La sfida dei giovani del Book Festival. L’eredità della Primavera di Catania
Una Fiera internazionale del libro organizzata da un gruppo di under 30 lì dove meno te l’aspetti. In una realtà come Catania che staziona da anni in fondo alle classifiche sulla qualità della vita e che vanta tra i suoi primati quello dei ragazzi che emigrano a migliaia per studiare o lavorare altrove. Una scommessa sul presente e sul futuro di questa terra quella della Fondazione Bellonci, che ha scelto di far partire dalla Sicilia lo Strega Tour 2023. Per spiegarsela bisogna soffermarsi sulla credibilità acquisita dal Catania Book Festival, giunto quest’anno alla sua quarta edizione e che ha rappresentato la Sicilia al Salone del libro di Torino, selezionato per il progetto Luci sui Festival, rassegna delle iniziative culturali più vivaci nate in giro per l’Italia.
Centosessanta eventi, nessun contributo pubblico
Dodicimila persone hanno raggiunto nei giorni scorsi il centro fieristico catanese delle Ciminiere per visitare gli stand delle case editrici, partecipare ai 160 eventi in programma, a convegni, laboratori e workshop. Momento clou, appunto, l’incontro con gli 11 candidati al premio Strega 2023 (Ballestra, Calandrone, Canobbio, Griffi, Latronico, Petri, Pustorino, Scego,Tarabbia, Vaglio Tanet, Verde). Conclusa l’edizione di quest’anno, il ventiseienne direttore della rassegna catanese, Simone dei Pieri, prepara già quella del 2024.“I risultati ci rincuorano – spiega – ma siamo decisi a fare sempre meglio perché c’è ancora molta strada da percorrere e sono sempre più numerose le sfide che ci attendono, dalla guerra al cambiamento climatico, da quella per i diritti civili e per i diritti umani alla libertà di parola e di stampa”.
Quattro anni fa Simone trascinò nell’avventura del Book Festival un gruppo di coetanei. “Eravamo i classici quattro amici al bar – ricorda – Da lettori appassionati decidemmo di colmare un vuoto: quello dell’assenza di un festival legato ai libri in una città come la nostra che vanta una solida tradizione culturale ”. L’ambizione? Dar vita a un appuntamento letterario capace di reggere il confronto con le più blasonate rassegne del libro di Milano, Roma e Torino. Nel 2019 la prima edizione inaugurata grazie alle “risorse personali” del direttore, poi la difficile navigazione nel biennio della pandemia e, infine, gli appuntamenti del 2022 e del 2023 segnati da un crescente successo di partecipazione e dagli introiti dei biglietti e delle sponsorizzazioni. Nessun contributo pubblico. Il Catania Book festival ha rifiutato il patrocinio del Comune di Catania già dal 2022. Da quando, cioè, presenti gli assessori della giunta di centrodestra (della quale faceva parte anche la Lega), la polizia municipale sloggiò d’imperio i senzatetto che cercavano riparo sotto i portici di Corso Sicilia, nel centro della città. “Un’azione inqualificabile che addossava ancora una volta le responsabilità sugli ultimi”, commenta Dei Pieri.
Campagna elettorale sottotono
I giovani organizzatori della fiera del Libro di Catania difendono con orgoglio la loro autonomia e puntano a mettere al riparo la rassegna ”da ingerenze o strumentalizzazioni politiche”. Domenica prossima i catanesi voteranno per eleggere il nuovo sindaco e rinnovare il Consiglio comunale dopo il periodo di commissariamento seguito al flop della giunta Pogliese. Per i promotori del Book non è stato facile dire no ai molti candidati che avrebbero voluto usufruire della vetrina delle Ciminiere, ma ci sono riusciti. La Fiera del libro catanese si è fatta strada in un contesto non certo favorevole. Intendiamoci, sotto l’Etna si registra da sempre una notevole vivacità artistica e culturale, corposo – tra l’altro – l’elenco degli autori giovani e meno giovani che si sono imposti a livello nazionale pubblicando con case editrici di tutto rispetto. Ma la città vive una crisi economica, sociale e politica senza precedenti. E c’è da riflettere mettendo a confronto i 12 mila visitatori che hanno affollato la tre giorni catanese dei libri con i numeri ben più modesti della partecipazione alle molteplici manifestazioni programmate dalle 19 liste in campo per le comunali. Una campagna elettorale con poco pathos in vista del 28 e 29 maggio. Riflette la disillusione di una città mal governata che pure, negli anni ’90, aveva acquisito visibilità e prestigio grazie alle “giunte della trasparenza” guidate da Enzo Bianco.
Simone Dei Pieri fa discendere dalla creatività di quella “Primavera di Catania” l’ispirazione che ha prodotto due decenni dopo la nascita del Book Festival. In realtà, oggi, mancano riferimenti istituzionali e politici in grado di convogliare, indirizzare, valorizzare le tante realtà che, nell’economia, nel volontariato, nella cultura, si ostinano a scommettere sulla città etnea. Manca una “visione” del futuro che vada oltre quel galleggiare sul pur positivo rilancio del turismo che produce soprattutto la moltiplicazione dei B&B, o dei ristoranti che invadono con i loro dehors strade e piazze del centro storico e che – contando sull’indulgenza elettoralistica di certa politica – rischiano di assurgere a monumenti celebrativi dell’era Covid che fu da tramandare ai posteri.
La prospettiva “Etna valley”
Dopo le vicende giudiziarie che sgretolarono gli imperi economici dei “Cavalieri del lavoro”, le amministrazioni di centrosinistra degli anni ’90 puntarono anche sulla prospettiva dell’Etna valley per rilanciare la suggestione della “Milano del Sud” attorno a un moderno sviluppo industriale collegato alla microelettronica. Oggi, dopo anni di annebbiamento, quella prospettiva torna a proporsi come concreta grazie a consistenti investimenti che produrranno migliaia di nuovi posti di lavoro e che faranno di Catania un polo di rilievo nazionale nel campo strategico dei semiconduttori e in quello dell’energia rinnovabile. Ma questo dato, che imporrebbe alla politica di riaprire il dibattito sul futuro di una città che ha smarrito da anni la propria identità, rimane pressoché assente dalla campagna elettorale. E sottotraccia rimane perfino la congiura anti meridionale dell’autonomia differenziata che provocherebbe il collasso di settori già compromessi, a cominciare dalla scuola e dalla sanità, e che chiama in causa le responsabilità dei referenti romani delle forze locali di centrodestra. Le stesse che i sondaggi per le comunali danno in vantaggio su un fronte progressista che ha avuto il merito di riunificarsi, anche se in zona Cesarini.
Proseguirà l’inverno politico che imperversa con poche interruzioni da oltre un ventennio e che ha prodotto a Catania caos amministrativo, decadimento dei servizi pubblici, abbandono delle periferie, sfilacciamento delle regole e della legalità denunciati pubblicamente anche dal nuovo Arcivescovo della città? Osservando i ventenni che sciamano tra gli stand del Book Festival, e che discutono di letteratura, ambiente, pace, sostenibilità o qualità della vita, prevale la speranza di una città “salvata dai ragazzini”. Da quelli che scelgono di rimanere – come “gli under 30 o quasi “ ideatori del Book festival – e da quelli che sono stati costretti a emigrare restii, il più delle volte, a tagliare definitivamente il cordone ombelicale che li lega a questa terra. “Abbiamo registrato con piacere che molti amici sono tornati in Sicilia da Roma o da altre realtà apposta per la fiera”, afferma Simone Dei Pieri. Importante che ritornino, ma ancora più importante che rimangano per gettare nello stagno del blocco di potere che presidia lo status quo la pietra di quella visione aperta, tollerante, moderna e solidale che meriterebbe una città bellissima quanto sfortunata.
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