Mie care ragazze
volate nello spazio
A sette, otto anni bambini e bambine dimostrano quasi lo stesso entusiasmo per le materie scientifiche e per i segreti della tecnica. Infatti, il 70 per cento delle bambine di 8 anni dichiara di essere interessata alla scienza e alla tecnologia. Il crollo si ha nell’adolescenza, in quegli anni della scuola media quando si evidenziano i ruoli e le ragazze si distaccano progressivamente da queste discipline. Sulle cause i pareri sono ormai concordi. Nessun dato biologico, “naturale”, si oppone a un mondo di scienziate, piuttosto sono i vincoli sociali e culturali imposti e autoimposti, quelli che si formano all’interno della famiglia, della scuola, della società e quelli che, via via, le bambine e ragazze interiorizzano trasformando il tetto di cristallo in una barriera autoimposta. Il baldanzoso senso di sé si trasforma in scarsa fiducia per traguardi considerati maschili. Ne sanno qualcosa le aderenti (tra loro anche molte manager) all’Associazione Valore D che riunisce donne di impresa e che ha lanciato il programma “Inspiring girls” per incoraggiare le ragazze allo studio delle discipline scientifiche. Lo sanno bene anche le promotrici del Manifesto internazionale di Trieste per le donne nella scienza, presentato, in questo mese di maggio, alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) durante l’evento When Women in Science get together: The Role of Networks. Tra le proposte, presenti nel Manifesto, vi è quella di favorire un programma di “mentoring” per le giovani ricercatrici e di fornire modelli a cui ispirarsi sperando che le giovanissime scelgano un percorso di studi in ambito scientifico. Tra le sostenitrici del Manifesto vi è anche l’astrofisica Marica Branchesi (nominata tra le 100 personalità più influenti del mondo dal Time). Mentre, sempre dallo “spazio”, arriva la testimonianza dell’astronauta Samantha Cristoforetti che, poche settimane fa, all’università di Milano, in una affollatissima conferenza, ha vestito i panni di perfetta “role model” femminile in un universo un tempo solo maschile.
E l’editoria per ragazzi che ruolo può avere nello scardinare pregiudizi e barriere di “genere”? Un grandissimo ruolo. Cito un caso esemplare. Quello della casa editrice Matilda che della lotta agli stereotipi ha fatto la sua bandiera con titoli tutti di grande pregio. Ricordo, per rimanere in ambito spaziale, un divertente albo illustrato dal titolo “L’elefante sulla Luna”. E’ la storia di un’astronoma che conosce come benissimo la luna e i nomi di tutte le montagne, i crateri, gli oceani del globo argentato. Una notte con il suo telescopio scopre qualcosa di sensazionale: vede un elefante. Com’è possibile? La Società Lunare si rifiuta di crederle. Nessuno le crede ma lei non rinuncia alla sua scoperta. E’ un racconto divertente che narra, in realtà, una storia di passione e determinazione nel perseguire i propri sogni. La decisione dell’astronoma è un invito a non arrendersi, a guardare oltre, a non lasciarsi fermare dal giudizio degli altri. Tutte doti che servono alle ragazze e donne per raggiungere la Luna e volare nello spazio.
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