Le crepe dei populismi
ma la sinistra dov’è?
Molti di noi si occupano maniacalmente della sinistra o di ciò che appare o si autodefinisce tale. Anche io. C’è poco da stare allegri. La divisione fra i due partiti è radicale, forse lo è anche fra i due elettorati. Ovviamente così non si va da alcuna parte. Ovviamente l’idea è che la fine o la decapitazione dell’uno non porterà vantaggio all’altro. Personalmente, malgrado dubbi crescenti, penso che se LeU avrà un risultato a due cifre si rimetterà in moto una dinamica a sinistra. Al tempo stesso non tifo per un tracollo del Pd.
Resta però lontana dai nostri orizzonti la doppia crisi che investe due forze politiche populiste di grande peso nella vita pubblica: Lega e Movimento 5 Stelle.
La Lega diventata una organizzazione nazionale di destra, anzi forse di estrema destra, ha visto in questi giorni la rottura umana, politica e culturale fra Roberto Maroni e Matteo Salvini. Maroni è la Lega degli inizi, quella secessionista che poi andò al governo col Cavaliere. Maroni medesimo fu ministro più volte e non fu, ad esempio, un cattivo ministro degli Interni.
Nella sua sgangheratezza la Lega di allora aveva una idea politica, la sofferenza del Nord, e una ragione d’essere che spesso la portavano a proposte che sfioravano la rottura costituzionale. Poi la questione morale, che travolse Bossi e la sua famiglia, avviò quel partito a un declino da cui lo salvò un “ragazzo di bottega”, cresciuto nella vecchia Lega, allineato ai vecchi capi, che intuì l’esistenza di un voto di destra libero dopo l’emarginazione di Fini e il declino di Berlusconi.
Salvini collocò il partito nell’estrema destra, andò a “fare i sepolcri”, come si dice a Pasqua, in tutte le chiese xenofobe europee, legittimò Casa Pound, insomma fece di tutto per far apparire Gasparri e La Russa due sinceri democratici.
Il voto lo ha premiato, ma i sondaggi dicono che non ha sfondato. Da mesi sta lì. A questo punto il giovane, o ex giovane, Salvini deve fare i conti con un maturo Maroni che ambisce ad un ruolo nazionale forse in accordo con Berlusconi e con la vecchia Lega. Nasce uno scontro. Maroni ha parole amare. Salvini usa la mazza ferrata. Così questo partito può tornare a morire. Non subito, ma è del tutto evidente che la crepa Salvini-Maroni è di lungo periodo così come è evidente che nell’ipotesi di governo Maroni metterà l’esperienza e Salvini quattro chiacchiere da bar. Scrivo questo per dire che la Lega di Salvini è una bolla elettorale che può sgonfiarsi.
Forse si può iniziare lo stesso ragionamento sui 5Stelle. I sondaggi lo negano. L’avversione verso il vecchio sistema politico fa passare, di fronte agli elettori grillini, in secondo piano il fallimento Raggi e i congiuntivi di Di Maio. Tuttavia alcuni sondaggisti dallo sguardo lungo notano crepe nel sistema-5 Stelle a cui si aggiungono le prepotenze della Casaleggio, la corsa solitaria del dandy napoletano con sempre meno alleati interni, il ruolo ambiguo di Grillo che forse è ancora più “stanchino” e soprattutto non vuole rimetterci soldi.
Una sinistra, con tutti i suoi colori e mantenendo tutte le proprie idiosincrasie, che volesse infilarsi nelle contraddizioni dei due movimenti populisti farebbe bene a sé e al paese. Per farlo dovrebbe dare l’idea di voler gareggiare per vincere, dovrebbe perdere l’immagine di partito di combriccole romane o fiorentine e d’altra parte non mettersi sull’Aventino, dovrebbe, cioè, riprendere la strada maestra dei programmi radicalmente riformatori e la via del radicamento popolare.
Non è così. Non sta accadendo questo. Ne parliamo fra due-cinque anni.
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