Costretti all’obbligo vaccinale. Ma l’emergenza resta
Nella conferenza stampa di lunedì sera Mario Draghi difende le misure prese dal governo nei giorni scorsi, in particolare l’obbligo vaccinale per le persone con più di 50anni che decorrerà dal 1 febbraio e la scuola in presenza. L’obbligo, dice “lo abbiamo fatto sulla base dei dati, essenzialmente, che ci dicono che chi ha più di 50 anni corre maggiori rischi, le terapie intensive sono occupate per i due terzi dai non vaccinati”.
Scuola, gli effetti della Dad: più disuguaglianza
Per quanto riguarda la scuola: “Basta vedere gli effetti della disuguaglianza tra studenti creata dalla Dad lo scorso anno per convincersi che questo sistema scolastico provoca differenze destinate a restare. Probabilmente ci sarà un aumento delle classi nella didattica a distanza, ma quello che va respinto è il ricorso generalizzato”. Inoltre, “ci sono anche motivazioni di ordine pratico: ai ragazzi si chiede di stare a casa, poi fanno sport tutto il pomeriggio e vanno in pizzeria? Non ha senso chiudere la scuola prima di tutto il resto, ma se chiudiamo tutto torniamo all’anno scorso e non ci sono i motivi per farlo”.
Di obbligo vaccinale per fasce d’età si sta discutendo da un po’ di tempo in diversi paesi europei, ma l’Italia per prima ha preso la decisione. E’ una decisione difficile perché si tratta di obbligare a un trattamento sanitario.
Le polemiche nei giorni scorsi riguardavano anche l’entità delle sanzioni ritenute troppo esigue. Parliamo di una multa di 100 euro “una tantum” per chi non si vaccina, e, dal 15 febbraio, da 600 a 1500 euro per i lavoratori sopra i 50 anni che si presentino al lavoro senza green pass rafforzato. Ma qualcuno ha messe anche in discussione la possibilità pratica di mettere in atto la misura.
L’obbligo vaccinale
Non c’è dubbio che l’obbligo segni una sconfitta: il patto tra governo e cittadini non ha funzionato. Ma si è provato davvero a stipularlo? Una politicizzazione del tema e una radicalizzazione delle posizioni hanno probabilmente minato le possibilità di coinvolgimento e di convincimento.
Rimane il fatto che non sappiamo cosa ci aspetta nei prossimi mesi. Un articolo firmato da un epidemiologo americano sul New York Times ci fa capire a cosa ci troviamo di fronte.
Abbiamo il numero più alto di casi da quando è iniziata la pandemia, ma una piccola frazione di essi richiede l’ospedalizzazione. Proprio dal numero dei casi e da quanto sono gravi dipende la difficoltà in cui si possono trovare gli ospedali. Se rispetto a gennaio 2021, ad esempio, si infettano il doppio delle persone, ma il rischio di ospedalizzazione si riduce del 50%, la richiesta di posti letto rimarrà la stessa. Lo stesso calcolo si applica alla mortalità e ai problemi legati alle assenze dal lavoro.
L’ultima variante, la più trasmissibile
In Italia secondo i dati Agenas aggiornati al 9 gennaio sono occupati da pazienti Covid il 17% dei posti letto in terapia intensiva e il 24% di posti letto non in terapia intensiva. Ancora non si raggiunge la soglia critica (rispettivamente del 30% e del 40%) e tuttavia il trend è in crescita. Non poteva che essere così visto che in meno di un mese siamo passati da 276 casi per 100.000 abitanti a oltre 1.800.
Quello che sta emergendo con chiarezza anche dagli studi più recenti è che la variante Omicron è più trasmissibile delle altre varianti e inoltre ha una maggiore capacità di sfuggire agli anticorpi prodotti da vaccinazione o da precedente infezione. Ma sembra anche causare una malattia meno grave nell’uomo, con una riduzione del rischio di ricovero ospedaliero stimata tra il 67 e l’80%.
Perché è meno “cattiva”? Sembra che questa variante abbia una minore capacità di infettare le cellule e formare sincizi, ovvero la fusione di più cellule fra loro, nel tessuto polmonare profondo, quindi c’è un rischio minore di sviluppare una polmonite grave. Mentre è più abile nell’infettare le cellule delle vie aree superiori.
L’evoluzione di Omicron, tre scenari
Come può evolvere il virus? Recentemente sono stati proposti tre scenari:
- Nel primo, il migliore, Omicron si diffonde ma, sviluppando la sua abilità di colpire le vie aeree alte, diventerebbe una infezione del tipo di quella del raffreddore, in questo caso avremmo un’ondata con numero molto alto di contagi, ma piuttosto rapida nel tempo e con bassa letalità.
- Nel secondo scenario, Omicron, nonostante la ridotta letalità, causa comunque una mortalità assoluta importante soprattutto nelle persone non vaccinate o anziani o con comorbidità semplicemente perché colpendo un numero molto alto di persone, il numero assoluto di morti e di ricoverati diventa alto.
- Il terzo scenario, il peggiore, è che Omicron torni ad essere capace di infettare il polmone senza perdere la sua elevata trasmissibilità. E’ uno scenario piuttosto improbabile, ma che non può essere escluso. Bisogna aspettare ed essere preparati.
Sanità e scuola, ancora in emergenza
Certo, il governo si trova ad affrontare una materia scivolosa e un problema che sfugge da tutte le parti. Se qualcosa però si può criticare è che, secondo il solito copione italiano, sembra procedere in emergenza.
Prendiamo la scuola e la sanità, due punti cruciali anche per la risoluzione della pandemia. In questi due anni non sembra siano state prese misure al di là dell’emergenza. Per due realtà che partono da una situazione drammatica dovuta ad anni di tagli di bilancio, probabilmente neanche i fondi del PNNR potranno dare risultati brillanti.
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