Lo sguardo di Trotula, la prima donna
che diventò medico in Europa

Si chiamava Trotula, Trottola, Trota, Trocta o forse Trotta. Apparteneva alla nobile famiglia dei De Ruggiero, ma forse no. Potrebbe aver sposato Giovanni Plateario e aver avuto tre figli. Però forse il marito si chiamava Matteo.
Della vita di Trotula sappiamo molto poco, abbiamo indizi, supposizioni. Anche il periodo in cui è vissuta è incerto: pare sia nata nel 1030 e morta nel 1097, ma c’è anche chi dice che invece appartenga al secolo successivo. Le controversie sono tali che qualcuno ha messo in discussione persino l’esistenza di questa donna straordinaria: forse stiamo parlando solo di un mito, una figura leggendaria.

Una donna medico alla scuola di Salerno

E invece no. Pietro Greco nel suo nuovo libro (Trotula, la prima donna medico d’Europa, L’Asino d’oro edizioni, pp. 205, euro 15,00 se acquistato sul sito dell’editore con accesso immediato all’e book e invio del libro cartaceo appena riprenderà l’attività di spedizione), sostiene che ci sono prove del fatto che Trotula sia esistita davvero e che davvero sia stata un grande medico, la più importante esponente di quelle donne che mille anni fa nella scuola di Salerno si occupavano di salute. E, probabilmente la prima ad inaugurare in Europa la cosiddetta “medicina delle donne”. Non solo, il suo lavoro non sarebbe un fulmine a ciel sereno, ma la conseguenza di una mente geniale che si è trovata al posto giusto nel momento giusto.

Per separare il grano dal loglio, ovvero ciò che è vero da ciò che è mito sulla figura di Trotula, Greco ci conduce in un viaggio nella Salerno dell’XI secolo dove esisteva la più importante scuola medica d’Europa. Una scuola laica che operava già prima dell’anno mille al di fuori dei conventi, dove invece dopo la caduta dell’Impero romano veniva sempre praticata la medicina.

Perché proprio a Salerno era nata questa scuola e perché lì poté operare Trotula? La storia è lunga, ma basti ricordare che gli elementi che concorrono a questo fenomeno sono molti: un governo in mano prima ai longobardi e poi ai normanni che favorisce la cultura laica e l’integrazione, la ricchezza della città, il clima di contaminazione culturale per cui le conoscenze di latini, longobardi, normanni, bizantini, arabi ed ebrei si incrociano e si compenetrano anche per quanto riguarda la medicina.
Trotula è figlia di questo mondo. E’ una figlia fortunata: non sappiamo se facesse davvero parte della potente famiglia dei De Ruggiero, ma sicuramente doveva essere benestante, inoltre nasce nella città che già all’epoca era conosciuta come la “città di Ippocrate” grazie alla sua importante scuola medica. E a questa scuola hanno accesso le donne, cosa davvero non banale in quel periodo storico (ma anche per molti anni a venire, se si pensa che l’accesso alle università italiane viene concesso alle donne solo nel 1874).

Una medicina molto attenta alla prevenzione

In quella scuola Trotula si distingue tanto che diventa magistra (il massimo riconoscimento della scuola) o forse – dicono alcune fonti – quasi magistra (perché anche in quella città ricca, laica e aperta era forse un po’ troppo far salire una donna fin sulla vetta della carriera). Comunque Trotula si dedica alla pratica ma anche alla teoria. Da un lato cura le donne, dall’altro scrive diversi trattati sulla medicina. Non si sa se siano tutti usciti dalla sua penna o alcuni di essi siano ispirati dalle sue lezioni e scritti da sue allieve, ma insomma i suoi testi hanno successo in tutta Europa.
I suggerimenti per quanto riguarda l’ostetricia, ad esempio, si tramandano fino all’inizio del XIX secolo non solo tra i medici, scrive Greco, ma anche nella cultura popolare.
La medicina di Trotula è una medicina soft, diremmo oggi. Attenta più alla prevenzione che alla cura e più alle terapie dolci che a quelle invasive. Il cui punto di forza era la cura dell’igiene. E si occupa di cose di cui nessuno si occupava all’epoca, ad esempio dell’infertilità femminile e maschile (ed è chiaro come fosse dirompente in quel momento attribuire la causa dell’infertilità anche all’uomo), oppure del desiderio sessuale femminile considerandolo un fenomeno del tutto naturale e non un peccato. Trotula non ha preconcetti morali, ma scrive con un atteggiamento di distacco di tipo scientifico. E riesce, in una branca del sapere presidiata dai medici maschi, a sollevare l’interesse per i bisogni delle donne. Una medicina delle donne fatta da una donna, come scrive Pietro Greco, una coscienza che ritroveremo (con tutte le differenze del caso) così forte con le lotte femministe degli anni Settanta del Novecento, quando le donne cominciarono a gridare “Io sono mia”.

 

 

Pietro Greco

Trotula. La prima donna medico d’Europa

L’Asino d’Oro