L’Unità e il film di Moretti: e se invece la storia si facesse proprio con i “se”?

“Allora, Ennio e Vera, i nostri protagonisti, sono due iscritti al Partito Comunista…”; “Ma perché, in Italia c’erano i comunisti?”; “Ma come, se in Italia c’erano i comunisti? C’era un grande partito con due milioni di iscritti…”; “Ah, quindi c’erano due milioni di russi che erano venuti in Italia a fare i comunisti!”.

Siamo nelle prime scene di “Il sol dell’avvenire”, il nuovo film di Nanni Moretti. Nanni è Giovanni (che poi è il suo vero nome, all’anagrafe), un regista: sta preparando un film su una sezione del PCI che nell’autunno del 1956, con grandi sacrifici e gioioso entusiasmo dei militanti, fa venire a Roma un circo ungherese, il Circo Budavari (autocitazione: era il nome del pallanuotista magiaro, per altro vero, che massacrava Michele Apicella in Palombella rossa). Fatalità vuole – anzi, l’URSS vuole – che proprio negli stessi giorni i carrarmati sovietici irrompano nelle vie di Budapest. Ennio e Vera, iscritti nella sezione suddetta, entrano in crisi: lui lavora all’Unità e di fronte alle notizie dei telegiornali, pur affranto, dice solo: “Aspettiamo di vedere che posizione prende il partito”; lei, più battagliera, si schiera subito a fianco dei circensi loro ospiti, quindi degli insorti. La spaccatura in seno al popolo – anzi, alla famiglia – diventa lacerante.

Silvio Orlando nel film Il sol dell'avvenire
Silvio Orlando

Un titolo “troppo lungo”

Questo, attenzione, è il film dentro il film che si racconta in “Il sol dell’avvenire”.

Come in “Palombella rossa”, sono numerosi i livelli narrativi, ideologici e onirici che si intersecano in questo nuovo lavoro di Moretti. Il dialogo che abbiamo citato in apertura avviene, diciamo così, nel primo livello: quello della “realtà”, di Giovanni che prepara il film e lo spiega ai suoi collaboratori. Uno di questi, molto giovane e forse anche un po’ stupido, gli chiede appunto: “Ma veramente in Italia c’erano i comunisti?”, come se parlasse di uno sbarco dei marziani. Sì, c’erano eccome, e Moretti li racconta ovviamente a modo suo. Con una giusta dose di nostalgia ma anche con qualche sberleffo che, anche a distanza di decenni, non può che far bene. In un’altra fase della lavorazione del “film nel film”, un assistente porta a Giovanni la copia riprodotta di un numero dell’Unità di quei giorni. È quella di lunedì 5 novembre 1956.

Giovanni legge il titolo d’apertura, a 9 colonne: “Le truppe sovietiche intervengono in Ungheria per porre fine all’anarchia e al terrore bianco… troppo lungo, fallo più breve”. L’assistente gli dice: “Ma è il giornale di allora, il titolo era così”. “Ah, era così… sì, ma troppo lungo, troppo lungo…”. Forse è il momento in cui Giovanni (e Nanni con lui) decide che il passato va riscritto, che bisogna rivalutare i grandi “se” della storia. Cosa sarebbe successo “se” il PCI avesse deciso già nel 1956 lo strappo dalla grande madre Russia? Eh, impossibile saperlo… un momento: davvero impossibile?

Per la quarta volta in pochi mesi l’Unità entra in un film

Nanni Moretti nel film Il sol dell'avvenire

Che ci piaccia o no, cari compagni, questa è la quarta volta nel giro di pochi mesi in cui l’Unità fa parlare di sé al cinema. E non si tratta dell’Unità/Frankenstein, fatta con pezzi del Riformista, che Piero Sansonetti sta per rimandare in edicola. No, è la cara vecchia Unità, quella in cui tanti di noi sono nati e cresciuti. Prima Gianni Amelio in “Il signore delle formiche”; poi, quasi contemporaneamente, Walter Veltroni in “Quando” e Luca Scivoletto in “I pionieri”; e ora Nanni Moretti in “Il sol dell’avvenire”. Nel film di Moretti c’è anche una scena ambientata nella redazione: il compagno Ennio (Silvio Orlando) è infatti un redattore, e la compagna Vera, sua moglie (Barbora Bobulova), gli porta in redazione una lettera aperta di molti compagni che si schierano con gli insorti di Budapest e contro i sovietici. Ennio ovviamente non la pubblica: “Mi dispiace, il giornale è già chiuso”. Poco prima, andando in archivio a prendere delle foto, ha beccato il giovane archivista che baciava in bocca un collega. Subito dopo l’ha convocato nel suo ufficio per ammonirlo: guarda che i nostri nemici non aspettano altro, per sparlare di noi. Curioso, c’è quindi un involontario rimando a “Il signore delle formiche”, anche se Moretti ha girato il suo film prima che uscisse quello di Amelio.

Allora, compagni, diciamoci molto chiaramente due cose.

La locandina del film di Nanni Moretti Il sol dell'avvenire
La locandina del film di Nanni Moretti Il sol dell’avvenire

La prima: la presenza dell’Unità nel film di Moretti è solo uno dei molti livelli di un film che – per usare una metafora pasticciera della quale il regista sarà magari contento – non è una Sacher ma una Millefoglie, con mille sapori e mille suggestioni. Certo, si parla ANCHE di politica, di militanza: all’inizio Giovanni/Nanni, nel set che ricostruisce la sezione, strappa un ritratto di Stalin esattamente come faceva Margherita Buy all’inizio del “Caimano”, anche lì dentro un “film nel film” che si intitolava “Cataratte”; e alla fine di “Il sol dell’avvenire”, ma non vi diremo come e perché, compare un altro ritratto: quello di Lev Davidovic Bronstejn, in arte Trockij. Ma nel film si parla di tante altre cose.

Infinito affetto

La seconda: come dice l’assistente di Giovanni, quel titolo dell’Unità del 5 novembre 1956 è vero, è uscito davvero, e sappiamo tutti perché senza che nessuno venga oggi a farci la morale. È un titolo che mette i brividi. Ma era così, ed è bene che qualcuno ce lo ricordi perché dimenticare fa male alla salute. Soprattutto è bene che ce lo ricordi Nanni Moretti, lo stesso che sempre dentro il film parla del PCI come di “una grande comunità” e descrive i personaggi di Ennio e di Vera con infinito affetto, dando loro una svolta narrativa nel finale che non va assolutamente raccontata ma che, vedrete, vi farà bene al cuore. E non credete al titolo del “Giornale” online di oggi, 19 aprile 2023, che recita: «Nanni spegne il sol dell’avvenire e così riaccende il suo cinema. Dopo il deludente “Tre piani”, Moretti torna a fare se stesso. Lo strappo con il Pci e la ritrovata voglia di raccontarsi».

È tutto falso. Nell’ordine: 1) quando vedrete il film, scoprirete che Nanni non spegne il sole, lo riaccende 2) il suo cinema non si è mai spento 3) “Tre piani” non era affatto deludente 4) Nanni non ha mai smesso di fare se stesso, semmai gli si potrebbe rimproverare il contrario, di non essere mai “qualcun altro” 5) il film non strappa con il PCI ma lo rifonda (non nel senso bertinottiano), lo ricrea evocando anche Marx ed Engels. Andate a vedere il film, e capirete. E poi, diteci se quell’Unità immaginaria, che Ennio e Vera portano nel finale a Togliatti, non sarebbe stata davvero bella.