“L’ultimo compagno”, il romanzo
della vita di Emanuele Macaluso

Nell’inverno del 2019, un giornalista di “Repubblica” telefona a Emanuele Macaluso: “Vorrei scrivere un libro sulla tua vita, una biografia a figura intera, più Emanuele, meno comunismo…”. “Vieni a trovarmi, ma sappi che non tengo diari o vecchie agende, ritagli o appunti. Tutto è nella mia testa”.

macaluso, Portella della Ginestra,
Emanuele Macaluso a Portella della Ginestra

E così Concetto Vecchio, suo amico, siciliano pure lui, due o tre volte alla settimana inizia a frequentare il salottino rosso nella minuscola casa di Testaccio. E in questi giorni è uscito il libro: L’ultimo compagno, edito da Chiare Lettere. Purtroppo Emanuele non ha potuto leggerlo: il 19 gennaio ha cessato di vivere alla soglia dei 97 anni.

Non posso evitare di commuovermi scrivendo queste righe. Considero Emanuele un fratello. Ho anch’io vissuto nella stessa epoca, sto per compiere 91 anni. Accanto a lui, direttore de l’Unità, ho condiviso soddisfazioni e dolori, come redattore capo e curatore delle iniziative editoriali. Ho frequentato la sua casa sino all’ultimo: quante discussioni sulla sinistra, sul sindacato, sugli attuali momenti, sul giornale che non c’è più. Sono stato ospite anche nel suo ristorante preferito, dopo passeggiate, a braccetto.

Eppure sono rimasto quasi scioccato, di fronte al racconto di tanti episodi, dall’infanzia sino ai giorni nostri, concatenati l’uno all’altro: una vita, il romanzo di una vita, come è indicato nel sottotitolo del bellissimo libro di Vecchio. Con ottima scrittura ha saputo scavare nel profondo, documentando i vari episodi che hanno visto Macaluso protagonista. L’infanzia misera a Caltanissetta, i zolfatari, i carusi, la tubercolosi (“Vorrei vivere almeno sino a trenta anni”), la scelta antifascista e, a diciassette anni, l’adesione al Partito comunista clandestino, il suo primo incontro con il reclutatore Calogero Boccadutri detto “Luzio”, diventato amico per sempre. Come Girolamo Momo Li Causi, Pio La Torre, Pompeo Colajanni. Tutti pilastri, suoi maestri, della prima vita nella sua Sicilia.

Conobbe anche il carcere Emanuele insieme alla sua prima compagna Lina, madre dei suoi figli Pompeo e Antonio (il primo è deceduto alcuni anni fa, a 65 anni, ed è stato un dolore incancellabile per Emanuele, forse un po’ mitigato da Emiliano, figlio di Pompeo, scienziato prima a Lione e ora a Parigi).

Il libro si chiude con la riproduzione dei documenti di quel processo per adulterio: una vergogna del fascismo. Ad alcuni può dare fastidio la descrizione insistita di questa parentesi durata oltre 20 anni della vita sentimentale di Macaluso, corredata anche di toccanti lettere d’amore, e di una foto di Lina, quando aveva 22 anni e Emanuele 19. Qui è prevalso nello scrittore il lato del cronista, che scava, scava, sino a trovare l’inedito, il fatto nuovo.

Ma Vecchio ha un merito: la sua scrittura è limpida, priva di pesantezze, ci descrive un Macaluso coraggioso, sensibile, umano, amante dei libri sin dall’infanzia, popolare, politico intelligente e fine, capace di ribellarsi contro tutti i soprusi.

E’ davvero il romanzo di una vita intensa. Eccezionale. A vent’anni segretario della Camera del Lavoro di Caltanissetta, sua città natale. A 23 anni segretario della CGIL regionale, alla guida delle battaglie contro il feudo, la mafia, il banditismo, nelle lotte eroiche per l’occupazione delle terre. I capitoli della strage di Portella della Ginestra e il comizio, finito a fucilate nell’aia di Villalba, nel feudo di Don Calò, dove Li Causi fu ferito ad una gamba e rimase zoppo. Sembra di sentire la voce di Emanuele. “Eravamo in piedi su un tavolo, macché palco… E ci riparammo lì dietro…”
Quindi il percorso politico centrale: aveva 38 anni quando fu chiamato a Roma, prima accanto a Togliatti e poi nella segreteria di Berlinguer. L’ultimo incarico alla direzione de l’Unità, nel 1982, prima accolto con un certo scetticismo che poi fu spazzato via in pochi giorni, per fare posto a un sentimento di entusiasta collaborazione. E’ stato il migliore direttore de l’Unità.

Un libro da leggere, quello di Concetto Vecchio, per ripercorrere la vita di un uomo che ha attraversato il Novecento sapendo sempre, nel privato e nel pubblico, da che parte stare.