L’Austria: “Migranti criminali
Arrestiamoli tutti”
Affondano i princìpi dell’Europa
Arrestiamoli tutti. Poi li chiudiamo in campi di detenzione lontani, fuori dall’Unione europea e lì restano prigionieri. Tutti: quelli che hanno diritto all’asilo finché la loro domanda non verrà accettata dal paese in cui erano approdati (come comanda il regolamento di Dublino) e quelli che questa grazia non l’avranno mai e saranno espulsi. I respinti, i reprobi li rimandiamo nel paese da cui erano partiti oppure, se non ci sono accordi per il rimpatrio, “in un paese terzo”. Quale? Non è dato sapere, ma certamente non uno dei 28 che fanno parte dell’Unione: un paese discarica che in cambio di soldi accetti di prendersi in casa gli scarti d’umanità che noi non vogliamo vedere neppure da lontano. E perciò glieli vendiamo così, a scatola chiusa. Poi ne facciano quello che vogliono.
Non è un delirio di Matteo Salvini o dell’avvocato Elio Lannutti, il senatore dei 5Stelle che vuole affondare le navi delle ONG “pagate da Soros”. È un documento ufficiale, un paper come si dice in gergo, che il governo austriaco presenterà nelle prossime ore al Cosi, l’organismo di coordinamento tra i governi UE a Bruxelles in materia di sicurezza. Il quotidiano “La Stampa” ne ha anticipato i contenuti e finora, che si sappia, nessuno lo ha smentito. Quindi dobbiamo ritenere che sia vero. E che sia, formalmente o informalmente, sul tavolo dei capi di stato e di governo riuniti in queste ore a Bruxelles nel Consiglio europeo. Sì, perché da lunedì l’Austria avrà la presidenza di turno del Consiglio e quindi il potere e il dovere di avanzare proposte sulle politiche comuni.
E una proposta c’è. È questa, salvo smentite, come ha fatto capire anche il cancelliere Sebastian Kurz proclamando che “finalmente” imprimeremo “una svolta alla politica europea dell’immigrazione” e spingeremo per trovare un accordo che riesca per la prima volta a far sì che “le persone che si mettono in viaggio verso l’Europa con i trafficanti non sbarchino più in Europa ma fuori dell’Europa”. Per far questo, bisognerà rafforzare Frontex a presidio dei confini esterni e, soprattutto, ripristinare i confini interni per evitare che quelli che comunque riescono ad arrivare in un paese UE si sottraggano al regolamento di Dublino e cerchino di “scegliersi” il paese in cui terminare il proprio viaggio. Fine di Schengen, insomma. E, cosa meno grave ma politicamente altrettanto deleteria per le prospettive dell’Unione, schiaffone sulla faccia del governo italiano, arrivato a Bruxelles per il vertice con l’unico obiettivo di superare Dublino.
Tanto per non lasciare dubbi sulla volontà di difendere i confini austriaci, Kurz, che già si era fatto ampiamente conoscere quando faceva il ministro degli Esteri minacciando di mandare i carrarmati al Brennero, ha fatto organizzare dai suoi ministri dell’Interno, Herbert Kickl, e della difesa Mario Kunasek (ambedue esponenti del partito di estrema destra FPÖ) una grottesca “esercitazione” in cui masse di figuranti esagitati venivano respinti da esercito e polizia mentre simulavano di “invadere” il sacro suolo della patria. Meno ridicoli e più consoni alla tragedia che si sta consumando sono i provvedimenti che Vienna si sta preparando a prendere per gestire il “flusso secondario” (in fatto di eufemismi l’ipocrisia europea è maestra) dei poveri cristi che dalla Germania, in ossequio al regolamento di Dublino, verranno rimandati in Italia dove erano approdati a suo tempo, per una scelta cui la cancelliera Angela Merkel sarà costretta obtorto collo per non farsi sfiduciare dalla CSU del ministro dell’Interno Horst Seehofer. Cosicché nel prossimo futuro al Brennero vedremo uno spettacolo rovesciato: migliaia di profughi che invece di passare dall’Italia all’Austria faranno il percorso opposto.
Il governo italiano, in coerenza con la propria posizione di superamento di Dublino, cercherà di opporsi? Saremo noi, stavolta, a minacciare di mandare i carrarmati al Brennero, schiereremo i carabinieri e intanto costruiremo un bel muro, o magari utilizzeremo quello innalzato a suo tempo dai gendarmi austriaci?
Vedremo. Intanto una cosa è certa: Schengen sta andando al diavolo. La libertà di circolazione delle persone, forse il caposaldo più importante del sistema di princìpi su cui si basa l’Unione europea, forse fra poco sarà un ricordo per le anime belle. E, come dicono concordi gli economisti, dove non circolano liberamente le persone prima o poi non circolano più liberamente neppure le merci. D’altronde non lo avete sentito il sodale di Salvini Luigi Di Maio sostenere che i dazi “non sono più un tabù” davanti a una platea (plaudente) di imprenditori agroalimentari? Forse non gli hanno spiegato che da molti decenni a decidere sui dazi non sono più gli stati ma l’Europa, come gli hanno puntualmente fatto notare da Bruxelles. Oppure lo sa, ma non gliene importa nulla: l’importante è strappare un applauso e qualche peloso consenso.
L’Europa rischia sul serio di sfasciarsi. E in nome di che cosa? Di una “invasione” che non esiste: gli arrivi di migranti rispetto al 2015 si sono ridotti di più del 90%. Di un sistema di pregiudizi popolari elevati a princìpi di stato: “La crisi migratoria – si legge nel paper austriaco – ha avuto un impatto negativo sia sulla fiducia delle persone che sulla sicurezza in quanto tale”. Di previsioni fondate sulla paura piuttosto che sulla volontà di governare gli eventi: “In caso di ulteriori crisi migratorie, che purtroppo sono prevedibili, la distribuzione dei migranti potrebbe portare a una ulteriore destabilizzazione della situazione”. Di luoghi comuni diffamanti: “Non sono i più bisognosi a venire in Europa, ma soprattutto le persone che possono permettersi di pagare i trafficanti e che si sentono abbastanza forti da affrontare viaggi pericolosi”. Di infami criminalizzazioni: “A causa di fattori legati al loro background e alle loro scarse prospettive” i migranti “hanno problemi a vivere in società libere e tendono addirittura a rigettarle”, ragion per cui sono “particolarmente suscettibili alle ideologie ostili alla libertà e inclini a rivolgersi al crimine”.
Questi sono gli argomenti che vengono sottoposti all’attenzione dei massimi rappresentati dei paesi europei. Da parte di un governo, non di un partito. Del governo di un paese di antica e alta civiltà, che oggi, di fronte all’arrivo di qualche decina di migliaia di poveri cristi in un continente di 500 milioni di abitanti detentori della più grande ricchezza del pianeta, non ha altra soluzione da proporre se non sbarrare le porte e mettere in galera i perseguitati.
Ma il problema non è solo l’Austria, con il suo cancelliere enfant prodige e il suo governo in cui fanno parte ministri esponenti di un partito che non vuole musulmani in casa ed è stanco di sentirsi rinfacciare il passato, quando la parte degli ospiti indesiderati la facevano non gli africani o i siriani, ma gli ebrei. Il problema è l’Europa, se per sistemare i 200 (duecento) naufraghi della Lifeline sono stati necessari giorni di penose negoziazioni tra nove paesi. Duecento diviso nove fa 22,2 periodico. Prenderseli a casa propria questi 22,2 poteva creare un precedente, s’è sentito dire: era una questione di princìpi.
Princìpi?
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