Matrimoni nell’era della post verità
Giorni fa mi sono infilato in un botta e risposta che stava sollazzando due amici giornalisti, naturalmente di sinistra. Parlavano di Mark Caltagirone. Non sapendo chi fosse costui mi sono subito informato. In un attimo mi sono trovato dentro una storia di grande successo scoprendo che, costui, è un personaggio chiave della lunga storia di Pamela Prati e del suo presunto matrimonio.
Post verità in tv
Siamo nella saga televisiva gestita dalla signora, grande venditrice di storie, Barbara d’Urso. Stamane mi ha dato un’altra mano, Aldo Grasso, con la sua rubrica sul Corriere: “Live, non è la d’Urso”, la trasmissione che ha montato come panna agrodolce l’intera storia, è stata vista da quasi tre milioni d’italiani, raggiungendo lo share (indice di ascolto) del 19, 4%. Ha battuto Rai1 che, novità delle novità in questa decadente stagione della televisione pubblica, aveva messo in onda un classico della commedia all’italiana, il film di Carlo Vanzina “Un matrimonio da favola”. La guerra dei matrimoni tra le due corrazzate del duopolio perfetto è stata vinta da Mediaset.
E ora la pubblicità
Perché questa vicenda, l’incredibile storia di patacche e personaggi inventati, una montatura già smascherata da Roberto d’Agostino, appassiona così tante persone e perché quei due miei amici ci disquisivano sopra? Questa storia farlocca è amata al pari di tante altre storie simili: reale e virtuale si sono stati intrecciati a tal punto che è sempre più difficile sciogliere questo nodo. I più non se ne accorgono, altri ci si divertono.
E Mediaset ci fa sopra grandi ascolti e facili guadagni. Rastrella pubblicità e consensi puntando proprio su trame studiate come puntate per una campionatura della post-verità. Un tempo si liquidava tutto questo modo di fare televisione definendola tv-spazzatura. Siamo oltre, molto oltre. L’ipermedialità impasta il meglio e il peggio della televisione e dei social, alimentando false verità e l’incitamento all’odio. Con la politica che spesso è davvero una cattiva maestra. Basta guardare cosa in queste ore sta accadendo a Michela Murgia.
La situazione è giunta a tal punto che appaiono scontati gli appelli all’etica. Siamo entrati nell’era della post-verità: matrimoni fasulli che tengono incollati davanti alla televisione milioni di cittadini mentre è surreale la vicenda di Wilma e Stefano, una cantante e un imprenditore che si erano sposati, due anni fa, nel reality ” Matrimonio a prima vista” e che ora stanno snervandosi nell’attesa di vedere annullato il loro matrimonio.
Anche Zuckerberg vittima dei social
Ancor più eclatante è la vicenda che ha interessato il re dei social, Zuckerberg costretto a smentire un video diffuso da due artisti su Instagram; un video creato con machine learning , detti “deepfake”. Sono software che sono stati già usati anche per manipolare le notizie o per attuare porno vendette. Il capo dei capi del mondo digitale dovrà pur riflettere su una vicenda come questa che l’ha visto, una volta tanto, nella parte della vittima.
Ciò che fa Barbara D’Urso è da considerare, dunque, come l’avanguardia dell’Italia che entra nel mondo della post-verità. Faccio miei gli interrogativi che si pone, nel suo commento, Aldo Grasso:” Ma una tv, per quanto commerciale (si tratta pur sempre di Canale 5, con un passato non indifferente), gioca sul simbolico e sull’immaginario: può rischiosamente alimentarsi solo di ciarpame (stiamo parlando anche di debiti di gioco, di coinvolgimento di minori, di una valanga di menzogne), di uno spericolato caso di catfishing, di mondi farlocchi che da internet si trasferiscono sulla tv generalista, di resa morale?”.
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