La strana guerra
dei telefoni in Russia
“E’ un test dell’Isis per saggiare la capacità di reazione delle forze di polizia russe”. “No, è un attacco dell’Ucraina perché gli IP dei telefoni provengono da quel territorio”. “I responsabili sono quattro russi che vivono oltreconfine e hanno contatti con alcuni basisti in Russia”. Insomma, in definitiva poco o niente. Gli investigatori russi dell’Skr, ma anche quelli dell’Fsb, il servizio segreto, non sono ancora venuti a capo del singolare fenomeno degli allarmi-bomba che dall’11 settembre scorso si è allargato a macchia d’olio per oltre un mese, trasformando quello che in genere è considerato come uno scherzo innocente e malandrino (la telefonata a scuola per annunciare la presenza di una bomba, magari per saltare l’interrogazione) in una vera e propria emergenza sociale, al ritmo di una decina e più allarmi-bomba, non solo a Mosca ma in parecchie città della Russia.
Alla fine si sono contati tredicimila casi di allarmi-bomba in 57 città russe e che hanno coinvolto più di mezzo milione di persone sgomberate in fretta e in furia da scuole, centri commerciali, uffici, luoghi di lavoro, cinema, metropolitane, stazioni ferroviarie, aeroporti e persino palazzi del potere, come il consiglio comunale di Mosca. Nessuno si è fatto male durante le operazioni, nessuna bomba è stata mai trovata. Il fenomeno è diventato in breve tempo talmente radicato nella vita quotidiana dei russi da avere già provocato un’altra sindrome sociale: la depressione, causata dal fatto di vivere in situazioni di continua emergenza. E così anche i blog, molto attivi in Russia, si sono specializzati nel fornire soluzioni per contrastare la fragilità psicologica creata dalla nuova e inattesa emergenza.
Nessuna delle grandi città della Russia è stata risparmiata: oltre alla capitale russa, evacuazioni di massa sono avvenute, tra le altre, a S.Pietroburgo, Nizhnij Novgorod, Stavropol’ e persino nella capitale della Cecenia, Groznij. Alcune persone sono state arrestate, altre sospettate ma il fenomeno, che si è soltanto attenuato nelle ultime settimane, è continuato. Un giovane di Stavropol’ è stato arrestato perché ritenuto responsabile di alcune telefonate e, poiché si è verificato che il ragazzo era di origine musulmana, si è subito parlato di “radicalizzazione”. Da lì a dedurre che dietro questa ondata di allarmi ci fosse l’Isis è stata questione di un attimo.
Invece no. Gli allarmi sono continuati anche dopo l’arresto del ragazzo. In effetti era davvero difficile credere che dietro ad un’operazione così articolata e capillare ci fosse un giovane, o magari un gruppo di “radicalizzati”. Anche la “pista ucraina”, a suo modo più credibile, data l’evidente intento destabilizzatore di chi fa le telefonate, per un po’ è stata seguita ma poi, almeno per il momento, accantonata.
Ora Aleksandr Bortnikov, il capo dell’Skr (Comitato investigativo russo), l’organo di polizia che recentemente è stato coinvolto in alcuni casi di corruzione con la criminalità organizzata (almeno tre alti ufficiali del Skr sono stati arrestati per questo) ha affermato di aver individuato i possibili responsabili: quattro cittadini russi che vivono all’estero con alcune “basi” e “basisti” in Russia. Chi siano, perché lo abbiano fatto e sulla base di quale disegno destabilizzante, non è stato reso noto, mentre si è mossa la Commissione per la Sicurezza della MosGorDuma, il Parlamento cittadino di Mosca con funzioni legislative, che ha proposto di condannare questo “terrorismo telefonico” con pene che vanno dagli 8 ai 12 anni di prigione più sanzioni pecuniarie fino a 1 milione di rubli (15mila euro circa).
In ogni caso, mettere in relazione lo strano fenomeno delle “lozhnye minirovanija” (i falsi allarmi-bomba) con la cyber-war, di cui ha parlato recentemente Putin avvertendo che la Russia “è pronta a raccoglierne la sfida”, sembrerebbe alquanto incongruo: non sembrano paragonabili la semplicità analogica di una telefonata e i sofisticati algoritmi necessari per la guerra del web.
La Russia si trova alla viglia di due grandi appuntamenti: le elezioni presidenziali del prossimo marzo, per partecipare alle quali Putin scioglierà definitivamente la riserva alla fine di quest’anno, e i mondiali di calcio che inizieranno a giugno prossimo. Stabilire un nesso tra quello che è accaduto nel paese negli ultimi mesi e queste scadenze potrebbe non essere del tutto azzardato.
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