Gli ultimi Engelandvaarders, olandesi che combatterono il nazismo
Erano in dieci, quest’anno. Tutti oltre i 95 anni. E’ stata l’ultima riunione, cui ha partecipato anche l’ex regina Beatrice d’Olanda. “Vogliono andarsene in modo semplice e dignitoso”, ha detto il loro ex archivista Sierk Platinga. La loro storia è raccontata da libri e film. Engelandvaarders, “marinai inglesi” fu subito il loro soprannome, mormorato in tutto il Paese durante la guerra, nei club universitari e nelle fabbriche.
Durante l’occupazione nazista dei Paesi Bassi, gli Engelandvaarders lasciarono con fragili mezzi e per rotte fortunose il loro Paese, diretti in Inghilterra, per unirsi alla Resistenza. La maggior parte di coloro che partirono non ce la fece mai: lungo la rotta settentrionale molti annegarono nel Mare del Nord; lungo la rotta meridionale (dal Belgio a Parigi fino alla Svizzera, giù fino alla Spagna e al Portogallo per poi risalire in Inghilterra) furono imprigionati in Spagna o messi in centri di detenzione in Svizzera. In tutte le traiettorie gli Engelandvaaarders venivano facilmente intercettati dai tedeschi e uccisi sul posto o deportati nei campi di sterminio.
Solo poco più di 1700, naturalmente con falsi documenti, ce la fecero ad arrivare in Inghilterra. Questi ebbero tutti un ruolo importante contro la Germania nella Royal Army britannica (332 arruolati), nella Royal Air Force (118 arruolati) e nella Marina (397 arruolati). 176 si unirono all’esercito delle Indie orientali, 164 divennero ufficiali della marina mercantile che aveva un ruolo strategico, 129 lavorarono per il governo olandese in esilio a Londra e 111 divennero agenti segreti, tornando sotto copertura in Olanda.
Non va immaginato che fossero accolti a braccia aperte in Inghilterra. Appena arrivati venivano subito portati dal MI5, il servizio segreto, nel London Reception Centre, una grande dimora vittoriana a Wandsworth, alla periferia sud di Londra. Qui gli Engelandvaarders venivano interrogati a lungo per assicurarsi che non fossero spie dei nazisti. Alla fine delle verifiche venivano uno alla volta accompagnati a Stratton House, a Piccadilly. Qui li riceveva la regina Guglielmina, che Churchill definì “L’unico vero uomo del governo olandese in esilio”.

Gli Engelandvaarders non si conoscevano tra loro e non avevano contatti, ognuno aveva la sua consegna da portare a termine. Oggi si raccontano in video-interviste ben presentate e corredate nel loro sito. Non si rappresentano certo come eroi di un’epoca, ma come ragazzi normali, spinti a tentare la via dell’Inghilterra per motivazioni diverse. Desiderio d’avventura, un senso di obbligazione morale per liberare il proprio popolo, la condizione di olandesi ebrei perseguitati e decisi a reagire, perfino liti con i genitori come molla verso una pericolosa e totale autosufficienza: ognuno ha la propria storia, che talvolta inizia banalmente. Tutti si troveranno nella condizione di contribuire a una catena di salvezza decisiva, con sacrifici che mai avrebbero pensato di essere in grado di fare.
“Nessuno va in cerca della morte, tutti vanno in cerca della vita”, dirà anni dopo Philip Jacobs, all’epoca studente di chimica ad Amsterdam, ebreo, che dopo essersi nascosto in una fattoria ad Houten, decide di partire e arriva in Inghilterra il 17 marzo del 1943. Un altro di questi fu il famoso Soldato d’Orange, Erik Hazelhoff Roelfzema, figlio di un ricco commerciante di caffè. Divenuto Engelandvaarder e pilota, atterrò con successo più volte in Olanda per consegnare materiale radio dalla Resistenza e, come ufficiale della Raf, fu protagonista di un centinaio di missioni di volo sulla Germania. Il 26 Novembre 1940, da studente universitario, ascoltò il discorso del professor Rudolph Cleveringa, docente di diritto civile a Leiden. Cleveringa protestò contro le dimissioni forzate del suo mentore, sostenitore e collega giurista Eduard Maurits Meijers, costretto dai nazisti a lasciare il posto, come altri docenti ebrei.
La sera stessa gli studenti distribuirono copie del discorso di Cleveringa in molte altre università. Il docente fu arrestato e messo nella prigione di Scheveningen, usata per i membri della resistenza olandese e soprannominata dai partigiani Hotel Orange, dal nome del colore nazionale e della casa reale.
Aumentarono sull’onda di questi episodi i ragazzi che volevano aiutare in Inghilterra il governo legittimo dei Paesi Bassi esiliato a Londra e sostenere gli Alleati. Dovettero servire sotto la bandiera di un’altra nazione, il Regno Unito. Eppure alcuni di loro formarono, nel 1944, la piccola brigata Principessa Irene che combatté nel 1944 in alta Normandia per la liberazione dei Paesi Bassi. Giorni fa gli ultimi dieci Engelandvaarders si sono scambiati, saluti ed aneddoti. Poi dietro di loro si sono chiuse le porte del museo di Noordwijk dedicato a questi marinai così speciali. Sperando che le loro storie non cadano nell’oblio.
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