Luana, 22 anni
Neanche il tempo
di poter gridare

Non ha nemmeno fatto in tempo a urlare, a gridare aiuto, Luana D’Orazio, 22 anni, un figlio di 5. Ragazza madre che era felice di avere trovato lavoro in un anno come questo, l’anno tremendo del Covid in cui tanti il lavoro lo hanno perso. L’operaio che le lavorava accanto ma di spalle si è accorto dell’accaduto solo quando il corpo della ragazza era già stato risucchiato dal gigante metallico, dal rullo che crea l’ordito.

Tutto tace, per ore, sulla dinamica dell’incidente. Il dipartimento di prevenzione e sicurezza della Asl di Prato non si pronuncia, sarà la magistratura a dover fare luce.

La giovane operaia ogni giorno usciva dalla casa dove abitava con i genitori, un fratello disabile e il piccolo Donatello (che lei avrebbe voluto chiamare Alessio), in un quartiere popolare di Pistoia, per recarsi a Oste di Montemurlo, 8 chilometri di distanza, nella piccola azienda artigianale (sotto i 15 dipendenti), la “Luana Orditure”, nel distretto tessile di Prato. Luana, bella, dolce, solare, scherzava con la madre, scherzava con il fidanzato, sul fatto che la fabbrica portava il suo stesso nome, che è anche quello dell’imprenditrice e datrice di lavoro.

lavoratrice tessile

La fabbrica con lo stesso nome della ragazza

Ma se le risposte ancora non ci sono, ci sono invece tante domande sulle quali le inchieste in corso dovranno fare chiarezza. Le elenca Lorenzo Pancini, segretario generale della Camera del Lavoro di Prato. Oltre alla indagine della magistratura, c’è – precisa il sindacalista – una indagine dell’ispettorato del lavoro: “Sappiamo che Luana aveva un contratto dal 2019 ma non sappiamo che tipo di contratto, a termine, a tempo indeterminato, di apprendistato?”. Quello che è certo è che quelle macchine richiedono competenza e quindi formazione. C’è stata la formazione? Se Luana era apprendista perché era sola davanti alla macchina? In una delle interviste rilasciate dalla madre della ragazza a caldo, la signora racconta che stavano per assumere un altro operaio “per dare una mano”.

Questo fa pensare che ritmi e carichi di lavoro in questo periodo siano particolarmente frenetici, la filiera della Fast Fashion è stagionale. Dall’ordito il manufatto va alla filatura, in un’altra azienda committente. Spiega Pancini: “Queste piccole aziende artigiane lavorano per conto terzi, la tentazione di accaparrarsi il lavoro puntando su ribassi e tempi stretti è sempre in agguato. Non intendo generalizzare e gettare la croce su un’intera categoria di imprenditori ma, se è morta una ragazza di 22 anni, c’è poco da girare intorno, bisogna capire cosa è successo e perché”.

Forse un malore e la macchina non si blocca

Il fatto che Luana non abbia gridato può far pensare che sia stata colta da malore, ma la macchina avrebbe dovuto bloccarsi al primo contatto con il corpo dell’operaia. Perché non si è fermata? Sono macchinari obsoleti? Ci sono stati gli investimenti sulla sicurezza? A chiarirlo servirà il fatto che sotto sequestro sono due macchine uguali, quella dove è avvenuto l’incidente ed un’altra per capirne il funzionamento.

I sindacati di Prato hanno proclamato quattro ore di sciopero per venerdì 7 maggio. Il problema della sicurezza nelle aziende tessili non è più rinviabile. Il 2 febbraio scorso un altro ragazzo di Prato, Sabri Jaballah, 22 anni anche lui, ha perso la vita in un’azienda di Montale (in provincia di Pistoia), seppure in un diverso comparto produttivo. “C’è da ragionare – continua il segretario della Camera del Lavoro di Prato – sul modello produttivo fatto di piccolissime aziende che lavorano su diverse fasi specializzate della produzione”.

Ma c’è anche una considerazione più generale: “Quello che noi registriamo – dice Lorenzo Pancini – è un arretramento generale nelle condizioni materiali dei giovani. Arretramento nei diritti, nelle tutele, nella sicurezza, nei salari”.

“Questi ragazzi sono morti in un’età in cui altri ancora studiano, e nelle generazioni di poco precedenti anche i figli dei lavoratori accedevano in maggior numero all’università”.