Leggere i greci per pensare la politica: Montevecchi sull’Empedocle di Colli
A cento anni dalla sua morte, Giorgio Colli resta un enigma della filosofia italiana. Nonostante i suoi molteplici contributi intellettuali, si può dire che la sua figura sia stata in larga parte condannata all’oblio. È in questo silenzio che fa breccia il breve saggio di Federica Montevecchi, Sull’Empedocle di Giorgio Colli (Luca Sossella Editore, Bologna 2018, 64 p., € 9,-), il quale si propone di presentare le riflessioni colliane sul filosofo agrigentino come l’emblema di un preciso costume intellettuale, in cui pensiero e azione sono posti in una continuità inscindibile.
Nella premessa che introduce il saggio, Montevecchi delinea il percorso filosofico di Colli, il cui punto di partenza si situa nel confronto col pensiero di Friedrich Nietzsche. Di Nietzsche Colli fa proprio lo sguardo sulla grecità, volto non a tradurre, bensì a cercare degli interlocutori sulla base del testo e di un sentire comune. Il dialogo non solo con Nietzsche e i greci, ma anche con Kant, Schopenhauer e le filosofie orientali stimola l’elaborazione della filosofia di Colli, che indaga la natura del pensiero e la riconduce all’opposizione fondamentale di espressione e immediatezza. Questa opposizione viene spiegata da Montevecchi come una polarità fra ciò che è pensiero (logos) e ciò che è altro dal pensiero (alogon): una prospettiva radicalmente diversa rispetto al tradizionale dualismo esclusivo di razionalità e misticismo, verità e apparenza.
A partire da questa prospettiva, Colli propone una nuova lettura della storia della filosofia, che esplora le radici mistico-simboliche del pensiero filosofico. Questa ricerca si riflette nei grandi progetti editoriali di Colli, che trovano in più di un caso l’opposizione del sapere ufficiale e accademico. Montevecchi dedica pagine profonde alla politica editoriale di Colli, spiegandola come espressione di un modo di vivere il suo ruolo di filosofo, educatore ed editore; in particolare, Colli esplica con l’esempio la sua inattualità, che si manifesta come una profonda critica del presente portata avanti tramite l’azione.
Questa biografia intellettuale in nuce introduce il lettore alle riflessioni su Empedocle. Colli fonda la sua interpretazione su due fonti solitamente trascurate dagli storici della filosofia a lui contemporanei. Infatti, da un lato, ritiene che Teofrasto, allievo di Aristotele, riporti una testimonianza più affidabile del pensiero di Empedocle rispetto alle semplificazioni dell’interpretazione aristotelica. Dall’altro, dà credito alla lettura che di Empedocle propone il poeta-filosofo Friedrich Hölderlin. Nel pensiero di Empedocle, il mondo fisico è la manifestazione sensibile di una vitalità nascosta la cui radice è insondabile; Teofrasto e Hölderlin colgono questa intuizione fondamentale perché condividono con Empedocle, nonostante la distanza temporale che li separa, un sentire comune.
È in virtù di questa sensibilità comune che Colli riconosce e fa propria una ricerca della conoscenza che ne ridefinisce il potere e i limiti. Montevecchi precisa che, nel pensiero di Giorgio Colli, la forza della conoscenza sta nel prendere parte alla polarità di logos e alogon, in cui l’espressione trasforma ma allo stesso tempo conserva l’immediatezza vitale di cui è manifestazione. In altre parole, la ragione sorge da qualcosa che non è concettualizzabile, e tuttavia non cerca di separarsi, bensì trae forza, dai suoi limiti. Pertanto, nella lettura di Montevecchi, Giorgio Colli ed Empedocle condividono – ed esprimono nella loro filosofia – l’esperienza della complessità del pensiero umano, irriducibile a uno dei suoi poli: logos o alogon.
A chiudere il saggio Montevecchi pone le riflessioni di Colli sulla teoria della conoscenza empedoclea. Empedocle affida il suo pensiero a un linguaggio poetico che rifugge l’astrazione in favore della forza allusiva della parola. Nell’interpretazione di Colli, la vitalità di questo linguaggio manifesta l’impulso fondamentale che costituisce la realtà: un’attività di pensiero (phronein) in costante tensione fra l’assenza di determinazione e l’assunzione di una forma individuale. In questo modo, in Empedocle il principio della conoscenza coincide con il principio della realtà: il cosmo è la manifestazione fenomenica di un fondamentale sentire comune. È in questo senso che l’Empedocle di Giorgio Colli, da un lato, fornisce un sostegno teorico a quella che diventerà la sua opera Filosofia dell’espressione e, dall’altro, apre nuove possibilità interpretative per la comprensione della cosmologia empedoclea.
Nella sua brevità, Sull’Empedocle di Giorgio Colli riesce a guidare il lettore da una presentazione generale della figura di Colli al nucleo della sua interpretazione di Empedocle. Poiché la chiarezza dello stile non sacrifica la complessità dei problemi che tratta, il saggio si presenta come un’ottima introduzione al pensiero di Colli. Tuttavia, sono tre i temi rispetto a cui Sull’Empedocle di Giorgio Colli offre il suo maggiore contributo filosofico.
In primo luogo, Montevecchi accorda la dovuta importanza alla questione metodologica, perché riflette sul modo di fare filologia di Colli e ne mostra la portata filosofica; è da questa prospettiva che lo studio di Empedocle diventa paradigmatico del modo di fare filosofia di Colli. In secondo luogo, Montevecchi invita a riconoscere nel rapporto di Colli con la cultura una radice politica, intesa «anzitutto come esplicazione di un costume intellettuale ed educativo». In questo modo, l’autrice propo ne una spiegazione originale del rapporto problematico di Colli con la politica. Infatti, benché la politica abbia un ruolo preponderante nelle opere giovanili di Colli, essa sembra scomparire quasi del tutto nei testi più tardi – cedendo probabilmente il posto alla ricerca intellettuale (theoria). In terzo luogo, Montevecchi pone alla base del pensiero di Colli la riscoperta di una logica altra rispetto alle categorie antitetiche del razionalismo tradizionale. Le riflessioni sul rapporto polare che lega il logos all’alogon rappresentano il contributo filosofico più importante del saggio e meritano ulteriori approfondimenti.
Sull’Empedocle di Colli è un libro molto ben riuscito, perché riesce a dire molto in poche pagine. Dire molto in poco è una qualità rara per un libro, perché è il prodotto tanto dell’onestà nei confronti dei suoi protagonisti quanto del rispetto per l’autorità del lettore, che è invitato a diventarne non un mero uditore, ma un interlocutore. Tra le pagine di Sull’Empedocle di Colli si compone un messaggio almeno in parte politico: l’inizio di un dialogo, la ricerca di interlocutori per agire con sguardo critico in una società con urgente bisogno di politica.
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