La roulette del professore
e le case dei comunisti
In quegli anni lontani, ci insegnava filosofia al liceo un professore Olivi, uomo di molto sapere e di delicata sensibilità, specialmente caratterizzato da una pressoché assoluta inesperienza di vita e da una ingenuità e un candore indescrivibili. Una volta ci spiegava «il caso» e dopo averlo correttamente definito una specie di potere occulto al quale solitamente riferiamo avvenimenti la cui cagione ci sfugge, disse: «Facciamo un esempio. Io giuoco alla roulette e do un primo colpo: la pallina gira gira e si ferma al numero cento». (Moto di stupore nella scolaresca).vDo un secondo colpo e la pallina torna al numero cento. E poi ancora, sempre al numero cento, una terza e magari una quarta volta. Ecco il caso». A questo punto un certo Fogliani, nostro compagno di scuola, un tipo ordinariotto,figlio di ricchi agricoltori, si alzò e disse: « No, professore. Ecco il purgante».
Noi non conosciamo il democristiano prof. Franco Rizzo, poiché il Tempo di Roma, ieri, lo ha definito «una tra le “firme” di spicco del Popolo» siamo prontissimi a credere, addirittura con letizia, che egli sia persona di alta cultura e di singolare ingegno, ma non meno ingenuo, roulette a parte, del nostro caro professore Olivi, se è vero che ha pronunciato, tra gli altri, questi detti: «Io non vorrei che i democristiani si trasformassero in operai del partito comunista, tutti intenti a costruire la loro abitazione in cui star comodi e, soprattutto, senza far scelte per un lungo periodo». Ora, che i democristiani (parliamo naturalmente dei democristiani di vertice) abbiano bisogno di trasformarsi in operai del PCI per «costruire la loro abitazione in cui star comodi» è cosa che può dire soltanto uno sfacciato o uno stratosferico. Deve essere quest’ultimo (speriamo) il caso del prof. Rizzo, il quale dovrebbe sapere, se vivesse in questo mondo, che come non si deve parlare di corda in casa dell’impiccato di due cose non si deve parlare con i Democristiani: di banche e di case.
E’ dell’altro ieri lo scandalo Arcaini ed è di ieri lo scandalo Benedetto, banche, appunto, e case. C’entrano anche gli operai del PCI, come Lei
dice, professore: ma erano i muratori che hanno costruito le case nelle quali, una volta finite, stavano «comodi» i democristiani o i loro scagnozzi, che fa lo stesso. Questo è successo per trent’anni, illustre collega, e Lei adesso invoca un «lungo periodo». Un altro? Ma questi appartamenti ve li mangiate? No, professore: la roulette questa volta gira gira ma si ferma a un altro numero, regolare. Il caso, il vostro « caso», è finito per sempre.
(da L’Unità del 9 ottobre 1977)
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