Marcucci si arrende
Ma il Pd deve fare
i conti con se stesso
Come volevasi dimostrare: al primo scoglio l’unità del Pd mostra le sue crepe. Bisogna dire che era già tutto previsto: in un batter d’occhio l’unanimismo con il quale appena dieci giorni fa è stato eletto segretario Enrico Letta è svanito come una bolla di sapone. E anche se alla fine la soluzione è stata trovata con il passo indietro di Andrea Marcucci che aveva dichiarato guerra al segretario, è l’ennesima prova che finché il Pd rimarrà una federazione di partiti e di correnti, il cui unico collante sembra essere il potere e il suo esercizio, sarà molto difficile impedire un suo lento declino. Come avevo scritto dopo l’affondamento di Nicola Zingaretti, un Letta (ma metteteci qualsiasi altro nome, di una persona seria, per bene e competente) non fa primavera. (LEGGI QUI).
Quello che è successo al Senato, nonostante la resa finale dell’ormai ex capogruppo, è l’ultimo capitolo di una triste involuzione politica. Lo scontro, come si sa, riguardava la nomina di due nuovi capigruppo in Parlamento, operazione che non riuscì a suo tempo a Nicola Zingaretti e che ha costituito una parte significativa del suo problema alla guida del Pd. Quei due capigruppo (Graziano Delrio e Andrea Marcucci, ma anche buona parte dei deputati e dei senatori) sono il lascito testamentario di Matteo Renzi. Scelti da lui, potremmo dire a sua immagine e somiglianza, per guidare la pattuglia parlamentare nella fase della grande (e illusoria) ascesa.
Enrico Letta ha capito che lì c’era un problema. Ha anche capito che sulla presenza delle donne ai vertici del Pd non si poteva continuare a giocare, dopo la misera figura di una delegazione ministeriale composta di soli uomini. E quindi ha chiesto che, nel rispetto dell’autonomia dei gruppi parlamentari, si scegliessero due donne. Insomma, ha chiesto a Delrio e a Marcucci di fare un passo indietro. Il primo, dopo un iniziale tentennamento ha accolto la richiesta del segretario. Il secondo, che come è noto è più renziano di Renzi – inutile girarci attorno illudendosi che certe categorie non esistano più come vorrebbe Emanuele Fiano – ha puntato i piedi e sfidato Letta definendo “proposta generica” la scelta di nominare una donna al suo posto. “Voglio coerenza, bisogna interrompere la tradizione di avere segretari sempre uomini”, ha rilanciato in modo provocatorio convocando il gruppo giovedì mattina per l’elezione del capogruppo e non escludendo la propria ricandidatura. Alla fine, anche spinto dai suoi e convinto dal fatto di essere rimasto isolato nella linea dura, Marcucci ha fatto un passo indietro proponendo come suo successore Simona Malpezzi, ex renziana anche lei, della corrente di Lotti e Guerini “Base riformista”.
Un progetto spento
Nonostante il finale positivo, si è trattato comunque di una situazione davvero surreale per un partito che aspira ad essere il pilastro progressista del governo Draghi e il perno di una futura larga alleanza di centrosinistra, come ha promesso il segretario al momento della sua elezione. Ma le situazioni surreali non possono durare troppo a lungo. Il fatto che il passaggio da Zingaretti a Letta sia stato così fulmineo, che nessuno abbia sentito il dovere politico di discutere seriamente, fino in fondo e fino alle estreme conseguenze, è una delle cause di questo stato di fatto. Finché il Pd non farà i conti con se stesso, con le proprie contraddizioni – e quella emersa anche in questo frangente è una grande contraddizione -, con la confusione di un partito fatto di mille partiti e di mille interessi, con un programma che è un patchwork di mille programmi diversi e contrastanti, non riuscirà a risollevarsi e continuerà ad illudersi di poter inseguire una vocazione maggioritaria che sembra un ossimoro per un partito che è fermo sotto il 20%. Quello che è successo al Senato – anche se alla fine un compromesso è stato trovato – è un’ulteriore prova della difficoltà in cui naviga il Pd. Quello dem sembra un progetto politico spento, che viene tenuto in vita ancora in modo artificiale. Dispiace per Enrico Letta che ci sta mettendo grande passione, ma di solito i partiti artificiali non durano tanto a lungo.
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