La storia di Pierre Seel, l’olocausto gay
raccontato nel film “Il Rosa Nudo”
Il Rosa Nudo è un film sperimentale del regista Giovanni Coda. Anche questa volta il regista sardo creando diversi linguaggi artistici oltre che cinematografici, pur affrontando un tema non facile come quello dell’olocausto degli omosessuali perpetrato dai nazisti, riesce a dare poesia alle immagini in contrapposizione alla narrazione dura e spietata del racconto.
Il film si ispira a episodi della vita di Pierre Seel, che rimarranno indelebili e lo segneranno per tutta la sua esistenza. Una storia coraggiosa quella di Seel, una delle poche persone che ha testimoniato la sua esperienza di deportato in quanto omossessuale.
A 17 anni fu arrestato dai nazisti con l’accusa di omosessualità, venne internato, torturato e violentato, fu costretto ad assistere impotente all’atroce morte del proprio compagno.
La liberazione dal campo di concentramento
Quando fu liberato non parlò con nessuno della sua drammatica esperienza, fu libero dal campo di concentramento ma rimase prigioniero della ghettizzazione che la società riservava agli omosessuali, anche da parte del padre e che non accettò mai la sua sessualità e lo invitò a non parlarne.
Dopo la morte dei genitori, nel tentativo di recuperare un’affettività perduta, una famiglia, si sposò ed ebbe tre figli. Nel 1982, indignato dai violenti attacchi contro i gay da parte del Vescovo di Strasburgo, decise di scrivere la sua autobiografia e di denunciare le atrocità subite.
Nel film viene ricordato come l’ideologia nazista ritenne l’omosessualità incompatibile con i propri ideali, nel 1934 venne creata una sezione della Gestapo che aveva l’ordine di compilare liste speciali.
Nei campi giravano gli ebrei con la stella gialla, i gay col triangolo rosa ( per scherno) e alle lesbiche il triangolo nero (in quanto ritenute asociali). Furono utilizzati come cavie per esperimenti pseudo-scientifici ai quali molti di loro vennero sottoposti da parte del medico delle SS Carl Peter Vaernet
Un incrocio tra documentario e video arte
Il film non è una fiction, ma in maniera sperimentale abbina magistralmente criteri del documentario con quelli della video arte. La narrazione di Massimo Arisu e Cesare Saliu scorre sulle immagini in bianco e nero girate in una ex cartiera dismessa, ricreano emotivamente la tremenda vicenda vissuta da Seel.
Le parole che introducono la pellicola ci introducono nel dramma umano di chi ha vissuto quella terribile esperienza: “ Dimenticare… cancellare… è come se avessi concentrato nella morsa del nazista tutta la mia forza di sopravvivere e non su quella di ricordare”.
Il film è stato ospite il 27 gennaio nella “Giornata della Memoria 2020” organizzato dal MAXXI di Roma, ed è stato inserito nella classifica dei migliori film del decennio passato stilata da una popolarissima rivista di “genere”.
L’opera è stata totalmente autoprodotta attraverso un’attività crowdfunding, giacché non ha trovato produttori disposti ad investire su un progetto di questo genere. Ancora una volta il cinema indipendente viene emarginato dal mercato impedendo al grande pubblico di accedere a nuove forme d’arte, a nuovi linguaggi.
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