La sinistra in Sud Tirolo: con le donne
e per la costruzione d’una vera comunità

In questo libro l’autrice, Grazia Barbiero, parla poco di sé. Ma modestia e discrezione, nel suo racconto, sono un limite perché la sua biografia, pura e semplice, potrebbe essere invece essa stessa la materia viva, spessa, della storia che ci narra. Una storia che nei suoi “Scenari in movimento” è fatta di nomi di persone, di riunioni appassionate, di manifestazioni, di amicizie, di scontri dialettici, di costruzione di comunità e comunanze, di cultura e d’arte, di militanza laica, di puntigliosi (e sacrosanti) richiami alla inevitabile necessità della politica.

C’è un momento, nella storia personale di Grazia, che segnala la coincidenza tra la sua vicenda personale e la storia della terra in cui è vissuta e alla quale ha dedicato le sue passioni. È quando, alla fine dell’83, Enrico Berlinguer la propone alla guida della federazione autonoma del PCI di Bolzano. Una decisione coraggiosa, che certamente non passa senza contrasti e resistenze su cui l’autrice sorvola con un certo pudore. Una donna, e per di più una donna giovane, poco più che trentenne, a dirigere un’organizzazione di un partito in cui il peso degli apparatčiki è ancora possente? Non deve essere stata una mossa facile: di segretarie di federazione donne in Italia, allora, ce n’era solo un’altra, a Modena.

La militanza di Grazia

Dietro la scelta del leader comunista c’è la percezione di due aspetti fondamentali della militanza di Grazia. Il primo è che lei viene dalle battaglie per il riscatto e la liberazione delle donne. Non è certo un caso che il libro si apra con il racconto dell’incontro con due figure mitiche della generazione che seppe coniugare quelle battaglie all’impegno nel campo della lotta generale per l’emancipazione delle classi lavoratrici: Camilla Ravera e Adriana Seroni. Si sa quanto sia stato difficile nel Pci e nella sinistra in generale trovare un equilibrio nel quale le battaglie per l’emancipazione delle donne avessero pieno riconoscimento. Si pensi solo alle esitazioni ai tempi del referendum per il divorzio e poi, ancora, su quello per l’aborto. Ma il 1983 era stato un anno di svolta nella ricerca di un rapporto pieno tra le istanze del mondo femminile e la politica del PCI ed erano state proprio la sensibilità e l’iniziativa di Berlinguer a trainare il partito su quel terreno. Per volontà del segretario del partito era stato creato il gruppo interparlamentare delle donne elette nelle liste del Pci il cui compito era quello di dare autonomia e forza alla presenza, ancora relativa, delle donne nelle assemblee elettive.

Berlinguer alla Conferenza delle Donne

Nel capitolo dedicato a questo periodo, l’autrice ricorda le considerazioni, forti e anche critiche nei confronti dei compagni di partito, con cui il segretario affermava che “servono strumenti specifici a rompere resistenze e conservatorismo”, giacché visto che “la discriminazione di sesso attraversa tutta la società, certo non risparmia la politica”. Per questo – concludeva Berlinguer – c’è bisogno di una forzatura che acceleri il rinnovamento del partito e delle istituzioni nel senso voluto dalle donne”.

La “forzatura” di Berlinguer

Grazia Barbiero era dunque lo strumento di questa “forzatura”. Compito non facile, ma al quale la giovane consigliera comunale di Merano e poi consigliere della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione Trentino – Alto Adige, con il suo aspetto esile e i suoi modi da ragazza di buona famiglia, era capace di dedicarsi con una ferrea determinazione. Lo aveva dimostrato già nella sua personale emancipazione, con una figlia avuta a vent’anni e gli studi universitari lontano da casa, e poi nel Movimento delle donne che a Bolzano era particolarmente vivo intorno al circolo intitolato ad Aleksandra Kollontaj, alla sezione bolzanina dell’Aied e a quella dell’Udi. L’impegno femminista è un fil rouge che percorre tutta la storia politica e umana di Grazia, fino ai tempi più recenti che hanno confermato tristemente quanta strada sia ancora da percorrere anche nelle file della sinistra, come si è dimostrato anche nelle vicende di pochi mesi fa.

Il secondo aspetto che, forse in modo meno diretto, contribuì comunque a determinare la scelta per Grazia è legato al suo forte radicamento in quel particolare angolo d’Italia che è l’Alto Adige. Il Südtirol o il Sudtirolo, come forse sarebbe meglio dire finalmente in italiano, affrancandosi da un residuo linguistico di tempi assai sospetti (non solo quelli del fascismo, ma anche molti di quelli successivi). La complessità del rapporto che tutta la politica italiana, e in modo particolare, la sinistra (o le sinistre) ebbe con i problemi di una regione abitata da tre etnìe – oltre ai tedeschi e agli italiani anche i ladini – e con tre lingue ufficiali non è certo un tema con cui l’opinione pubblica italiana abbia consuetudine. Anzi, c’è da dire che “Scenari in movimento” ha anche questo pregio: può essere letto con profitto da chi voglia avvicinarsi a una questione, quella “altoatesina” che, se pure da molti anni non è più fonte di tensioni e di risentimenti sciovinistici, tuttavia presenta ancora aspetti irrisolti.

Il rapporto con Alexander Langer

Per dirla con una geniale formula inventata da Alexander Langer, il politico verde che, come vedremo, ha avuto un’importanza molto particolare nella formazione e nel mondo di riferimento ideale di Grazia Barbiero, i rapporti tra i due principali gruppi linguistici del Sud Tirolo sono stati storicamente caratterizzati da due preposizioni che in tedesco suonano “gegen” (contro) e “neben” (accanto); sarebbe arrivato il momento – sosteneva Langer – che si passasse al “mit” (insieme). Ebbene, che il “mit” diventasse un progetto politico è stato l’impegno della generazione di donne e uomini democratici e di sinistra di cui, come lo fu Langer, l’autrice di “Scenari in movimento” è una tenace, quasi caparbia, esponente. E merito di Grazia, oltre che di una generazione di dirigenti giovani, se il PCI prima e poi i partiti che ne sono derivati hanno sostenuto, non senza esitazioni e qualche contraddizione, questa linea. Anche qui va riconosciuto a Berlinguer il merito di aver saputo cogliere l’importanza dell’impostazione di Langer e di aver scelto un gruppo dirigente giovane e impegnato a battersi contro l’immobilismo delle barriere linguistiche.

Alexander Langer con Reinhold Messner

Qual è il problema? Nella provincia autonoma di Bolzano c’è una solida maggioranza di cittadini di lingua tedesca, una consistente minoranza di cittadini che parlano italiano (in buona parte immigrati da altre regioni negli anni del fascismo) e una piccola minoranza di parlanti il ladino. Dopo anni di tensioni e anche di terrorismo indipendentista, fra Italia e Austria nel 1972 si è giunti a un accordo, garantito anche dall’ONU, che stabilisce un equilibrio di convivenza. Senza entrare nei particolari, va detto che si tratta di un buon accordo internazionale, che viene considerato un ottimo esempio per altre regioni del mondo oggetto di contese o rivendicazioni autonomistiche. Ma la convivenza non è mai diventata integrazione, italiani e tedeschi hanno smesso negli anni di sentirsi “gegen” ma il loro essere “neben” non è mai diventato una comunità. Tedeschi e italiani hanno vissuto accanto ma non insieme e questo “non insieme” è diventato una politica, praticata soprattutto dal partito che da anni esercita l’egemonia nel campo di lingua tedesca, la Südtiroler Volkspartei (SVP), ma accettata dalla Democrazia cristiana e dai partiti di destra italiani. Negli anni ’70 e ’80 una buona parte delle sinistre, sia quella italiana che quella tedesca, ha cercato di opporsi a questo principio e alla pratica della convivenza tra separati, ma le sue battaglie sono state, in buona misura, sconfitte.

È stato respinto il tentativo, di cui proprio Grazia Barbiero fu protagonista con una proposta specifica, di adottare l’insegnamento precoce dell’altra lingua nelle scuole d’infanzia, così da creare persone naturalmente bilingui, è stata boicottata la prospettiva di creare un’università bilingue a Bolzano. Si è arrivati persino a proibire gli scambi tra i licei italiani e tedeschi erigendo dei muri per evitare contatti…È rimasta famosa l’affermazione di un assessore della giunta sudtirolese, Anton Zelger: “Quanto più ci separeremo, tanto più riusciremo a capirci”.

L’integrazione culturale

Il culmine di questa politica di separatezze arriva nel 1991, quando viene ripetuto il censimento etnico nominale che già era stato organizzato dieci anni prima. Il censimento serve a definire i criteri per le assunzioni nella pubblica amministrazione e le assegnazioni di alloggi, ma agli occhi di molti è una forzatura insopportabile, in quanto costringe le persone a chiudersi in una gabbia, in una definizione senza sfumature. Langer e i partiti di sinistra sono contrari, l’esponente dei Verdi rifiuta di dichiarare la propria appartenenza e per questo deve rinunciare alla candidatura a sindaco di Bolzano. Molti suoi seguaci fanno lo stesso e subiscono le conseguenze della disobbedienza civile. Negli anni ’90 a Berlino esisteva una piccola comunità di sudtirolesi che per aver rifiutato il censimento erano stati costretti ad emigrare.

Se la battaglia per creare nel Sudtirolo una vera comunità trilingue è fallita sul piano politico, anche se negli ultimi tempi l’integrazione ha comunque fatto molti progressi a dispetto della politica, sul piano culturale i risultati non sono mancati e il libro di Grazia Barbiero ne offre un panorama molto interessante, soprattutto per chi di quell’angolo di Italia ha una percezione vaga e magari solo turistica. Citiamo soltanto l’attività, a Bolzano, del Südtiroler Kulturzentrum, che per molti anni promosse una significativa esperienza di convivenza nella sede dell’ex Manifattura Tabacchi occupata, fino alla sciagurata decisione di cancellarne l’esperienza con le ruspe, promuovendo dibattiti, incontri, presentazioni di libri, mostre e di rappresentazioni teatrali, tra le quali una recitata in tedesco e in italiano ebbe un grande successo. Intono al SK si è riunita negli anni una comunità di artisti che fanno di Bolzano e del Sudtirolo uno dei centri più vivaci della produzione d’arte italiana.

Grazia Barbiero, “Scenari in movimento. Gli anni settanta e ottanta in Alto Adige/Südtitol. Edizioni Raetia. 277 pagine. Euro 19,90