Manifestazione del PD
contro il governo
andarci sì o no?

Domenica prossima 30 settembre l’opposizione torna in piazza. La manifestazione, nella piazza del Popolo di Roma, è stata indetta dal Pd contro il governo grillo-leghista e contro i suoi atti indecenti: dall’ultimo decreto Salvini sulla sicurezza, tutto rivolto a  ridurre i diritti dei migranti e (di fatto) a colpire la Costituzione, alla vergognosa vicenda degli interventi per Genova, tuttora nulli a un mese e mezzo dal crollo del ponte Morandi; dagli attacchi alla magistratura e alla libera informazione agli allarmanti balletti sui conti pubblici che – come ha detto con insolita schiettezza il governatore della Bce Mario Draghi – mettono a rischio i risparmi delle famiglie e le prospettive delle imprese. La manifestazione – come detto – è stata promossa dal Partito Democratico. In solitudine, accusano molti critici di quella piazza, che avrebbero preferito un maggior coinvolgimento delle forze sociali e politiche che si oppongono al governo Salvini-Di Maio.  E’ giusto, anzi doveroso, accettare la sfida o si rischia di accentuare ulteriormente la frammentazione del centrosinistra? Strisciarossa apre il dibattito con due interventi di Graziella Priulla e Ella Baffoni.

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QUANTI ERRORI IN QUESTI ANNI

MA E’ UN DOVERE ESSERCI

La mia traiettoria politica è stata simile a quella di tanti, di tante italiane.

La mia ultima tessera di partito è quella del PCI. Dopo ho vissuto – come tanti e come tante – infinite delusioni, amarezze, arrabbiature per le svolte, i metodi, le pratiche, le ambiguità, le alleanze, i personaggi.Con l’ottimismo della volontàho sostenuto i simboli che di volta in volta si affacciavano a sinistra, per quanto minuscole, rissose, velleitarie fossero le forze che rappresentavano. Ho rifiutato sempre, in nome dei miei ideali e di un sorta di orgogliosa purezza, la logica del voto utile.

Al Pd in un solo caso: il ballottaggio alle amministrative di Roma, nel tentativo ormai disperato di evitare la sciagura Raggi che si sarebbe abbattuta sulla città.

Lo rifarei? Sì, a maggior ragione dopo l’esperienza degradante di questi anni.

Lo stesso desolato, laico realismo mi spinge oggi a decidere di scendere in piazza il 30 settembre, senza identificarmi nelle bandiere che lì sventoleranno, e continuando – poiché non mi pare incompatibile – a vivere dentro i movimenti, in primo luogo quello delle donne, checoraggiosamente cercano di tener viva la rete del lavoro politico sui territori, di coltivare la speranza, di esprimere il dissenso, di costruire un’alternativa alle destre xenofobe e oscurantiste che il voto del 4 marzo ha mandato al governo.

So che se questa alternativa vorrà essere efficace avrà bisogno di tempi lunghi e di linguaggi nuovi, ancora da scoprire. Non mi aspetto molto da un congresso, da una leadership, ma da una somma di azioni positive che sappiano collegarsi tra loro e portare nella vita pubblica tutto il loro peso.

Recuperare i disastri culturali e politici di decenni comporterà una strada in salita, anche se saremo bravi, se sapremo parlare alle persone; anche se spenderemo tutte le nostre energie, se saremo capaci di superare le divisioni e i distinguo da cui è stata afflitta tutta la nostra storia. Nel frattempoperò si potranno compiere scempi immani, che rabbrividisco ad immaginare.

La nostra epoca è veloce, nei prossimi mesi si costruirà il futuro. Se le bandiere nere dei sovranismi sventoleranno sull’Europa, il loro buio ci inghiottirà. E’ paura? Sì. Ma è paura legittima.

In una democrazia rappresentativa i partiti sono importanti, necessari: chi si presenta come antipartito apre la strada al comando di un uomo solo. Il monito di Gramsci è attuale più che mai.

Ritengo indispensabile che non sparisca l’opposizione parlamentare, perché so come finiscono le aule sorde e grigie.Il Pd non fa una vera opposizione? Forse. Ma la farà sempre meno, tanto più sarà debole e invisibile.

Molti compagni mi dicono che affidargli la guida dell’opposizione è un regalo alla Lega, poiché nella comoda narrazione diffusa quel partito è responsabile di tutti i guai del Paese. Non sono d’accordo, non solo perché non ho intenzione di accedere a una ricostruzione mistificante, ma perché il vero regalo sarebbe una piazza semivuota, a dimostrazione di impotenza e di minoritarismo non solo del Pd ma di tutta la sinistra, cui l’immaginario comune lo assimila.

I demagoghi non si identificano con una maggioranza relativa di voti e con un governo pro tempore, ma pretendono di rappresentare il tutto. Serve rispondere ai populisti che anche noi siamo popolo. Serve, e serve subito, una dimostrazione plastica che ne smentisca l’arroganza. Spero che ce ne saranno tante altre, ma intanto questa c’è.

Se mia figlia un giorno mi domanderà – come feci io con i miei genitori – “e tu dov’eri?”, potrò rispondere che ero dovunque si tentasse di reagire alla barbarie.

Graziella Priulla

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NO, E’ UNA PARTITA TUTTA INTERNA

AI GRUPPI DIRIGENTI DEL PD

Io credo in un paese diverso. Di più: io lavoro per un paese diverso. Ma non risponderò alla chiamata in piazza del Pd, domenica prossima.

Certo, ci saranno tanti amici, tanti compagni, brave persone stufe di piangersi addosso, di autocriticarsi e di mangiare pop corn. “Per l’Italia che non ha paura” è lo slogan della manifestazione, che ha l’obiettivo di ricostruire “un progetto ampio, aperto a tutti i cittadini, le organizzazioni, le realtà sociali che credono nei valori dell’uguaglianza, della solidarietà, della multiculturalità, della scienza e di una crescita più giusta. Un progetto capace di animare le intelligenze, i sogni, le passioni, la fiducia nel futuro soprattutto dei giovani, delle ragazze e dei ragazzi che devono essere i protagonisti dei prossimi anni”. Come non condividere?

Ma in quella piazza non vado. Conosco realtà che da tempo non si piangono addosso. Che da anni manifestano contro il razzismo della Lega e di Casa Pound e di fascisti vari. Che costruiscono faticosamente solidarietà nei quartieri difficili e periferici. Le conosco e condivido il loro percorso. Durante il quale mai il Pd ci ha affiancato, neanche tangenzialmente.

Anzi. In periferia le sezioni (pardon, i circoli) sono abbandonati, aprono, e sporadicamente, solo per le campagne elettorali. Mai partecipano a iniziative, manifestazioni, incontri allargati. E ci si meraviglia che poi la gente, lasciata sola con mille problemi, abbia paura e ingurgiti le campagne securitarie di quelle destre furbacchione?

Lasciamo perdere l’ultima campagna elettorale per carità di patria. Che opposizione è stata fatta dopo, in questi mesi, a questo pernicioso governo?

Poi. Se ci andassi mi toccherebbe l’imbarazzo, magari, di trovarmi vicino a Minniti. Che è troppo intelligente per non sapere che le sue azioni da Ministro hanno aperto un’autostrada al nuovo ministro dell’Interno, che nonostante promesse e proclami è certo molto meno bravo di lui, ma a dargli tempo magari studia e si rimette in pari. Gli accordi con i libici – basta vedere un film asciutto e niente affatto emotivo come “L’ordine delle cose” di Andrea Segre – hanno prodotto sofferenze di incolpevoli e morti annegati, quella è una ferita che ancora sanguina per chi sia anche solo blandamente democratico. Non è responsabilità solo di Minniti, lo so, ma lui ci ha messo la faccia, insieme al suo governo.

Infine: è condivisibile l’obiettivo di chi vuole costruire un campo progressista largo. Ma, appunto, bisogna costruirlo. Proprio perché il Pd avrebbe qualcosa da farsi perdonare in merito, invece di fare una iniziativa di piazza per contarsi, non avrebbe dovuto interpellare e lavorare con le associazioni antirazziste e la famosa società civile che si sporca le mani e la faccia, invece di inventare da solo un appuntamento preventivo? Spero che la manifestazione riesca, e che ci vadano in tanti, sarebbe forse il segno che ancora c’è vita nel popolo del Pd e che la parola uguaglianza ha ancora un valore in quel campo.

Ma il sospetto che si tratti, invece, di una iniziativa che guarda al proprio interno, una conta per chiedere con forza un congresso e un rinnovamento di leadership, forse è giustificato. E a me – che a lungo ho votato Pci e poi Pds e Ds e Pd, a me che al campo progressista tengo, e che sia il più largo e forte e saggio possibile – questo piccolo cabotaggio sembra del tutto irrilevante, non interessa più. Da un pezzo.

Ella Baffoni