Lombardia, la sorda
lotta tra la Lega
e Letizia Moratti

Da alcuni giorni circola sui social una petizione: firma per chiedere al governo la nomina di un commissario, che si occupi finalmente di vaccinare i lombardi. Finirà così, con un commissario governativo a rimediare ai guai prodotti da un sistema sanitario, che si vantava il migliore, il più efficiente, il più qualificato in Italia?
Un anno di covid ha svelato l’inganno. Non è questione degli ultimi mesi, non è solo questione di Aria, l’azienda nata per gestire i servizi informatici regionali e che avrebbe dovuto in questi giorni, in questi mesi, dare un ordine alle vaccinazioni.

Da Formigoni a Fontana

Nel disastro d’oggi si contano responsabilità che risalgono di decennio in decennio a Formigoni, finito in galera per corruzione, a Maroni, a Fontana, l’ultimo arrivato, a Forza Italia e a Comunione e Liberazione e alla loro ansia di privatizzazioni; alla Lega, che con famelica ferocia ha invaso ogni angolo di ospedale o di azienda territoriale; all’assessore Gallera, che ci spiegava, dita orientate verso la telecamera, come in virtù delle statistiche bisognasse avvicinarsi a due contagiati per essere a propria volta contagiati, come insomma bisognasse darsi appuntamento almeno in tre al bar per subire l’assalto del perfido morbo.

Alla resuscitata Letizia Moratti, che in due mesi è riuscita solo a contrattare con il suo partito la candidatura alla presidenza regionale, con la devota ammirazione del Corriere, e a resuscitare l’indomito Bertolaso, lesto a girare in elicottero per sorvegliare le consegne del Pfizer tra i borghi incontaminati della montagna (dieci abitanti vaccinati: siamo dunque al cento per cento). Peraltro anche la signora Moratti, immobile nel suo marmoreo sorriso, non ha esitato a presentarsi sotto qualche tendone da circo esibendo la divisa della protezione civile.

A fondo classifica per somministrazioni

Risultato: con gli ultraottantenni la Lombardia è in fondo alla classifica, nessuna certezza è data agli altri, si inventa ogni giorno una nuova categoria di privilegiati, si vorrebbe selezionare in base al pil, si aprono falle che consentono furbesche intrusioni e seminano confusione, persino panico, con la gente che corre dove non dovrebbe, perché il terrore di perdere il posto vola sul filo degli sms, attraverso i quali i vaccinandi devono essere convocati.

Come non sempre succede, con la conseguenza che nei giorni scorsi in varie province, da Lodi a Monza, da Como a Cremona, si siano presentati più medici con le loro siringhe e i loro vaccini che ultraottantenni: non erano stati avvisati (ancora ieri a Cremona, seicento slot disponibili, solo cinquantotto anziani avvertiti: infermieri e impiegati si sono dati da fare affidandosi alle telefonate).

O succede a prescindere dalla geografia che evidentemente il cervello di Aria non conosce: così capita al fortunato selezionato di dover percorrere cento chilometri all’andata per raggiungere l’ambulatorio, luogo della somministrazione, e altrettanti per tornare a casa. Per la salute del nonno si fa di tutto.

Il tridente Moratti Fontana Bertolaso

Per il formidabile tridente MorattiFontanaBertolaso la colpa è ovviamente sempre degli altri: prima l’Europa, che non consegna le magiche fialette, poi il governo che non le distribuisce e non si fa sentire, quindi Arcuri che si distrae. Ora, dal momento che gli sms non partono, che arrivano alle persone sbagliate, che le liste non funzionano, dal momento che tutto questo avviene in Lombardia, tocca ad Aria: su qualcuno o qualcosa, l’azienda regionale nella fattispecie, bisognerà pure scaricare la responsabilità.

Il solito Corriere lo illustrava senza timidezze: “Oggi la resa dei conti. Moratti annuncia misure drastiche”. Il nome del primo “scaricato” è quello del presidente di Aria, Francesco Ferri, bocconiano, pupillo di Berlusconi. Pazienza, un posto eccellente per lui prima o poi lo si troverà. La famiglia è sempre la famiglia.
Per rimediare, la Moratti ha deciso che delle chiamate dovranno occuparsi le Poste: “Accelerare l’ingresso in campo di Poste italiane come nuovo gestore delle convocazioni”, azzardava ancora il Corriere. “Accelerare”, nel senso che dunque si va di fretta. Ma si dovranno accelerare anche le vaccinazioni e si sospetta che nella mente della Moratti s’agiti la chimera dei privati in azione: da giorni si dice del compenso, diciotto euro a puntura. Solo perfide voci? Risoluta l’assessora Letizia: “Le cose che non funzionano vanno cambiate”. Con il conforto di Salvini: “Chi sbaglia deve pagare”.

Le mani su Aria, azienda per gli acquisti

Il capo leghista sventola la bandiera della fermezza, ma evidentemente medita di allungare le mani sull’Azienda regionale per l’innovazione e gli acquisti, creata nel 2019 dal tandem del Carroccio Fontana-Caparini (tuttora assessore al bilancio), con la fusione della Centrale acquisti, di Lombardia informatica e di Infrastrutture lombarde, un’azienda inventata dai leghisti ma affidata al citato Ferri, accompagnato da un direttore generale, Filippo Bongiovanni, vicino a Fontana e alla Lega. Uno a uno.

Azienda presentata come “soggetto unico in Italia per competenza e completezza della capacità di innovazione, nella valutazione della spesa e nella rigenerazione dei processi di acquisto”. Appunto. Al primo tocco di covid, sono arrivati gli intoppi. Proprio a proposito di “processi di acquisto”, si scoprì che calzari, copricapi e camici per infermieri e medici provenivano dalla Dama spa, controllata da Andrea Dini, cognato del cosiddetto governatore lombardo, partecipata al dieci per cento dalla moglie del medesimo governatore. Inchiesta giudiziaria e tra gli indagati è subito comparso il nome di Bongiovanni, che si dimise.

Cinque piani vaccinali cambiati in due mesi

Al suo posto arrivò dal Veneto Lorenzo Gubian (pare destinato ora a subentrare a Ferri). Solo che non è andata troppo bene neppure a lui: Aria ha lanciato tredici gare per l’acquisto dei vaccini antinfluenzali (quelli ovviamente per il consueti malanni stagionali), ma molte fiale sono arrivate a prezzi record e in ritardo, quando non servivano più, a tempo scaduto.
Cambiati in due mesi cinque piani vaccinali, due assessori al welfare, due commissari, due direttori generali al welfare, siamo costretti a chiedere quali traguardi a vantaggio della salute dei lombardi abbia tagliato la Moratti, piombata in Regione il lontano 8 gennaio, che è riuscita però nel frattempo ad allestire un lussuoso ufficio, a rinfrescare lo staff, a riesumare Bertolaso, per muovere con lui l’assalto alle postazioni della Lega, fronteggiata con il solito opportunismo dal furbone Salvini, che ha capito che non potrà presentarsi alle prossime elezioni con gli uomini capifila della sciagurata stagione del covid.

Mentre continua la conta dei morti e dei contagiati (rispettivamente settantasette e duemila e cento ieri), siamo alla miseria di uno scontro di potere per una poltrona e, oltre la poltrona, per il controllo futuro della spesa milionaria della sanità, la prima voce del bilancio regionale, autentico volano del potere e delle clientele.
Se l’opposizione non si sentirà o si sentirà poco, il rischio è che alla fine, dimenticata come si spera la pandemia, la contesa sia ancora tra quei due.