L’Italia del lavoro “ribolle”: mille piazze contro il declino
C’è stato un lontano tempo (la metà dell’Ottocento) in cui i braccianti della valle padana avevano adottato un grido di battaglia dialettale: “La bóje, la bóje e debòto la va dessora!”. Voleva dire “bolle, ribolle e all’improvviso tracima”. Non siamo certo a questo punto, ma non può non fare impressione la cadenza impressionante con la quale, non i braccianti, ma l’intero mondo del lavoro, sta manifestando nelle piazze italiane.
In piazza per il futuro al lavoro
Tutto è cominciato il 9 febbraio, con un grande appuntamento organizzato da Cgil, Cisl e Uil, in piazza san Giovanni a Roma con lo slogan “Futuro al lavoro”. Ecco il 15 marzo lo sciopero generale degli edili. Manifestano in piazza del Popolo e chiedono investimenti dopo la perdita di 600 mila posti di lavoro e la chiusura di 120 mila aziende.
È un susseguirsi di appuntamenti di lotta. A Bologna si celebra un Primo Maggio speciale. Una gran folla sotto l’insegna: “La nostra Europa: lavoro, diritti, stato sociale”. A Matera il 6 e 7 maggio ha luogo un’iniziativa unitaria su lavoro e cultura.
È poi la volta di altri fondamentali settori del sindacato. Il primo giugno si ritrovano in piazza San Giovanni i pensionati . “Dateci retta”, dicono le “pantere grigie” che reclamano risposte su sanità, non autosufficienza, fiscalità, previdenza. E l’otto giugno, sabato scorso, ecco la manifestazione in piazza della Repubblica dei lavoratori del pubblico impiego. Chiedono tra l’altro il rinnovo dei contratti fermi da anni, lo sblocco del turnover. L’unica risposta del governo consiste nel far intervenire la polizia per “arrestare” uno striscione della Uil ironico nei confronti di Di Maio e Salvini.
Le tute blu allo sciopero generale
Non è finita. Il 14 giugno, venerdì prossimo i metalmeccanici, dopo anni fatti anche di contrasti, ritrovano l’unità è indicono uno sciopero generale. Dicono tra l’altro Fiom-Fim-Uilm:
“il governo e le imprese non possono scaricare sui lavoratori la nuova crisi che stiamo vivendo: per affrontare la situazione sono necessari investimenti pubblici e privati per l’innovazione, le competenze, l’ecosostenibilità, l’occupazione, la prevenzione e la salvaguardia di salute e sicurezza”.
E poi? Poi Il 22 giugno ci sarà un appuntamento, sempre indetto da Cgil, Cisl e Uil, a Reggio Calabria per tutto il mezzogiorno. E’ il ritorno in una città che è rimasta nella storia per quella manifestazione contro i “boia chi molla” negli anni 70. Ora si torna nel dimenticato Sud “per rompere il muro della rassegnazione, per dire che serve una nuova grande stagione di politiche contro la precarietà, per il lavoro e la sua dignità…”.
Dalla Whirlpool all’ex Ilva: tutte le crisi aperte
Tutto questo mentre decine di aziende sono impegnate in lotte per la difesa del posto di lavoro. Tra queste la Whirlpool, al centro di una lunga ripresa televisiva di “Propaganda Live” di Diego Bianchi, una trasmissione cara alla sinistra, stupita dagli applausi degli operai campani espressi nei confronti del compaesano Luigi Di Maio, visto come il possibile salvatore dell’azienda.
Molti altri luoghi di lavoro sono minacciati: ex-Ilva, Anpal, Mercatone uno, Agile, Auchan, Ferrosud, Arcella… Insomma è davvero un paese che “bolle”. Anche se ancora non riesce a scuotere quelle che un tempo si chiamavano “autorità di governo” e che ora sembrano solo intente a impegnarsi nelle dirette di Facebook onde strappare facili applausi per promesse che poi non trovano sostanza.
Sindacati sul piede di guerra
Anche per questo è riapparsa la parola “sciopero generale”. L’ha pronunciata Maurizio Landini interpellato tra la folla che manifestava sabato scorso con le lavoratrici e i lavoratori dei servizi pubblici: “Non escludiamo lo sciopero generale…Siamo qui per chiedere un cambiamento vero: bisogna invertire la tendenza, cambiare le politiche e sociali, che sono sbagliate. Se il governo vuole cambiare, ha bisogno dei lavoratori”. Certo la decisione dovrà essere assunta, nel caso, con Cisl e Uil. Dal canto suo Annamaria Furlan (Cisl) ha affermato: “Ancora niente. Tante promesse e dichiarazioni ma zero fatti. Per questo oggi migliaia di lavoratori protestano, per cambiare la linea del governo. Siamo già in ritardo, servono risposte pronte”. Mentre Carmelo Barbagallo ha commentato: “O ci ascoltano, oppure le liti che fanno con l’Europa le faranno anche con noi. Lavoriamo per avere un incontro con il governo e avere risposte sulla nostra piattaforma. Siamo pronti a tutto, e le piazze ci dicono che facciamo bene”.
Sono dichiarazioni impegnative. Certo, come molti osservatori hanno fatto notare, una buona parte di coloro che hanno occupato e occuperanno le piazze sindacali, hanno votato 5 stelle o Lega. É probabile che però, difronte alla realtà delle cose, cambino opinione oppure pensino che, proprio attraverso una decisa azione sindacale, si possa far cambiare opinione ai “gialloverdi” governativi. Anche perché non vedono altre vie d’uscita. Per non “tracimare”, insieme a un sistema economico già abbastanza scosso.
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