Lgbt e quella Q che chiede rispetto, dialogo a distanza sui queer con Salvatore Veca

Nel corso delle mie conversazioni epistolari con il compianto filosofo Salvatore Veca, dinanzi all’aggiunta, sempre più frequente, all’acronimo LGBT della lettera Q (queer, vale a dire eccentrico, bizzarro) e allo sviluppo, ad esempio, di una teologia queer (il Dio queer come un Dio trascendente che infrange gli schemi) e, più in generale, di studi queer, da medico mi ponevo la questione dei limiti delle definizioni e delle “etichette”, non di rado vissute come un rifugio identitario.

D’altro canto, autori come Plessner indicano nell’eccentricità un attributo essenziale degli umani: non coincidiamo con noi stessi. E dunque mi chiedevo: se fossimo tutti, e in maniera diversa, queer? Se il vocabolo comprendesse ciascuna e ciascuno di noi, nella propria individualità, unicità ed eccentricità? Se il nostro globo fosse popolato da otto miliardi di queer?

“Siamo tutti queer”

Pronta la risposta di Veca. Se tutti fossimo queer, se queer significasse, semplicemente, persona o essere umano, saremmo alla mera tautologia. Dire “tutti gli umani sono queer” sarebbe come dire “tutti gli umani sono umani”. Avvalendoci invece di quello che la “logica dei predicati” chiama un “quantificatore esistenziale” (“c’è almeno un queer”; qualcuno, dunque, è queer), possiamo impegnarci nelle seguenti prescrizioni: “un queer è degno di uguale riconoscimento”, “a un queer è dovuto eguale rispetto”. Già; approdiamo in tal modo al pieno riconoscimento e all’eguale rispetto. E ciò non è scontato, anzi: si tratta di lottare, di estendere i diritti, di modificare le prospettive abituali e gli schemi ereditati dal passato, di vincere resistenze e spinte involutive, di ampliare i nostri orizzonti culturali.

Foto di naeim a da Pixabay

E, aggiungo io, nel corso di tale battaglia, sicuramente di lunga lena, potremmo anche dire: siamo tutti/e queer. Sia perché i diritti di alcuni sono i diritti di tutti, sia perché, in effetti, in quanto umani non coincidiamo mai del tutto con noi stessi. E quindi neppure con le etichette e le definizioni che, comprensibilmente, mi sembravano limitanti e anguste, per i molti e per i pochi.