La satira parla del potere, non al potere: è dovere di tutti difenderla
Sono proprio strani i portabandiera della nouvelle vague destrorsa. Reclamano contro il politicamente corretto che gli impedisce di dare del frocio a chi se lo merita e poi cercano affannati nel vocabolario i termini più pesanti per stigmatizzare e crocifiggere una vignetta satirica di Natangelo pubblicata dal Fatto Quotidiano. È satira, gente, non il Bagaglino. La satira non parla “al” potere, parla “del” potere, maneggia il paradosso, infastidisce per dovere d’istituto chi è abituato a esser trattato in guanti bianchi, con dispendio genuflesso e spesso giornalistico di saliva. Il piccolo caso che ne è sorto e le stizze conseguenti segnalano una piega preoccupante nel rapporto tra potere e pubblico sentire: chi il potere detiene (sia politico-economico che culturale) negli ultimi anni è stato abituato troppo bene.
Tempi duri per la satira

Si è innescata una pessima deriva che condanna a prescindere qualsiasi moto d’indignazione, nella fattispecie verso le uscite infelici del ministro Lollobrigida, cognatino della premier, ultima quella incauta sulla “sostituzione etnica”, teoria frutto dei peggiori umori razzisti e suprematisti. Aggiungiamo una sorta di autocensura dettata dalle “smisure” nel maneggiare la woke culture (si riscrivono grottescamente i libri di Roald Dahl) e mettiamoci pure la permalosità sociale diffusa e ben assistita da eserciti di avvocati. Sono tempi grami per l’esercizio della satira, arte povera che nasce dal fastidio per l’ipocrisia e le licenze dei potenti e avverte: “guardate che il re è nudo” (e pure i cortigiani, l’uomo della strada, i tic sociali, i luoghi comuni). La vignetta “scandalosa” la vedete qui, è un “oggetto” composto di disegno e battute nato in un preciso contesto. Che può andare a segno oppure no. Questo va a segno, a parer nostro, ma giudichino i lettori.
Giorgia Meloni si è imbufalita, “quella ritratta nella vignetta è Arianna. Una persona che non ricopre incarichi pubblici, colpevole su tutto di essere mia sorella”, una dichiarazione bizzarra e complottistica perfino comprensibile al cospetto di fendenti come “vignetta schifosa” (Crosetto), “offensivo e volgare” (Fitto), “una disgustosa, ripugnante aggressione” (Casellati), “fa schifo” (Santanché. Ma ricevere un severo appunto dalla signora Garnero in Santanché è sempre una medaglia). Altre condanne da Maria Elena Boschi, da Azione e Italia Viva e Pd sparsi, quanto basta ai quotidiani per sottolineare l’indignazione “bipartisan”, termine sedativo e lassativo che fa venire l’orticaria (e non solo). Il ministro Lollobrigida addirittura chiama in causa la prole: “Non è facile spiegare a due figlie adolescenti perché qualcuno mette la madre a letto con un immigrato per attaccare il padre” e Arianna si sente destabilizzata: “Lo sanno queste persone che dietro alle loro cattiverie esistono persone con i loro problemi, le loro angosce, i loro sentimenti, le loro paure?”.
L’arroganza della destra al governo
Frasi per cui si potrebbero maliziosamente sospettare – per assurdo, ripetiamo assurdo – deficit cognitivi e difficoltà a gestire le emozioni nelle figlie adolescenti del ministro. E un momento diciamo complicato da frequentazioni extraconiugali ed extracomunitarie nel matrimonio tra la signora Arianna e il ministro Francesco. Nulla che sia – è augurabile – anche solo marginalmente vicino al vero, nel qual caso si tratterebbe di un infortunio di cui chiedere scusa. C’è un riscontro nella realtà della vignetta incriminata? Dolersi con “quella ritratta nella vignetta è Arianna” è anche vagamente ridicolo, strumentale e sa di Golia che si dipinge vittima davanti a Davide. Il bersaglio era il coniuge ministro della Repubblica, non la sorella di Giorgia Meloni. E se non c’è riscontro si accetti la bordata satirica. Ma siamo diventati così fessi e lessi da pensare che quel disegno attenti realmente alla onorabilità della signora Lollobrigida? Che quel disegno sia una notizia? Ci sono (per gap culturale) o ci fanno?
La disabitudine del potere e dei potenti alla satira e alla critica deve preoccupare. Una vignetta come quella di Natangelo (si godrà una ventata di notorietà grazie agli stizziti) qualora fosse uscita su Charlie Hebdo non avrebbe suscitato mezzo vespaio. Invece oggi in Italia si sbraita ed è una brutta cosa sparare missili terra-terra a un uomo che impugna solo una matita. Su Cuore abbiamo riservato trattamenti feroci a Andreotti, Cossiga, Craxi senza suscitare manganellate, la prima pagina con titolo “Pensiero stupendo” e foto di Craxi dietro le sbarre e sotto la foto del figlio Bobo con la scritta “Pensierino stupendino” non era una carezza, si metteva in mezzo Bobo, era un paradosso satirico passò agli atti e stop.
La satira, al pari di ogni attività umana, ha comunque dei limiti che ogni autore dovrebbe conoscere, il più importante si chiama buon gusto. Ed è sottoposta a una legge ferrea: la vignetta satirica può anche non far ridere (quello è umorismo), ma deve toccare il giusto nervo dolente, se è moscia finisce nel cestino. La tavola di Natangelo non era moscia. Nel milieu governativo circola un’arroganza che pretende l’impunità verso le molte castronerie che, a vario titolo, gli esponenti della destra seminano sui taccuini della stampa. Fanno gli offesi quando vengono pizzicati, mentre in realtà gli va quasi sempre liscia. C’è ad esempio La Russa (di domenica mangia ancora e solo Pasta Balilla) che celebra il 25 Aprile così: “Nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo. Credo che ciò accadde sotto la spinta dei partiti moderati che non volevano fare questo regalo al Pci e all’Urss”. Voilà, buttiamo pure nel cassonetto dell’indifferenziata la XII disposizione transitoria della Carta Costituzionale che vieta l’organizzazione del disciolto Partito Nazionale Fascista. A questo punto il sagace La Russa potrebbe contestare: “Ma era una disposizione transitoria”. E certo che lo era, cicciolino, in attesa della legge Scelba, entrata in vigore nel ’52, che attuava la disposizione transitoria includendo il reato di apologia del fascismo. Ossignore, ma da dove arrivano questi? E il presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, che in un discorso agli studenti di un liceo a Ferrara ricorda Vittorio Bachelet, il vicepresidente del Csm ucciso dalle Brigate Rosse, chiamandolo “Bàkelet”?
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