plurale alternativo che contenda, in questa fase lunga delle elezioni amministrative, al movimento di Grillo il ruolo di secondo campo nei rapporti di forza reali.
Per poter sfidare la destra autoritaria di Salvini, va prima sconfitto sul piano culturale il non-partito grillino, che mostra la corda prima ancora del previsto e va evidenziata con pazienza la sua irrilevanza assoluta. Del resto, lo spettacolo offerto a più livelli è imbarazzante. Molti hanno preso con sarcasmo la frase cult pronunciata a Montecitorio dal presidente Fico. Però l’ironia, in questo caso, è fuori luogo. Il tragico, quando si manifesta, va colto per quello che è, magari scrollando le spalle in segno di impotenza. Basta riportare la trascrizione dell’intervento del “cittadino” Fico per sprofondare nell’angoscia politica più cupa.
“Il vaglio di ammissibilità rispetto alla presentazione della mozione rimane ammissibile, perché lei in questo caso constata o interpreta una contraddizione in termini nell’impegno del governo che è un impegno che i presentatori hanno rivolto al governo, ma il vaglio di ammissibilità per me rimane così. Il vaglio rimane vagliato, invariato, chiaramente”. Così “chiaramente” si esprime in aula la terza carica dello Stato. Cosa c’è di più tragico di parole in libertà così insensate che scandiscono il linguaggio delle istituzioni?
A nulla serve, per trovare conforto, ripercorrere nella memoria i nomi dei grandi politici che nella storia repubblicana hanno svolto con prestigio la funzione di presidente della camera. Il ricordo della grandezza perduta non aiuta, accentua semmai il disagio per il nanismo del bicolore dominante. La caduta di oggi è senza appelli. Nel fango del potere gialloverde, l’Italia scivola nel grado zero della sua qualità democratica. Il disincanto circa la carica innovativa del M5S è esploso tra gli elettori prima delle aspettative perché lo spettacolo è indigesto anche per un pubblico senza più memoria come quello italiano.
E però, se dinanzi alla intemperanza linguistica di Fico, a uscire malconcia è solo la grammatica, al cospetto della bulimia di potere che colpisce Salvini sono le istituzioni a incassare i fendenti. Non si accontenta di visitare chi è stato condannato per gravi crimini, ma annuncia per loro la grazia. Già quando il capo leghista indossa le divise, che rappresentano l’unità nazionale e le simbologie della statualità, il riserbo delle cariche istituzionali rientra in una pratica di tolleranza alla lunga discutibile. Adesso che contende al capo dello Stato il potere di grazia, è forse il caso di interrompere il pericoloso gioco del silenzio che alimenta la sensazione di una volontà di potenza impunita.
Il voto, che adesso premia il disegno d’ordine di Salvini, non va esagerato nella sua valenza sistemica. I conti con la destra in divisa andranno fatti tra qualche mese, quando le non-politiche economiche dell’esecutivo riveleranno le conseguenze distruttive. E allora il blocco d’ordine e sicurezza subirà una disarticolazione. Insomma, due sono le partite che attendono la sinistra. La prima, impone di sfidare l’equivoco Grillo nel territorio reale, per riconquistare spazio, credibilità di forza combattente e capacità di riformulare un’offerta politica nuova, in discontinuità radicale con il passato. La seconda, postula un corpo a corpo con la destra sovranista e illiberale per impedire che, per scoprire il proprio futuro, a Roma tocchi guardare a Varsavia.
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