Macron promette
300 miliardi ma
la Francia non si fida

Il comunicato ufficiale del 25 marzo riporta la cifra di 1330 morti in Francia a causa del COVID-19, ma come ogni giorno accanto al numero vi è una precisazione: “in ospedale”. Cosa significa? Significa che nel calcolo non vengono, per il momento, inseriti i dati delle persone decedute al loro domicilio e, soprattutto, nelle case di cura per le persone anziane non-autosufficienti.

Quanti sono i morti a casa?

Il governo francese sostiene di non essere in grado di raccogliere dei numeri certi e, quindi, sino alla settimana prossima, preferisce non fornire ulteriori informazioni. Un atteggiamento, come riportano i principali quotidiani francesi, che sta esasperando gli eletti locali, le famiglie dei ricoverati e, soprattutto, coloro che lavorano in questi centri di cura. Le case per gli anziani sono state le prime ad essere chiuse, l’11 marzo scorso, eppure sono diventate uno dei centri di maggiore divulgazione del virus e la situazione sta velocemente peggiorando. La mancanza d’informazione e l’impossibilità di accedervi – molte persone anziane con problemi di udito non possono neanche essere raggiunte con il telefono – suscitano un sentimento di angoscia e di rabbia tra i parenti, rafforzato dai primi dati che cominciano a filtrare: 16 morti in un istituto di Saint-Dizier nell’Haute-Marne, 7 in un altro in Haute Savoie, 20 nei Vosges, 13 in una casa del gruppo Rotschild a Parigi dove , tra l’altro, pare che vi siano almeno altri 84 pazienti colpiti dal coronavirus. Persone morte in solitudine per le quali non è neanche possibile organizzare un funerale normale!

Insomma, per il momento non è emersa una realtà che permetterebbe di avere un quadro più preciso della crisi sanitaria che sta colpendo la Francia. Circa 850.000 persone sono ricoverate in questi istituti e i medici e gli infermieri denunciano l’assenza di tamponi e di una strategia di controllo che eviti la propagazione al di fuori del luogo di lavoro.
Nel frattempo stanno venendo alla luce anche le denunce delle persone cadute malate e che avevano lavorato ai seggi elettorali durante il primo turno delle elezioni amministrative di domenica 15 marzo. Una scelta, quella di mantenere il voto, che già allora apparve molto discutibile e che, oggi, di fronte alle prime testimonianze di chi partecipò a quella giornata, si dimostra essere stata un grave errore poltico. Si pensi all’assenza delle più elementari precauzioni come la disinfestazione delle buste e delle schede elettorali.

Una garanzia di Stato di 300 miliardi

Il 24 marzo il governo ha reso pubblici i decreti che sono stati adottati per far fronte alla crisi economica. La più importante è quella di una garanzia di Stato di 300 miliardi di euro: tutte le imprese la cui cifra d’affari è inferiore a un milione e mezzo di euro possono beneficiarne, oltre alla sospensione delle bollette dell’elettricità, del gas, dell’acqua e degli affitti dei locali destinati a attività industriali o commerciali. Le imprese e i liberi professionisti, la cui cifra d’affari è inferiore a un milione di euro, potranno inoltre contare sull’aiuto di un ‘Fondo di solidarietà” che consentirà un aiuto automatico di 1500 euro presentando la richiesta al centro delle Finanze Pubbliche più vicino al proprio luogo di lavoro. Il versamento sarà effettuato entro fine marzo o inizio aprile. Nei casi di estrema difficoltà sarà possibile ricevere un assegno supplementare di 2000 euro. La dotazione del Fondo è valutata a circa 1 miliardo di euro per ogni mese in cui resterà attivo.

Uno sforzo considerevole su cui vi è un accordo generale. Al contrario, le modifiche adottate al codice del lavoro, in nome dell’emergenza, anche se presentate come “transitorie”, hanno suscitato aspre critiche sia dall’opposizione di sinistra sia da quella di destra. In modo particolare la concessione, in certi settori della produzione, di poter imporre un orario settimanale di 60 ore, una scelta presa senza consultare i sindacati. I partiti di opposizione temono che si voglia approfittare dell’emergenza sanitaria e economica per stravolgere il codice del lavoro con decisioni che da transitorie si trasformerebbero in ordinarie.

Emmanuel Macron

A rendere il clima generale ancora più teso ha anche contribuito la portavoce del governo, Sibeth Ndjaye, la quale, cercando di spiegare l’invito alle persone senza lavoro di andare nei campi a raccogliere frutta e verdura in sostituzione dei lavoratori stagionali che non possono più entrare in Francia, ha detto “non stiamo chiedendo agli insegnanti che non stanno lavorando di attraversare la Francia per farlo”, suscitando la reazione indignata dei docenti che invece stanno cercando con fatica di garantire la continuità pedagogica dell’anno scolastico.

Non stupisce quindi che l 70% dei francesi esprimano un giudizio negativo sulla capacità del governo di gestire con efficacia quella che il noto psichiatra e psiconalista Boris Cyrulnik ha definito “una catastrofe, non una crisi: da una catastrofe non si esce semplicemente con misure eccezionali, ma con un cambiamento radicale nell’ordine dei valori, delle culture condivise”.