L’Osce e l’Italia
i due pesi del leader
Non è vietato chiedere per le elezioni regionali siciliane – come ha fatto il leader a 5 stelle Luigi Di Maio – l’intervento dell’Osce. Ma sarebbe utile mantenere un’attenzione alle proporzioni e un po’ di senso del ridicolo.
L’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), è una agenzia che include 57 stati tra Europa, Asia e Nord America. Il suo obiettivo è difendere la sicurezza dei cittadini in tutte le forme: si occupa perciò di controllo degli armamenti e di diritti delle minoranze, ma anche di tratta degli schiavi, di libertà di stampa, di migranti e di frontiere.
L’Osce interviene come osservatore terzo a monitorare il voto negli stati. Ma il suo arbitraggio riguarda aree in cui la democrazia è stata ricostruita di recente, o lacerate da conflitti che mettono in dubbio palese la regolarità delle operazioni. Per capire: l’organizzazione ha missioni in Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Serbia, Macedonia, Moldova e Ucraina. Ha un ufficio in Albania, un centro d’osservazione in Turkmenistan, programmi in Kazakhistan, Kirghizistan, Tagikistan, un progetto in corso in Uzbekistan. Si è occupata, negli ultimi due anni, del tentativo di colpo di Stato in Turchia e del controcolpo di Erdogan, della gestione della crisi dei migranti e della ricostruzione del dialogo in Ucraina.
Ma l’Italia? In Italia il malaffare è un cancro antico, così come antichi sono i tentativi della mafia e della camorra di infiltrarsi nelle istituzioni e di sostituirsi ai governi. Centinaia di migliaia di uomini e donne per decenni hanno dato tempo e impegno a contrastare delinquenti, criminali e collusi, fuori e dentro la politica. Magistrati e giornalisti ci hanno rimesso la vita. Una buona Italia combatteva e combatte contro le patologie, da ben prima che nascesse Di Maio o Grillo si inventasse i Cinquestelle. Le istituzioni hanno retto, e spesso hanno anche vinto.
Perciò intristisce la trovata di buttare la spugna e fare appello all’Ente esterno. E’ un’idea che trasferisce fuori da noi il problema, e quindi è in sostanza un’idea propagandistica. Un tentativo di far credere agli italiani che lo stato non esiste più, che il marcio è padrone, che la politica è corrotta ovunque. Tranne, ovviamente, in casa Di Maio. Brutto giochetto, equiparare l’Italia del degrado all’Ucraina della secessione, o ai massacri balcanici.
Brutto e alla fin fine paradossale, pure. Perché l’Osce, fra i punti critici della democrazia moderna, cita invece, nei suoi studi e per le sue missioni, il voto elettronico, il controllo sui clic dei cittadini, la reale affidabilità dei nuovi strumenti di democrazia. Chi li governa? Chi li protegge? Chi ne rende conto? Certo i 5 stelle sono un partito e non uno Stato, però la loro democrazia interna qualcosa pure dovrà insegnare. Si può affidare a un’azienda il calcolo del consenso? E chi controlla? E chi rende conto? Questo campanello ( “L’Osce interverrà per Rousseau”, hanno ironizzato dal Foglio) però a Di Maio, eletto con i trentamila voti della piattaforma grillina, non suona. Chissà perché.
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