Mediterraneo, armi libiche anti ong

Chi fa la guerra in Mediterraneo? C’è una ong, tra le poche rimaste a salvare chi fugge dall’Africa, la spagnola Proactiva Open Arms. Ieri notte ha salvato 150 persone su un gommone che imbarcava acqua, alcune già in mare. E’ stato allora, raccontano i volontari della Ong, una motovedetta libica ha accostato, alcuni militari sono saliti sulle scialuppe con i migranti salvati, molte le donne e i bambini, e ha chiesto con insistenza che venissero consegnati a loro.


Quando la ong spagnola – che è impegnata sia nel Mediterraneo che a Lesbo, in Grecia – si è rifiutata, temendo per l’incolumità dei migranti, la motovedetta l’ha inseguita per ore, armi puntate e minacciose. Ma poiché i migranti non sono stati consegnati, nessun porto europeo ha accettato di accogliere i migranti. Alcuni dei quali in pessime condizioni di salute: un neonato è stato urgentemente evacuato insieme alla madre. Ma gli altri?  “A bordo ci sono molte donne e bambini in condizioni critiche – dicevano da bordo – Tutti al limite”.
L’onda lunga delle conseguenze delle norme e degli accordi per la “sicurezza” del Mediterraneo volute dal ministro Minniti portano così a un grottesco incidente diplomatico. L’allarme lo ha lanciato ieri il senatore Luigi Manconi: “Ieri una motovedetta libica ha tentato di impedire che la Ong Open Arms soccorresse centinaia di profughi in mare. Minacce e armi in pugno: un’azione al limite della pirateria. Oggi non un porto italiano o europeo vuole accoglierli. Molti i malati gravi”.

Installazione al Maxxi, barca costruita con le scarpe dei migranti. Foto di Ella Baffoni

Intanto la nave spagnola cercava un approdo sicuro per i salvati, il cui numero è cresciuto, dopo altri due soccorsi, fino a 218. Impedire che persone muoiano in mare sembra un’attività sospetta, mentre non è che la antica legge del mare e della più elementare umanità. Ma ambedue sembrano travolte da una finta emergenza.
La soluzione? Un atto diplomatico. Il ministro Graziano Del Rio, responsabile della guardia costiera italiana, ha spiegato a Manconi che “La Guardia costiera italiana ha detto alla nave che deve essere il governo spagnolo a chiedere al governo italiano la concessione di un porto dove approdare”. Alla fine sarà Pozzallo, il governo dopo una lunga attesa ha dato il via libera.
Del resto attendere non si può. Qualche giorno fa Proactiva Open Arms aveva sbarcato a Pozzallo un giovane eritreo soccorso in mare e detenuto per 19 mesi nelle carceri libiche. Segen pesava 35 chili, ed è morto di stenti  poche ore il ricovero nell’ospedale di Modica. Ma la prefettura di Ragusa sostiene che invece fosse gravemente malato; i medici della ong spagnola insistono, dalle nostre analisi, dicono, non ve n’è traccia. Marco Rotunno, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) è sicuro: le pessime condizioni in cui arrivano i migranti negli ultimi mesi sonio legate alla situazione nei campi di detenzione in Libia in cui sono rinchiusi per un periodo di tempo molto lungo, a causa della chiusura della rotta del Mediterraneo centrale. Dunque devono sbarcare rapidamente, per essere curati. Dunque non si può rimandarli in quell’inferno.
Di quel che avviene laggiù, però, pochi si preoccupano.

Clamoroso invece il sequestro della nave della Ong e l’apertura di un’inchiesta per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un “reato di solidarietà “,  atto di guerra contro chi fa salvataggi in mare, come è avvenuto in Francia contro quella guida alpina che ha portato in salvo una donna incinta incontrata in montagna. Bisognerà fare un punto: può darsi che questa società decida di non potersi permettere il lusso della solidarietà e della empatia. Deve sapere che sta buttando a mare, così,  secoli di civiltà.  Oltre alla propria umanità.