L’allegria di quella piazza
contro
la rabbia delle destre
Il primo ventennio del XXI secolo italiano sta vedendo il compimento di un’importante crisi dell’esercizio politico, le cui radici sono riconducibili almeno agli anni ’80 del Novecento.
Tatticismo esasperato, difficoltà a comprendere e di conseguenza a governare la velocità forsennata delle trasformazioni economico-sociali, autoreferenzialità, linguaggio sempre più irrilevante e lontano dalla difficile quotidianità dei molti: sono i segni distintivi di questa crisi, che ha aperto opportunità di azione a chi abbia le capacità di ristabilire la relazione perduta con l’elettorato. Opportunità colte dapprima dalla destra qualunquista del Movimento 5 Stelle, poi dalla destra populista e neofascista della Lega e di Fratelli d’Italia, quindi dal movimento delle Sardine, dichiaratamente antipopulista e antifascista. Comune a tutte queste espressioni politiche è la manifestazione di piazza, vale a dire l’appello alla corporeità, al suo sentire, ma se qualunquisti, populisti e neofascisti sembrano mirare sopratutto all’emotività, il movimento delle Sardine pare invece riuscire a sollecitare maggiormente il sentimento, favorendo in tal modo la possibilità di recuperare una dimensione positiva ed essenziale dell’agire politico e del suo linguaggio. Che sia così lo dimostrano i comportamenti e le espressioni delle diverse piazze: rabbiosi e impauriti quelli propri delle cosiddette nuove destre, composti e allegri quelli delle Sardine.
Buona retrorica contro cattiva retorica
Va da sé che emozione e sentimento sono difficilmente separabili, ma da un punto di vista comportamentale si può ritenere che la prima guidi la risposta istintiva e temporanea a uno stimolo, cioè una reazione, mentre il sentimento mostra un carattere duraturo e può costituire la rappresentazione cosciente della dimensione emotiva. Non a caso la sfera emotiva è gestita dalla parte più antica del cervello, cioè dal sistema limbico, mentre il sentimento fa riferimento alla corteccia, che è la parte cerebrale più evoluta e responsabile della riflessione. Tutto ciò fa intuire di cosa possa significare sollecitare politicamente l’una o l’altro, come ben sapevano già i pensatori più antichi, tanto che emozioni e sentimenti erano oggetto di attenzione sia della retorica, il discorso che mira alla persuasione politica, sia dell’etica. A differenziare la buona retorica dalla cattiva era, in primo luogo, proprio l’intenzionalità che guidava il discorso persuasivo, espressione di un comportamento esemplare, capace di ascolto, attento agli interlocutori e volto a convincere del vero, non del falso; e, in secondo luogo, il fatto che la buona retorica era finalizzata a sollecitare l’azione mediata dalla riflessione e dalla prova e che poteva svilupparsi nel tempo, che poteva proiettarsi nel futuro.
Da anni la buona retorica è scomparsa dalla politica italiana, così come è venuta meno la capacità di uno sguardo lungimirante, in grado cioè di andare oltre l’immediato, e non si può certo trovarne residue o rinnovate tracce nella mobilitazione delle Sardine. Interessante in questa mobilitazione è però il rifiuto sia della cattiva retorica, quella che sollecita reazioni cieche e fideistiche alimentando non soltanto l’incapacità di guardare al futuro ma anche di leggere il presente, sia del peggior passato, che le nuove destre riabilitano strumentalmente, senza alcuna responsabilità e cura del vero, di cui sono esempi particolarmente preoccupanti le frequenti manifestazioni antisemite e razziste, sia, infine, dell’esercizio politico chiuso in se stesso, rappresentato dai partiti. Tutt’uno con questo importante e articolato rifiuto è soprattutto il richiamo, da parte del movimento delle Sardine, al passato migliore dell’Italia, quello cioè rappresentato dall’antifascismo, e sopratutto al sentimento che lo ha sostenuto e che spingeva ad opporsi al fascismo moralmente, prima che politicamente.
Si tratta di un richiamo al passato, vale a dire al punto di partenza della democrazia repubblicana italiana, che può rianimare il sentimento necessario a rivitalizzare l’esercizio politico tracciando la via da intraprendere per tornare a scrutare il tempo presente e quello che si apre davanti a noi: proprio la storia mostra come il riscatto del passato sia necessario per evitare di trovarsi di fronte a un futuro di macerie.
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