Landini con due vice
alla guida della Cgil. Evitata
una disastrosa rottura
Molti hanno tirato un sospiro di sollievo. Altri hanno mugugnato un po’, per ragioni diverse. La stragrande maggioranza degli oltre 800 delegati riuniti al congresso della Cgil a Bari sembra però uscita da un brutto incubo: quello della Cgil divisa, spaccata. Come se fossimo tornati all’improvviso al 1948, dopo l’attentato a Togliatti, quando il patto di Roma si sfasciò, per la presenza di componenti politiche antagoniste. Non siamo però tornati certo a quell’epoca e nella Cgil, pur tra diverse sensibilità, tra riformisti e movimentisti, come insistono ad annotare tanti commentatori, permane una forte comunanza di idee. E all’esterno non ci sono più grandi partiti di massa (il PCI, il PSI, la Dc), capaci di condizionare i sindacati. E così alla fine tra i gruppi dirigenti si é trovato un accordo. La Cgil resta unita, non solo sui programmi, sui contenuti, ma anche sulle guide di un’organizzazione che resta grande ed estesa malgrado gli sconquassi subiti.
Quindi oggi, giovedì, il nuovo strumento di direzione, un’assemblea generale composta in buon misura da delegati di base, eleggerà Maurizio Landini come segretario generale. Non sarà però, come si suol dire, una specie di “uomo solo al comando”. Avrà al suo fianco come vicesegretario Vincenzo Colla, che ha ritirato la sua candidatura, fedele a quanto aveva sempre detto: “Io non farò mai nulla che possa rompere la Cgil”. Insieme a Colla, ci sarà una vicesegretaria donna. Dovrebbe essere Gianna Fracassi, già facente parte della segreteria confederale uscente, nonché considerata molto vicina a Susanna Camusso. Inoltre nella nuova segreteria composta da dieci persone dovrebbe essere inserito Emilio Miceli, già sostenitore della candidatura Colla e segretario della Filctem (chimici, tessili, energia).
Certo una soluzione inedita. Nel passato si sono esperimentate soluzioni diverse. Come quando si eleggeva un segretario comunista e un vicesegretario socialista. Erano però esponenti di partiti vicini ma non simili. Qui siamo difronte a persone senza partito. E quindi dovrebbe essere una prova di pluralismo, fatto da donne e uomini con culture ed esperienze diverse, ma unite da obiettivi comuni.
Certo non tutti sono soddisfatti. Tra i sostenitori di Colla, ad esempio, molti erano convinti di poter trovare nel Congresso l’oltre 50 per cento dei consensi, quindi speravano di poter ottenere nell’accordo, nella lista unitaria, accanto al triumvirato, un numero di delegati superiore al 40 per cento assegnato, contro il 60 per cento assegnato invece a favore dei delegati favorevoli a Camusso-Landini.
É stato un Congresso a due livelli. Il primo livello fatto di tante testimonianze di lavoro e di vita, di progetti, di denunce e di proposte. Il secondo livello, un po’ sotterraneo, disegnava una tela capace di impedire la temuta rottura. Un Congresso che ha parlato anche alla sinistra politica. Non solo con la piattaforma elaborata con Cisl e Uil e che sarà sostenuta dalla mobilitazione del 9 febbraio, ma anche nella capacità di superare i propri malesseri interni, le proprie differenze, trovando una soluzione unitaria.
É aperta così una pagina nuova per la Cgil? Lo capiremo meglio venerdì mattina quando prenderà la parola per il suo discorso d’inaugurazione Maurizio Landini. Certo non c’è un sindacato da “ricostruire”, come ha osservato tra le intervenute nel dibattito Elena Lattuada (segretaria Cgil Lombardia), ma semmai bisogna continuare l’azione di rinnovamento portata avanti in questi anni da Susanna Camusso. E però sono ancora molti i ritardi e le difficoltà. Come ha osservato Maria Grazia Gabrielli (segretaria Filcams) occorre dedicarsi alla “cura e riabilitazione” della Cgil. Mentre il segretario dei lavoratori delle costruzioni Alessandro Genovesi, ha insistito sul fatto che non basta elencare le cose fatte, le mobilitazioni gestite, con risultati, però ancora scarsi. Ad ogni modo i lavoratori di questo settore daranno vita il 15 marzo ad uno sciopero generale unitario. Non certo uno sciopero “corporativo”. Scioperano per il lavoro, perché si sconfigga un governo neghittoso e si avviino grandi opere di ricostruzione. Scioperano “per il Paese”.
Viene da pensare, ascoltando gli interventi che si succedono al Congresso, che sia stata raggiunta un’intesa gestionale ma non siano stati risolti tutti i nodi politici. Lo si capisce quando si ascolta Fabrizio Solari, segretario del sindacato lavoratori della comunicazione, che mette in guardia da un “accordo politicista “ e aggiunge che non basta “individuare solo gli errori degli altri”, occorre una “capacità di condizionare le cose”. Par di capire, anche nelle parole di Raffaele Atti (sindacati pensionati), che i contestatori della scelta Landini non abbandonano il campo. Non così nei discorsi di Ivana Galli (Flai, agroindustria), di Serena Sorrentino (pubblico impiego), di Francesca Re David (Fiom). É da citare, per la sua capacità comunicativa, sia pure su contenuti assolutamente negativi, l’esponente della mozione “Il sindacato é un altra cosa” Eliana Como, con il suo due per cento di consensi tra i delegati.
Intanto ci si prepara al voto finale. Come ha annunciato Nino Baseotto é stata definita la lista unitaria per eleggere 179 persone del Comitato Direttivo e 302 persone per la nuova assemblea generale.
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