La solitudine dell’arbitro Mattarella

L’arbitro Mattarella si accinge a fischiare il finale di partita. E si avvia a dare l’incarico per formare quel governo neutrale, di servizio, con il compito di gestire alcune grandi emergenze del Paese, non oltre la fine dell’anno, preannunciato al termine del terzo giro di consultazioni concluse in uno sconsolante nulla di fatto. Il nome sarà reso noto entro oggi, a scanso di colpi di scena sempre possibili (ed anche per certi versi auspicati) se si dovesse riaprire la possibilità di un esecutivo politico. Un’evenienza che servirebbe a scongiurare nuove elezioni a breve con una legge elettorale che ha dimostrato il 4 marzo di essere sbagliata, tanto da riuscire nell’ incredibile risultato di non riuscire a consentire la formazione di un governo. “Sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica che una legislatura si concluda senza neppure essere avviata. La prima volta che il voto popolare non viene utilizzato e non produce alcun effetto” ha notato con amarezza Mattarella.

Ma questa ipotesi, alla fine di una lunga giornata, non sembra praticabile. E’ stato Silvio Berlusconi a chiudere qualunque possibilità rispondendo a brutto muso alle pressioni della Lega che lo ha inviato in modo palese a farsi da parte per consentire la nascita di un governo Di Maio-Salvini. Niente da fare. “Forza Italia non accetta veti, nessun appoggio esterno” è stata la risposta all’alleato galvanizzato dai sondaggi. Con inusuale durezza, ma tale da mettere il freno a qualche azzurro che comincia a mostrare cenni di cedimento.

I pasdaran del voto subito, “tanto vinciamo noi”, in realtà l’urna sotto l’ombrellone la chiedono ma la temono. Tanto che Luigi Di Maio ha cominciato a parlare della richiesta di un decreto per anticipare a giugno la scadenza. Operando con quale esecutivo non l’ha chiarito. Molto meglio, allora, fare tesoro dei voti già in cassaforte e arrivare a formare un governo. Però non c’è stato niente da fare. Berlusconi è stato irremovibile. Altro che il senso di responsabilità sollecitato dal numero due della Lega, Giorgetti.

E allora si procede con l’itinerario definito da Sergio Mattarella che, incontrando le squadre della Juventus e del Milan, ha fatto una chiara allusione al suo ruolo di arbitro, che “per condurre bene una partita deve avere un certo aiuto di correttezza dai giocatori”. Una correttezza che dai politici in campo non c’è stata. Basti per tutte la bocciatura dell’ipotesi di un governo neutrale arrivata a tempo di record, quasi mentre il presidente la stava ancora illustrando. Comunque il Colle consumati i tempi regolamentari, quelli supplementari e i rigori va avanti consapevole che una raffinata strategia politica può innescare anche imprevedibili atteggiamenti.

Comunque dopo l’incontro con il premier incaricato l’itinerario è già fissato dalla prassi e dall’emergenza. Al Quirinale entro la fine della settimana tornerà il presidente del Consiglio incaricato per illustrare al Capo dello Stato le eventuali disponibilità trovate e con la lista dei ministri. Dopo il giuramento, che potrebbe tenersi anche domenica, ci sarà il passaggio parlamentare per avere una fiducia che a situazione attuale non appare possibile. Ma sarà comunque un passaggio utile per verificare il livello di responsabilità di quanti, eletti dal popolo, dovrebbero tenerne in primo piano gli interessi reali.

Il governo pur sfiduciato resterà comunque in carica per la gestione corrente. Toccherà quindi agli uomini e alle donne scelti fuori dalla politica di affrontare la scadenza elettorale, fuori da ogni precedente, che dovrebbe svolgersi il 22 luglio. Colpi di scena permettendo dato che i due protagonisti, Cinque Stelle e Lega, hanno fin qui dimostrato di passare con disinvoltura da un’ipotesi all’altra. Voto e governo per loro pari sono. Di Maio ha confermato che il suo cellulare è sempre acceso. Ma non per il Pd con cui ormai la rottura è confermata definitiva. Per ora. Intanto il Partito democratico ha fissato l’assemblea nazionale per il 19 maggio in cui Maurizio Martina potrebbe essere eletto segretario e Paolo Gentiloni essere indicato come leader in caso di elezioni in cambio di una risposta positiva alla richiesta renziana di una riconferma quasi totale delle liste presentate per il voto del 4 marzo. Anche questo per ora.