Montagna, libri, cultura: quel premio
controcorrente che viene dal Veneto
C’`e un premio letterario, un’associazione e, soprattutto, un gruppo di amici del Veneto, forse meno conosciuto di Italia, ma ben noto a una comunità mondiale di ecologisti, alpinisti, artigiani di rara perizia, amanti dell’arte.
I “premifici” a volte diventano marchio, occasioni commerciali, crocevia di affari editoriali. Il Giuseppe Mazzotti è dedicato a chi ama i libri, il proprio territorio e l’avventura.
Gli autori premiati nelle sezioni che si alternano scrivono di montagna, cultura e civiltà; alpinismo ecologia, paesaggio, artigianato di tradizione; esplorazione e viaggi assieme a volumi che sono una finestra sulle Venezie.
Prestigioso il premio honoris causa, assegnato negli anni al partigiano e scrittore Nuto Revelli, a Giulia Maria Mozzoni Crespi, cofondatrice del FAI, il fondo per l’ambiente italiano, a Walter Bonatti, al climatologo keniota Richard Samson Odingo, che vinse ex-aequo con Al Gore il premio Nobel. Anche Piero Angela, don Luigi Ciotti, Walter Bonatti, l’ecologista Kuki Gallmann, Andrea Zanzotto e Mario Rigoni Stern sono nel novero dei super premiati.
Quest’anno ha vinto Brunello Cuccinelli, imprenditore perugino del cashmere che ha donato trenta milioni di capi invenduti a colore che, anche a causa del COVID, avevano bisogno di indumenti nuovi. Materiale fatto con una visione ecologica e rispettosa della natura.
Nel castello che racchiude la storia dell’alpinismo, sezione Alpinismo: imprese, vicende storiche, biografie e guide. Ha vinto “Nel castello delle storie. Montagne, ghiacciai, foreste da oggi al 1778”, il libro dello scrittore e giornalista milanese Marco Albino Ferrari, curatore del progetto Cast “Il Castello delle Storie di Montagna” sviluppato al Castel Masegra di Sondrio, ci porta a conoscere dodici differenti vicende umane andando a ritroso lungo la linea del tempo, da oggi, epoca della “postmodernità”, fino ad arrivare al momento in cui tutto è iniziato, al “primo alpinista non riconosciuto della storia”. Che ci si muova tra le sale del castello o che si scorrano le pagine del volume, è evidente il tema che tutto unisce: il viaggio (anche interiore) compiuto dall’uomo in età moderna nella natura estrema.
Ecologia e paesaggio
Per la migliore opera su ecologia e paesaggio ha vinto una studiosa e giornalista già molto nota. Sulla sequoia di Julia e attraverso Pando, il TremblingGiant. La romana Alessandra Viola, nominata nel 2019 ambasciatrice della natura dal Centro Parchi Internazionale, con “Flower Power. Le piante e i loro diritti” ci guida a conoscere ad osservare da vicino i più eccezionali “luoghi vegetali”, come la sequoia che fece da casa all’attivista Julia “Butterfly” Hill per oltre due anni o l’incredibile Pando (noto anche come TremblingGiant, gigante tremulo), una foresta millenaria situata nello Utah, composta da 47 mila piante di pioppo tremulo americano geneticamente tutte uguali. Ecosistemi indispensabili per la sopravvivenza di tutti, esseri viventi che necessitano di essere riconosciuti e tutelati come gli esseri umani e gli animali: “Piante e animali nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all’esistenza”, sostiene l’autrice, che stila una Carta dei diritti degli alberi rilevando che “le piante sono gli esseri viventi più numerosi sul pianeta Terra, costituiscono circa il 96% di tutto ciò che è vivo”. Non solo, esse hanno intelligenza, apprendimento e memoria. Sono organismi viventi niente affatto inferiori. E hanno molto da insegnarci.
Per l’artigianato entriamo nel mondo dei caratteri tipografici. È trevigiana la terza storia sul podio e ci conduce in un luogo di sapere artigianale: raccontata in “Tipoteca. Una storia italiana”, a cura di Silvio Antiga, ripercorre i venticinque anni di un luogo che è archivio, collezione, museo, laboratorio, e oggi un consolidato punto di riferimento internazionale per la cultura tipografica, nel quale viene conservato e tramandato l’ingegno dei tipografi artigiani e artisti. “Noi che questa storia l’avevamo vissuta intensamente non potevamo assistere indifferenti alla dispersione del sapere e dell’ingegno degli artisti artigiani che ci avevano preceduto. La tipografia ci aveva permesso di esprimere la nostra passione, di vivere e dare lavoro a tante persone. Non potevamo disconoscere le nostre origini e la valenza di tanta storia: sentivamo di dover saldare un debito di riconoscenza nei confronti del nostro mestiere”, si ricorda nell’accurato volume fotografico.
Continua a produrre l’opera del buon Bepi, solitario paladino del Bel Paese. Dino Buzzati scrisse: “Se in Italia vi fossero cento uomini come Mazzotti, il nostro patrimonio artistico e le nostre meraviglie naturali non avrebbero più nulla da temere”. Ogni volta che ne trova uno, la piccola e importante comunità del premio se lo tiene caro.
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