Ecco che arrivano
l’onda verde europea
e l’onda nera italiana
L’onda verde, europea, contro l’onda nera, soprattutto italiana e francese. E’ il riassunto dei risultati di queste elezioni europee, descrive bene anche lo stato d’animo contrastato, vagamente bipolare, che le due maree suscitano in uno come me: ecologista, europeista, atterrito dall’impennata dei partiti di estrema destra in molto Paesi europei a partire dall’Italia.
Parto dall’onda nera. Il trionfo di Orban e la conferma del “Rassemblement national” di Marine Le Pen erano annunciati, più sorprendente è il 34% della Lega di Salvini: 34%, come non era mai successo nella storia repubblicana d’Italia un partito di estrema destra ottiene nelle urne oltre un terzo dei consensi. Di più, di peggio, c’è che la Lega è al governo – per merito soprattutto dei Cinquestelle: salutare la loro batosta -, e che d’ora in avanti detterà sempre di più l’agenda politica italiana.
L’onda nera in Europa è andata meno bene del temuto – l’Afd in Germania supera di poco il 10%, Vox in Spagna si ferma al 6%, perde voti in Austria l’Fpö, vince in Polonia il partito nazionalista di Kaczynski ma tallonato dalla coalizione di centrosinistra – e dunque il rischio di un Parlamento europeo a trazione, anche solo parziale, sovranista sembra scongiurato. Ma il pericolo resta grande, e minaccia di crescere ancora se nei prossimi cinque anni le politiche europee continueranno a seguire la traccia del recente passato: una visione ideologica dell’austerità finanziaria che ha impedito risposte dinamiche ed efficaci alla crisi economica esplosa nel 2008, alimentando un vasto e crescente disagio sociale che ha dato fiato alle forze neonazionaliste; l’incapacità di mettere in campo un’idea di Europa più democratica, cominciando dalla legittimazione delle istituzioni comunitarie.
Di questo innegabile fallimento portano la responsabilità principale popolari e socialisti, partner di maggioranza nell’Europa comunitaria di questi anni; per questo è tanto più preziosa l’avanzata dell’onda verde, cioè di partiti fortemente europeisti ma decisi a cambiare volto all’Unione. L’onda verde ha percorso buona parte dell’Europa al voto. Nei due Paesi leader dell’Unione, Germania e Francia, i Verdi hanno sorpassato i socialisti diventando, rispettivamente, il secondo e il terzo partito (21% e 15%), e sono sopra il 10% anche nei Paesi Bassi, nel Regno Unito e poi in Austria, Belgio, Lussemburgo, Irlanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, Lettonia, Lituania. Hanno ottenuto seggi pure in Spagna e Portogallo dove facevano parte di liste “plurali”.
I Verdi, per la loro storia e il loro orizzonte culturale e programmatico, sfuggono in parte all’etichetta di “sinistra”. Ma sono una forza squisitamente progressista, fautrice di una società aperta e inclusiva: in questo senso sono certamente “sinistra”, e del resto la loro avanzata è avvenuta quasi dappertutto a scapito dei partiti della sinistra tradizionale.
E’ presto, sicuramente troppo presto, per immaginare che i Verdi si avviino ad occupare in Europa il posto che è stato per decenni dei partiti socialisti. Ma collegando il loro successo numerico al fatto che sono in assoluto tra i partiti più votati dagli elettori giovani, si può dire senz’altro che senza i Verdi, le loro idee e proposte, la sinistra europea ha poco futuro.
Negli ultimi mesi l’Europa è stata attraversata da un grande, inedito movimento giovanile che fa della lotta ai cambiamenti climatici, della messa in mora delle classi dirigenti “adulte” incapaci di misurarsi con questa sfida, il cuore di un’idea generale di cambiamento sociale e culturale. E’ lo stesso cambiamento proposto dai Verdi con il “green new deal”, progetto di un nuovo patto sociale fondato su un’economia senza più carbonio e su una lotta senza quartiere alla crisi ecologica e al tempo stesso alla povertà. Si vedrà nei prossimi mesi se gli altri “europeisti”, in particolare i partiti socialisti, sapranno raccogliere questa sfida: se sapranno raccoglierla non solo a parole, come spesso hanno fatto nella campagna elettorale europea, ma nei comportamenti concreti. Quanto al nostro “ridotto” italiano, dove l’onda verde quasi non si è sentita e l’onda nera è stato uno tsunami, qui i tempi della “riscossa” saranno prevedibilmente più lunghi che altrove: ma il Pd come gli altri attori del mondo progressista per accorciarli almeno un po’, dovranno anche loro imboccare con concretezza quella stessa strada – “green new deal”, riformismo europeista – che nel resto d’Europa sta riuscendo a tagliare i rifornimenti all’onda nera.
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