Londra contro Trump
ariete dell’offensiva
populista in Europa
Con la manifestazione anti-Trump promossa da un vasto fronte progressista a Londra aumentano le tensioni nel Regno Unito in occasione della visita del presidente statunitense. Jeremy Corbyn diserta il banchetto ufficiale a Buckingham Palace e si rivolge al Regno Unito che non vuole cedere al sovranismo.
Sono giorni di attualità battente, ma l’orologio della memoria ci aiuta a dare senso e prospettiva a ciò che accade.
Il 6 giugno del 1944 gli Alleati sbarcarono in Normandia per l’offensiva finale contro il nazi-fascismo. Per i settantacinque anni dal D-Day,a Juno, tra Courseulles e Saint Aubin, i rappresentanti delle nazioni che parteciparono alla lotta contro Hitler ricorderanno i caduti e i valori che furono ristabiliti, la libertà prima di tutto.
Ci sarà anche Donald Trump, impegnato in una visita nel Regno Unito, in Irlanda e infine in Francia. Lo sguardo lungo della vecchia Europa punta più sulla spiaggia normanna che sulle esternazioni del presidente americano. I seicento chilometri di costa marcano una distanza non geografica, ma politica, che tradiscono quell’alba del 1944. Eppure l’operazione Overlord, al netto di ogni retorica, continua a essere un simbolo potente, che richiama l’importanza di un’Europa unita, tollerante, libera. Purtroppo sono in molti a gettare benzina sul fuoco sovranista e della Brexit.
Sull’argomento il presidente Trump, in questi giorni, è più che mai prodigo di tweet e dichiarazioni che sbaragliano, sul piano formale, ogni protocollo di cortesia diplomatica e, su quello politico, ogni principio di non interferenza. Il presidente si è dimostrato sempre più deciso a sostenere il fronte sovranista: dall’investitura di Boris Johnson, definito “un tipo in gamba” come leader dei conservatori, alla pressione per un’uscita dall’Europa anche senza accordi, possibilmente col leader dell’Ukip Nigel Farage di stanza a Bruxelles per dettare le condizioni all’Unione Europea.
Posizioni che hanno suscitato prevedibili critiche dai settori liberali e di sinistra, ma anche preoccupatissime reazioni in campo economico. Financial Times, Bloomberg, il gruppo di ricerca della London School of Economics e il Washington Post hanno riportato le posizioni di imprenditori ed esperti. Tutti concordano sul fatto che la storica “relazione speciale” (termine coniato da Churchill) tra Regno Unito e Stati Uniti tenga in equilibrio ancor oggi i maggiori attori della scena geopolitica occidentale. A una condizione: l’antico rapporto privilegiato deve essere una testa di ponte tra tutta l’Europa e tutta l’America. Una storia lunga che ha formato un terreno comune: tra la prima colonizzazione dell’America e l’alleanza contro i nazisti vi sono stati in mezzo eventi come la Rivoluzione per l’indipendenza dalla madrepatria inglese che accesero in Europa il desiderio di libertà.
“Non potremo mai permetterci un deterioramento dei rapporti con Regno Unito” è il titolo di un’analisi ancor oggi attuale scritta nel 1950 dal Dipartimento di Stato. “Abbiamo dimostrato di poter lavorare bene assieme in tempo di guerra, e allo stesso modo dovremo lavorare bene assieme per la pace, e questo include sempre l’economia”. L’idea del Regno Unito come interfaccia dei rapporti con l’intera Europa si è rafforzata, se guardiamo agli scambi economici e alla collaborazione tecnologica. Eppure il presidente americano supporta la rappresentazione populista di un’Unione Europea inefficace, pachidermica e burocratica. Questo dà fiato a tutti i sovranisti che promettono facili scorciatoie: come accadde durante la campagna per la Brexit, oggi le destre assicurano che liberarsi dai vincoli di cooperazione o dall’impegno sancito ad accogliere i profughi risolverà tutti i problemi.
Sono sirene pericolose e gli analisti statunitensi sottolineano (CarnagieInstitute, American Enterprise Institute e altri) come nell’insieme le destre europee abbiano ottenuto nelle elezioni del 2019 un risultato inferiore al 2014, pur essendosi verificate perdite dei Popolari e dei Socialisti, peraltro bilanciate dalla crescita dei Liberali e dei Verdi. Fatti che dovrebbero indurre a prudenza nelle esternazioni politiche.
Trump è arrivato, tra molte contestazioni dei britannici fin dal suo atterraggio, con i figli maggiori e la moglie. Tutti deliziati dal protocollo reale e dagli incontri con la Regina e altri Windsor che stoicamente fanno il loro lavoro di accoglienza. La visita cade nel peggior momento possibile, con i conservatori in rotta dopo il disastro elettorale, una Brexit infinita che ha fiaccato l’economia sottraendo risorse al settore sociale e sanitario, ormai sotto la minaccia di una privatizzazione, e l’incalzare di due possibili consultazioni generali: nuove elezioni e un nuovo referendum sulla Brexit.
Il presidente Trump continua a mantenere un doppio registro: uno realmente politico, che gli ha fatto precisare come un’eventuale Brexit non indebolirà i rapporti con l’Unione Europea, e un aggiuntivo registro aggressivo e triviale che piace al suo elettorato.
Ha definito “villana” (nasty) Meghan, duchessa del Sussex che, da signorina Markle e attivista politica, avevadetto a suo tempo di trovare Trump “divisivo e un gran misogino”.
Ha definito “villano” e basso (perché mai farsi mancare un rilievo sull’aspetto fisico) anche il mite sindaco di Londra Saddiq Khan, laburista, già più volte insultato in quanto musulmano. Sull’Observer Khan ha scritto come Trump sia un esempio di minaccia globale. “Nel mondo l’estrema destra cresce – scrive il primo cittadino di Londra – e sono in pericolo valori conquistati a caro prezzo, che in questi settant’anni hanno definito le nostre società come liberali e democratiche. Viktor Orbán in Ungheria, Matteo Salvini in Italia, Marine Le Pen in Francia e Nigel Farage qui nel Regno Unito stanno usando gli stessi termini fascisti del ventesimo secolo “. Sadiq Khan conclude ricordando quanto sia pericoloso non avere il coraggio, da cittadini, di dire ciò che pensiamo sia la verità ai potenti. L’appuntamento per i settantacinque anni del D-Day rinfrescherà la lezione.
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