La Superlega, una Restaurazione mascherata da Rivoluzione

Quando si dice “coincidenze non fortuite”. Nelle stesse ore in cui la Juventus perde a Bergamo contro l’Atalanta complicandosi la strada verso un posto nella Champions League della stagione ventura, il titolo della società torinese spicca il volo in Borsa. E certo. Cosa mai può interessare agli investitori piccoli e grandi se i bianconeri guidati (la parola è grossa) da Pirlo, si prendono in Serie A l’ennesima ripassata quando all’orizzonte si vede il rosa dollaroso di una nuova alba chiamata Superlega, un club europeo a numero chiuso o quasi per squadre ricche?

Cos’è la Superlega? Una specie di Nba del football su scala continentale che fa strame di tutto ciò che il calcio europeo – che è poi il calcio tout court – ha alimentato in 160 anni di vita, con passioni popolari dalla piccola città alla capitale, sorprese sul campo alla Davide e Golia, cuore e merito sportivo più importanti, nei sacri novanta minuti più recupero, dei diritti dinastici. Un furto nelle cassaforti dove la passione custodisce l’anima del gioco. Una secessione operata di notte, of course.

Un nuovo campionato europeo


Foto di Riccardo Bresciani da Pexels

Dodici grandi club, i fondatori e promotori dello scempio aizzati da Andrea Agnelli e Florentino Perez (sovrani di Juventus e Real Madrid), hanno annunciato nelle ore buie tra 18 e il 19 aprile, la nascita di un nuovo campionato europeo, la Super League appunto, una “competizione calcistica infrasettimanale – scrivono Bruto, Cassio e gli altri congiurati – governata da AC Milan, Arsenal FC, Atlético de Madrid, Chelsea FC, FC Barcelona, FC Internazionale Milano, Juventus FC, Liverpool FC, Manchester City, Manchester United, Real Madrid CF e Tottenham Hotspur.

È previsto che altri tre club aderiranno come Club Fondatori prima della stagione inaugurale, che dovrebbe iniziare non appena possibile. In futuro, i Club Fondatori auspicano l’avvio di consultazioni con Uefa e Fifa al fine di lavorare insieme cooperando per il raggiungimento dei migliori risultati possibili per la nuova Lega e per il calcio nel suo complesso». Promettere, in nome della riscossa antipandemica un improvement (tanto per dirla in managerese) del football fondando la Super Lega per battere la crisi di un pallone indebitato e carico di plusvalenze fasulle, è come garantire occupazione in Italia appena dopo aver trasferito un’azienda in Polonia o pensare che l’Università a distanza sia meglio delle lezioni in presenza.

Seguite i soldi e si troverà la ratio

Perché i campionati nazionali perderanno fisiologicamente pepe, valore sportivo e appeal economico visto che pur se un club di punta finisce settimo nel torneo domestico, avrà comunque il suo bel posticino garantito in Super Lega, immonda creatura decisamente avversata da Uefa e Fifa, le organizzazioni che governano il football europeo e mondiale e vedrebbero gravemente sgarrettati i tornei da loro benedetti e con essi il loro ruolo egemone nel calcio.

Ideali in gioco? Non scherziamo, la Fifa è scesa in guerra per difendere le sue prerogative e i suoi bei soldi, ricordiamo che ha ufficialmente promosso e glorificato i Mondiali in Qatar del 2022, una macchina calcisticamente assurda che vedrà (con tutta probabilità, purtroppo) rappresentative nazionali giocare in stadi con l’aria condizionata tra novembre e dicembre: una sorta di mutazione genetica della competizione più importante dello sport al vertice di tutti gli sport. Seguite i soldi e si troverà la ratio – pessima di corto respiro, utilitaristica, sprezzante – di ogni giravolta organizzativa.

L’arabizzazione televisiva del calcio

La Super League è un altro passo verso l’arabizzazione televisiva del football, un teatro per esibizioni che possono riuscire appassionanti e deliziose in Mongolia o a Ceylon, ma noiose e disturbanti tra la gente di LIverpool, di Torino, di Milano, di Madrid.

Basta leggere cosa dicono i fondatori del format superleghista, una competizione con 20 club, di cui 15, i fondatori stessi, sempre presenti e “un meccanismo di qualificazione per altre 5 squadre, che verranno selezionate ogni anno in base ai risultati conseguiti. Partite infrasettimanali con tutti i club partecipanti che continuano a competere nei loro rispettivi campionati nazionali, preservando il tradizionale calendario di incontri a livello nazionale che rimarrà il cuore (sic!) delle competizioni tra club”.

Ti pugnalo la Serie A

Ovvero: cara Serie A, cara Liga, cara Premier League, ti pugnalo ma è per il tuo bene. Non è finita: “Inizio ad agosto, con i club partecipanti suddivisi in due gironi da dieci squadre, che giocheranno sia in casa che in trasferta e con le prime tre classificate di ogni girone che si qualificheranno automaticamente ai quarti di finale.

Le quarte e quinte classificate si affronteranno in una sfida andata e ritorno per i due restanti posti disponibili per i quarti di finale. Il formato a eliminazione diretta, giocato sia in casa che in trasferta, verrà utilizzato per raggiungere la finale a gara secca che sarà disputata alla fine di maggio in uno stadio neutrale». E sai che libidine ripapparsi ogni anno le stesse squadre, sempre più gonfie di pedatori iperpagati, gli stessi incroci sul campo.

Addio ai vincitori inaspettati

Presente la Champions 98-99 col Real Madrid fatto fuori dalla Dinamo Kiev? O dal Monaco nel 2003-2004? E l’Inter malmenata dal Villarreal nella stagione 2005-2006? La Super League nasce proprio per ridurre al minimo simili “rischi” e si può dire addio pure ai vincitori di Champions inaspettati, dal Marsiglia al Porto, dalla Stella Rossa al Nottingham Forest. Qualche sorpresa potrebbe spuntare, ma il maledetto format è costruito apposta per dribblarla. Oggi la Champions è più aperta, tanto è vero che l’Atalanta è seriamente candidata al torneo continentale 2021-2022, ma domani? Da tutti i campionati nazionali europei solo 5 club potranno accedere alla Super Lega: peggio che un imbuto, una ghigliottina.

Un’Inter indebitata avrà comunque il suo bel posto al calduccio per diritto divino, idem la Juve e il Milan. All’Atalanta, ben gestita economicamente, con uno splendido vivaio, non basterà più finire terza o quarta in Serie A per giocarsela in Europa. Juve libera (fino a quando?) di sbagliare la campagna acquisti e di spendere per un ex buon giocatore ormai sfiancato come il gallese Ramsey 7 milioni di euro in stipendi, ma garantita dal super circolo dei magnati, mentre l’Atalanta, che con la stessa cifra paga l’ingaggio di Freuler, Gosens, Hateboer, Zapata, Muriel e De Roon, dovrà sudare dieci volte di più per regalare match europei e serate piccanti alla piazza e agli appassionati tutti.

Ingorda filosofia di crescita dei profitti

Il blitz di Agnelli, Marotta (Inter), Gazidis (Milan) e compagnia cantante è una spruzzata di napalm alla diversità biologica del calcio, sulla medesima linea della distruzione di specie botaniche e viventi che ci sta mandando gambe all’aria. Una ingorda filosofia di crescita dei profitti per pochi, una concezione metastatica del calcio come evento che non considera quanto i club di vertice non possano vivere senza le radici dei vari movimenti sportivi nazionali, quanto la Serie B e le altre competizioni fino alla Promozione diano linfa e base e anima al Barnum di punta: è il basso che nutre l’alto, la Super League invece si appropria di un patrimonio comune non riconoscendo che briciole al “sale della terra” calcistico.

Un tempo sull’Almanacco Panini bastavano un paio di righe per elencare lo staff dirigenziale di una squadra di A. Oggi servono mezze pagine per citare la pletora dei manageretti-addetti-ufficistampacircospetti, un esercito di satelliti in pole position nella mangiatoia (e contiamoci anche i procuratori-taglieggiatori), ma che al calcio come disciplina, valori, sport ed emozione non hanno mai, né mai sapranno farlo, regalato alcunché. La Super Lega dei diritti dinastici cristallizzati impunemente e nocivamente vuole sancire un altro dannoso privilegio: una Restaurazione mascherata da Rivoluzione.