Le “sette vite” di Lula favorito contro Bolsonaro e la destra brasiliana
Sabato scorso, a San Paolo, Lula da Silva ha lanciato la sua candidatura per le Presidenziali brasiliane del prossimo ottobre. A 76 anni corre per la settima volta come candidato alle presidenziali avendo partecipato, infatti, alle elezioni del 1989, 1994, 1998, 2002 e 2006 e si candidò nel 2018.

Dopo essere stato il presidente più popolare dal 2003 al 2010, con l’87% di gradimento, l’immagine di Lula subì una grossa battuta d’arresto durante l’operazione Car Wash, che a sua volta trascinò in basso l’amministrazione dell’estromessa Dilma Rousseff.
Nel 2018 Lula era il favorito nei sondaggi, ma fu arrestato per ordine dell’ex giudice Sergio Moro nell’ambito dell’operazione anticorruzione Car Wash, una condanna al carcere che lo escluse dalla corsa elettorale in cui vinse Bolsonaro.
L’ex presidente ha passato più di 500 giorni in prigione ed è stato condannato in due casi, ma tutti i procedimenti contro di lui sono stati annullati due anni dopo per manipolazione e persecuzione politica.
La manifestazione di sabato è stata sobria ma forte, nonostante la presenza di leader dei sette partiti che già sostengono Lula oltre i leader di movimenti sociali e personalità politiche, solo Lula e il suo candidato alla vicepresidenza, Geraldo Alckmin, hanno parlato.
Alla conquista del centro
Geraldo Alckmin, che è stato suo rivale nelle elezioni presidenziali del 2006 e che ora è considerato la chiave per attirare l’elettorato di centro-destra non bolsonarista. Ex governatore del PSDB, ha accettato di essere il vicepresidente di Lula dopo aver aderito al Partito Socialista Brasiliano (PSB) e ha aperto una nuova frontiera del dialogo politico in Brasile, soprattutto dopo il successo dell’antipolitica rappresentata da Bolsonaro e dai suoi alleati neofascisti e neoliberisti libertari.
Il matrimonio politico di convenienza tra Lula, favorito nei sondaggi, e Alckmin ha incontrato all’inizio una forte resistenza da parte delle ali più a sinistra del PT, che non perdonano le passate posizioni liberali dell’ex governatore di San Paolo.
La campagna elettorale inizierà ad agosto

L’evento di San Paolo voleva essere una sorta di rievocazione della manifestazione per le elezioni dirette nel paese alla fine della dittatura, a cui parteciparono politici di diverse correnti, uniti dalla lotta per il primo presidente civile del Brasile da eleggere con il voto diretto del popolo brasiliano dopo il regime militare.
Lula ha lanciato un Movimento Andiamo insieme per il Brasile, al quale spera si uniscano altre forze, personalità e gente comune, per dare alla sua campagna l’ampiezza che farà di Lula il candidato della democrazia, della società civile, di tutti coloro che si oppongono, in un modo o nell’altro, a Jair Bolsonaro.
L’idea è quella di combinare l’unità delle forze e la diversità nella rappresentanza di ampie forze che oggi trovano nel leader del Partito dei Lavoratori (PT) l’unica via possibile per sconfiggere l’attuale presidente.
Quello di Lula è stato un discorso sul programma di governo, annunciando quello che spera sia il futuro del paese. Ha confrontato il Brasile di oggi e il Brasile che promette di essere: questo è alla base del suo programma. Come prassi attuale di tutta la sinistra, Lula non ha menzionato il nome dell’attuale presidente, anche quando ha criticato profondamente il governo.
Ha difeso le aziende statali, che promette di risanare. Ha promesso di salvare le banche pubbliche, i programmi sociali che hanno permesso al Brasile, per la prima volta, di ridurre le disuguaglianze che caratterizzano il paese. Ha difeso le università pubbliche, la tecnologia e la scienza. Ha difeso con forza la cultura e gli artisti. Ha promesso di riprendere la politica estera di sovranità nazionale.
Lula ha cercato di trasmettere la sua fiducia non solo sulla vittoria elettorale, ma anche sul fatto che c’è una forza in grado di sconfiggere qualsiasi tentativo di colpo di stato (nei giorni scorsi sui giornali e le tv non si parlava d’altro, creando timori nella popolazione).
Il colpo di Stato è passato da una certezza a una lontana possibilità. La presenza della candidatura di Lula ha reintrodotto la speranza nella sua vittoria, la fiducia che vincerà, governerà e cambierà il Paese in meglio.
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